Sono centinaia le pagine di intercettazioni, trascritte e depositate nell’inchiesta sulle Ong della procura di Trapani, che riguardano i giornalisti. Nomi di fonti, contatti, rapporti personali, dati che il codice di procedura penale tutela come segreto professionale. Nelle carte dell’indagine contro la Jugend Rettet, Save The Children e Medici senza frontiere non c’è solo la caccia alle Ong. A finire nel mirino della polizia giudiziaria - lo SCO, la squadra mobile di Trapani e il comando generale della Guardia costiera - è anche l’informazione che dal 2016 racconta lo scenario delle morti per affollamento nel Mediterraneo centrale.

Il caso più eclatante riguarda Nancy Porsia, giornalista esperta di Libia. In una informativa del 24 luglio 2017, gli investigatori la definiscono «specializzata sulla migrazione» evidenziando che ha collaborato con molte testate italiane e straniere, tra le quali «Rai, Skytg24, La Repubblica, Arte, Ard, The Guardian». È stata intercettata a lungo, almeno per un mese e mezzo, anche durante le telefonate con il proprio legale Alessandra Ballerini nelle quali riferiva la preoccupazione per le minacce ricevute dalle milizie libiche guidate da al-Bija. Alla sua attività di reporter è stato riservato un lungo dossier. Nel documento di 22 pagine - firmato SCO, squadra mobile e comando generale della Guardia costiera - ci sono fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti in un’area considerata tra le più pericolose dell’africa del nord.

Nell’informativa i funzionari di polizia riportano i contatti di Porsia con altri giornalisti internazionali, i suoi movimenti e anche alcuni dati personali. L’intercettazione è stata richiesta ed autorizzata con la funzione di “positioning”, ovvero con il tracciamento degli spostamenti dell’utente. In altre parole la giornalista è stata di fatto seguita telematicamente per lungo tempo. Sono state poi trascritte anche le telefonate di Porsia con altri giornalisti italiani, dove si parla della situazione libica e di come muoversi in quel contesto. Tutti dati assolutamente irrilevanti per le indagini in corso. Nancy Porsia non risulta mai indagata. Nella telefonata con il legale - che la legge vieta di trascrivere e divulgare, a tutela dei diritti della difesa - viene dichiarato apertamente il rapporto fiduciario. Nella sintesi della telefonata vengono anche riportati spostamenti al Cairo dell’avvocato Ballerini, attiva anche sul caso di Giulio Regeni.

Nancy Porsia - mentre era intercettata - è stata ascoltata a sommarie informazioni dagli investigatori. L’obiettivo era quello di raccogliere informazioni sulla Ong Jugend Rettet. Lei, nelle risposte, spiega di non avere informazioni particolari sull’organizzazione di Berlino e racconta la situazione dei migranti a Tripoli. Riferisce anche di aver partecipato alla missione marittima di Medici senza Frontiere, specificando che la nave era sempre rimasta a ridosso delle 24 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali. Porsia nel corso dell’interrogatorio ha spiegato agli investigatori di essere stata minacciata di morte da reti di smugglers per le sue inchieste. Ma su questo punto la polizia non approfondisce il tema nel corso dell’interrogatorio. Porsia al momento delle intercettazioni non era indagata. L’ascolto delle telefonate di testimoni è consentito, ma solo in casi eccezionali e per un tempo limitato.

Molti altri giornalisti sono stati intercettati indirettamente, mentre parlavano con rappresentanti delle Ong. Si trattava di un normale rapporto - spesso fiduciario - dei giornalisti che seguivano i flussi migratori provenienti dalla Libia con le proprie fonti. In molti casi nel corso delle telefonate viene fatto riferimento a testimoni o circostanze sensibili. L’inviato di Avvenire Nello Scavo, ad esempio, viene intercettato mentre parla con una sua fonte sulle modalità per ricevere un video che dimostra le violenze subite dai migranti in Libia. Nelle carte sono riportati anche i contenuti delle conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, dove si fa riferimento ai viaggi in Libia. Era il 2017, l’anno più difficile e complesso nel paese del nord Africa e i pochi reporter che si recavano a Tripoli correvano alti rischi.

È stato intercettato anche il cronista di Radio Radicale Sergio Scandurra, mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie, impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti. Negli atti sono poi finite diverse telefonate del giornalista del Fatto quotidiano Antonio Massari che raccontò nell’agosto del 2018 i rapporti tra gli operatori della Imi e Matteo Salvini. Anche in questo caso il cronista stava parlando con alcune fonti. Intercettati, infine, anche Fausto Biloslavo, del Giornale, e Claudia Di Pasquale, di Report. La giornalista della Rai è stata ascoltata mentre parlava con Nancy Porsia.

L’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, responsabile del Viminale all’epoca delle indagini e delle intercettazioni, interpellato da Domani, non ha voluto commentare.

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