Le pressioni dell’opinione pubblica sono ormai troppo forti, tra le polemiche sui ritardi di Pfizer con i vaccini e gli europarlamentari infuriati per la mancanza di trasparenza sui contratti stipulati dalla Commissione con Big Pharma. Così Bruxelles lancia qualche briciola di informazione. La commissaria alla Salute ha annunciato che Pfizer ha «dato l’ok» per rendere pubblico il contratto, salvo fare poi un mezzo passo indietro: «Speriamo, che arrivi l’ok». Il premio di consolazione è intanto la pubblicazione del contratto con l’azienda CureVac, che ha dato disponibilità a desegretarlo e il cui vaccino a mRna attende l’approvazione dell’Ema. Prima è stato reso visibile agli europarlamentari, ora è libero per tutti, sempre decurtato di molte parti salienti.

A noi costi e rischi

Sia Bruxelles che gli stati membri finanziano gli investimenti di Big Pharma per sviluppo, produzione, vendita e fornitura anticipate del vaccino. Quanto non è dato sapere: questo tipo di informazioni, così come il prezzo del vaccino CureVac, è occultato (ma il governo belga ha spifferato che sono dieci euro a dose). Oltre ai soldi spesi per arrivare ad avere un vaccino, noi europei ci assumiamo pure i rischi: casomai il farmaco sia giudicato da Ema inefficace o con effetti collaterali, gli stati si faranno carico dei rischi finanziari.

I governi sono responsabili pure in fase di somministrazione. Cosa succede se una volta iniettato viene fuori qualche problema, qualche effetto collaterale non noto né previsto prima? Chi ne è responsabile? «Il contratto conferma i peggiori timori» dice l’europarlamentare belga Marc Botenga: «In caso di difetti nascosti, il rischio finanziario ricade sugli stati, perdipiù la responsabilità civile e legale rimane all’azienda ma spetta allo stato indennizzarla». Quando è l’azienda a pagare, siamo pur sempre noi a rimborsare. «C’è un paragrafo che enuclea le eccezioni, peccato che sia segretato». 

A loro il brevetto

Su una cosa il contratto è chiaro: per quanto a pagare sia il pubblico, la proprietà è privata. «L’azienda è la sola proprietaria dei diritti intellettuali generati in fase di sviluppo, produzione e fornitura del prodotto» che pure siamo noi a finanziare. Sappiamo ora per certo che Ursula von der Leyen ha tradito la promessa fatta ad aprile, di un vaccino bene comune: perlomeno in questo contratto, il brevetto è blindato.

C’è poi un corollario: serve pure l’ok dell’azienda, casomai i governi decidessero di donare i vaccini acquistati (con CureVac, 225 milioni di dosi più altre 180 addizionali) alle ong, all’Oms o ai paesi fuori da Ue, spazio economico europeo e Svizzera.

In caso di ritardi

Il caso dell’annuncio di ritardi di Pfizer fa nascere una domanda: il commissario Domenico Arcuri ha minacciato azioni legali, ma cosa dicono i contratti sui ritardi? Perlomeno per CureVac, se ci sono ritardi rispetto allo schema di consegne concordato, la Commissione dev’essere informata in tempi congrui e il ritardo va motivato. Cosa che Pfizer (48 ore di preavviso) non pare aver fatto. Oltre al contratto-quadro stipulato dall’Ue, per concordare un numero di dosi complessive da distribuire poi ai vari stati sulla base del numero di abitanti, ci sono poi i moduli che i singoli governi compilano per dettagliare la consegna nel loro paese. 

Fiale o dosi?

L’8 gennaio Ema ha aggiornato un dato: in caso di Pfizer, una fiala “rende” per sei dosi efficaci, non per 5 come previsto prima. Con la possibilità di estrapolare più dosi da una fiala, Pfizer sta ora giustificando il rallentamento di alcune consegne, in Belgio per esempio: le fiale sono in meno, ma non le dosi, è la tesi. Ma l’Ue ha concordato un quantitativo di dosi o fiale? Nel caso di CureVac, ha concordato dosi, ma per come sono state definite nella fase di trial. Ciò fa pensare che anche con Pfizer l’Ue avrebbe buon gioco di difendere gli accordi presi senza diminuzione di fiale. Più trasparenza chiarirà tutti i dubbi.

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