Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado sul processo Montante.


Il problema è la piega che presero le interlocuzioni con gli uffici di polizia.

La stabilità e la sistematicità dei rapporti che egli coltivò con De Angelis e la solerzia con la quale ogni volta che riceveva un input provvedeva ad acquisire dati dallo SDI, rivela che, al mansionario noto del neo dipendente di "Aedificatio", si aggiunse un ordine di servizio occulto che prevedeva la ricerca di un canale stabile idoneo a consentirgli al bisogno di attingere informazioni riservate, che né Confindustria come organizzazione né Montante, come singolo o nella qualità, potevano attingere.

Il canale lo garantì da subito De Angelis, le cui giustificazioni, ad onta del numero estenuante di volte in cui ha ripetuto che non sapeva cosa faceva di quelle notizie Di Simone, non riesce a fare i conti con la logica e il buon senso Montante era già da tempo notissimo tra le forze di polizia per la sua proposta di politica confindustriale che le coinvolgeva, era già abbastanza noto tra l'opinione pubblica siciliana, era pure noto il ruolo di Di Simone in Confindustria specie a De Angelis che lo frequentava con assiduità per amicizia e colleganza e che non poteva essere all'oscuro del rapporto privilegiato del suo amico ex poliziotto con l'allora potente vicepresidente di Confindustria.

La condotta di De Angelis si inquadra, quindi, nell'ipotesi cristallizzata dalla giurisprudenza di legittimità, nella quale "la esplicita manifestazione di una volontà associativa non è necessaria per la costituzione del sodalizio, potendo la consapevolezza dell'associato essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione" (Cass. n. 28868 del 2.7.2020).

Egli si mise stabilmente a disposizione dell'amico sapendo che operava per un gruppo di cui facevano parte almeno lui e Montante; e che questo gruppo si era costituito con un programma indefinito di illeciti da commettere, lo sapeva proprio per il tipo di richieste che gli venivano rivolte e che comportavano, appunto, la commissione di reati.

Che la sua disponibilità sia stata stabile e continuativa si deduce dal fatto che, a seguito del suo trasferimento, aveva mantenuto il ruolo di interlocutore privilegiato e riservato di Di Simone per accedere alle banche dati, avvalendosi della collaborazione stabile od occasionale di altri suoi colleghi rimasti a Palermo e legittimati ad accedere ad una postazione. E così si può individuare con certezza il primo nucleo del gruppo associativo che si struttura e condivide la finalità di commettere una pluralità di reati. Non appare credibile che Montante, che aveva conservato diversi documenti estratti dallo SDI, non si rendesse conto della provenienza di essi, nonostante la sua maturata esperienza nell'approfondimento delle dinamiche investigative, visto che per anni si era confrontato con esponenti ad ogni livello.

E non avrebbe potuto risultargli del tutto indifferente e incomprensibile, come egli assume, il fatto che nel rigo a piè di pagina veniva sempre riportata la scritta https://applp. cedinterforze.interno.it/sisute/perFisicaPrep.do?regCod o altra differente . . solo per le indicazioni contenute dopo gli "slash" di directory. Suggello inequivoco della provenienza dell'informazione e della sua natura riservata. La natura stessa delle informazioni che ricercava e che conservava, implicava che esse non potevano essere scambiate per notizie reperibili da fonti aperte (denunce, arresti, soggiorni, permessi di detenuti); e ciò si dica, solo se non si vuole anche sottolineare che in molti di questi documenti è indicato l'ufficio segnalante e vi si trovano le DIGOS, i Nuclei di polizia tributaria, le divisioni anticrimine, talvolta anche gli uffici di frontiera.

Non si renderebbe giustizia all'indubbio acume e alle competenze affinate da Montante in anni di confronto con i più alti livelli apicali delle autorità con competenze investigative, se si volesse davvero credere che egli non si rendeva conto della provenienza delle informazioni che richiedeva a Di Simone sia per la loro natura sia per come documentalmente si presentavano.

Non è credibile che Montante non sapesse distinguere, tra i dati che gli venivano forniti, quelli provenienti da archivi riservati, preclusi a chi non fa parte delle forze dell'ordine (e anche a chi fa parte delle forze dell'ordine accessibili secondo specifiche e rigide regole interne).

© Riproduzione riservata