Massimo Carminati è tornato. Gira con una Smart, la benda sull’occhio a ricordare lo scontro a fuoco degli anni Ottanta con la polizia, e incontra persone, parla d’affari, scrive pizzini. Scorrazza nel triangolo a lui più congeniale, tra ponte Milvio e Prati, in quella Roma nord dove vive e tesse la sua rete.

La capitale è il suo regno. Dieci anni fa era stato arrestato con l’accusa di essere a capo di una mafia autoctona ma poi, caduta l’aggravante dell’associazione mafiosa, ha scontato la sua pena perché considerato, con Salvatore Buzzi, dominus di un sistema affaristico e corruttivo che aveva messo le mani sul Campidoglio.

Domani si era già occupato di lui di recente per rivelare un incontro inedito alla presenza di Fabio Pileri, socio di Tommaso Verdini, avvenuto nel 2021. Una chiacchierata a cui aveva partecipato anche Andrea Carminati, figlio del “cecato”, socio per alcuni mesi di Pileri nella società Pica.

Ma nuovi testimoni raccontano di averlo più volte incrociato in un bar al centro di Roma diventato buon ritrovo di affaristi, dirigenti pubblici e anche boss di nome e di fama, proprio come Carminati. Il locale si trova a due minuti a piedi dal “palazzaccio”, sede della corte di Cassazione, e ogni tanto vi fanno capolino anche avvocati e magistrati.

I tavolini di quel bar raccontano un testacoda tra passato e presente della storia della città tra estremismo, criminalità e politica. Ma iniziamo dalla fine e dall’indagine su Anas.

Il bar della cricca

Nelle carte sulla presunta cricca che telecomandava le gare in Anas si parla di un incontro tra Fabio Pileri e Massimo Simonini, ex capo di Anas e attuale commissario governativo in due opere pubbliche, anche lui indagato. Un incontro avvenuto proprio in quel locale.

«Hanno registrato una tua conversazione con Simonini (...) hanno registrato per quattro minuti a Natale, il 29 dicembre», diceva Verdini nel 2022 al socio Pileri che rispondeva: «Al bar?». «Mm l’unica conversazione che sono riusciti a registrare», lo rassicurava Verdini.

L’argomento della chiacchierata era proprio l’Anas, «gli stavo a di’ ( a Simonini, ndr) che se m’aveva dato retta aveva mandato via Rizzo (già loro socio e avvocato di Francesca Verdini, ndr)». L’incontro tra Pileri e Simonini, avvenuto il 29 dicembre del 2021, è stato anche monitorato dai militari della guardia di finanza che avevano piazzato un direzionale per captare il contenuto della conversazione.

Non è l’unico appuntamento che la “cricca” ha organizzato nel locale. Nel giugno 2022 Verdini junior e Pileri hanno incontrato anche il dirigente Anas Paolo Veneri, indagato nell’inchiesta della procura di Roma.

Ma nello stesso posto c’è chi avrebbe visto anche Massimo Carminati. «L’ho visto diverse volte ai tavolini, chiacchiera e scrive», racconta più di un testimone. A circondarlo gli amici per evitare sguardi indiscreti, incontri indesiderati e qualche inquirente ficcanaso.

Il bar, poi, incrocia la storia criminale che dieci anni fa aveva portato all’arresto di Carminati.

Tra mala e neri

Tra i gestori ci sarebbe anche Angelo Spreafico. «Sono in riunione in questo momento, non ne voglio sapere, parli con la mia compagna, io non gestisco niente», ci dice. La compagna nega ogni presenza di Carminati prima di mettere giù.

In questa storia di penale non c’è niente, ma è d’interesse pubblico perché descrive uno spaccato di relazioni anche con la politica romana e con nomi che spesso ritornano.

Chi è Spreafico? Di lui parlava, indicandolo come vicino alla destra e agli ambienti dello spaccio, Roberto Grilli, attivo nel mercato della droga. Ma quei riferimenti sono rimasti senza conseguenze penali.

Il suo nome è finito anche nell’indagine “Mondo di mezzo”, indicato come vicino a uomini della galassia di destra. In un’informativa, anno 2012, i carabinieri scrivevano: «Relativamente a Massimiliano Colagrande e Spreafico – impegnati rispettivamente nel settore della ristorazione e della sicurezza dei locali notturni della capitale non emergevano contatti diretti e/o indiretti con Carminati, ma risultavano entrambi ancora legati a soggetti appartenuti agli ambienti dell’estrema destra romana come Carlo Gentile, quest’ultimo in contatto con ambienti dell’organizzazione terroristica neofascista Nar e con quella, sempre di estrazione neofascista, a suo tempo denominata Terza posizione».

Un testacoda inaspettato perché quell’indagine, che aveva portato all’arresto di Carminati, era iniziata con un semplice controllo stradale prima di incrociare criminalità, politica e imprenditoria romana. Nel 2009 un gruppo di persone in auto aveva superato, senza fermarsi, un posto di blocco. Tra i fuggitivi, poi braccati dai carabinieri, c’era anche Luigi Ciavardini, condannato per la strage di Bologna, con un passato da protagonista nei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari cari a Carminati.

I militari avevano provato a ricostruire rapporti e luoghi di frequentazione. Dai controlli si arrivava a un centro sportivo che aveva tra i punti di riferimento proprio Spreafico. Una palestra che i carabinieri indicavano come centro di reclutamento di «giovani per spedizioni punitive», diventata buon ritrovo anche di Massimo Nicoletti, figlio di Enrico Nicoletti, quest’ultimo noto per essere stato cassiere della banda della Magliana (il “secco” della popolare fiction Romanzo criminale).

Proprio Spreafico è stato indicato per anni come vicino, addirittura come guardaspalle di Nicoletti. Nel 2013 le cronache raccontavano del suo coinvolgimento in un procedimento penale a carico di Nicoletti, imputato per estorsione, che lo presentava come il principale killer di Roma per piegare le vittime.

Ma lui, Spreafico, non è stato mai indagato per fatti di sangue. Anche nell’indagine “Mondo di mezzo” è rimasto estraneo a processi e condanne. I carabinieri, però, indicavano per lui precedenti di polizia «per detenzione abusiva di armi, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, furto, rapina e rissa».

Il suo nome spuntava più volte perché voleva mettere le mani sul business legato alla «gestione delle attività di vigilanza e sicurezza nel centro storico» di Roma, un servizio pensato dall’amministrazione per arginare la movida violenta.

Un “affare”, poi sfumato, per il quale Spreafico aveva iniziato a compulsare di telefonate i consiglieri comunali di destra amici. Di Spreafico parlava anche il killer pentito Francesco Orsini: «Ho avuto il primo contatto con Michele Senese circa 10 anni fa quando avevo contatti con Francesco Dimino che mi venne presentato da Angelo Spreafico».

Parole senza conseguenze. Storie passate come quelle di Massimo Carminati che, scontata la pena, è tornato a Roma, nella città che lo ha fatto re.

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