L’avvocato Piero Amara e la sua ombra Filippo Paradiso avevano costruito negli ultimi otto anni una fitta rete di relazioni con la politica e uomini delle istituzioni. Nelle carte dell’inchiesta coordinata dalla procura di Potenza affiorano contatti finora inediti e altri già rivelati durante gli interrogatori con altri magistrati da Amara, che in queste ultime settimane è stato protagonista della cronaca giudiziaria per le dichiarazioni contenute nei verbali sulla fantomatica “loggia Ungheria”, di cui farebbero parte magistrati, politici, generali delle forze armate. La loggia Ungheria avrebbe deciso nomine nei consigli di amministrazione e condizionato alcuni uffici giudiziari del paese. Le accuse di Amara sulla presunta associazione segreta di cui lui avrebbe fatto parte non sono ancora state riscontrate, si indaga a Milano e a Perugia sui verbali che hanno terremotato il consiglio superiore della magistratura già colpito duramente dal caso Palamara. Alcuni di quei nomi però ritornano anche in questo nuova costola giudiziaria, seppure negli atti dell’inchiesta di Perugia non sia mai citata la fantomatica associazione segreta.

Da Lotti al padre di Renzi

In questo mosaico di rapporti istituzionali si collocano i contatti, avuti o cercati, con alcuni dei più fedeli uomini di Matteo Renzi: da Luca Lotti, ministro nel governo dell’ex sindaco di Firenze, a Andrea Bacci, imprenditore e socio di Tiziano Renzi, padre dell’ex presidente del consiglio che avrebbe pure lui conosciuto Amara e Paradiso. Nessuno di loro è indagato.

Lotti per esempio, raccontano alcuni testimoni sentiti nell’inchiesta, avrebbe ricevuto le richieste di Amara una sera a cena. L’obiettivo era sempre lo stesso, sponsorizzare la nomina del magistrato Carlo Maria Capistro, poi inviato dal Csm a capo della procura di Taranto. A organizzare l’incontro, rapido, in una trattoria romana non fu, secondo Paradiso, Amara, ma Bacci. L’imprenditore vicino alla famiglia Renzi ha conosciuto Amara tramite Paradiso, racconta ai magistrati lo stesso Bacci, che spiega di aver avuto un assidua frequentazione con l’ex legale di Eni fino alla caduta del governo Renzi. Bacci conferma ai magistrati che «effettivamente Amara gli aveva parlato della nomina di Capristo... chiedendogli di sponsorizzare il suo nome con Luca Lotti».

Capistro all’epoca aveva fatto domanda sia per la procura di Firenze che per quella di Taranto. L’imprenditore racconta ai magistrati che si sarebbe limitato a chiedere a Lotti se i giochi fossero già chiusi per la procura di Firenze, senza però andare oltre dopo che l’ex ministro gli aveva risposto «non lo so». Bacci ha riferito anche di un incontro quasi casuale tra Capistro e Lotti durante una cena, i due scambiarono giusto due battute e nulla di più, la versione dell’imprenditore ai pm.

C’è poi il capitolo Tiziano Renzi, presentato da Bacci a Paradiso. «L’ho visto al massimo due volte», ha detto Paradiso, che ha aggiunto: «Una volta mi trovavo con Bacci e Amara a prendere un caffè è arrivato Tiziano Renzi e l’ho presentato ad Amara. Ho presentato io Bacci ad Amara, credo fosse il 2014, c’erano state da poco le europee vinte da Renzi con il 40 per cento».

Da Ferri a Verdini

Per sostenere la nomina di Capistro, Amara e Paradiso sarebbero intervenuti anche su Cosimo Ferri, deputato di Italia Viva, sotto procedimento disciplinare dopo il caso Palamara e leader della corrente Magistratura Indipendente. Giuseppe Calafiore, coinvolto con Amara in altre inchieste, sostiene che il «gancio» con Ferri sarebbe stato Denis Verdini. I riferimenti di Amara nel Csm erano, dice Calafiore, «Palamara, Ferri». E aggiunge: «Con Ferri ci parlava direttamente, Ferri andava nell’anticamera di Verdini, lo incontra là».

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