Intercettazioni, affari, politici, grandi aziende. Da fine dicembre, giorno in cui si sono accesi i riflettori sul Sistema Verdini è stato un continuo di rivelazioni che hanno coinvolto leader di partiti di governo, dirigenti di imprese, presidenti di multinazionali, commissari di grandi opere nominati dai ministri. Di seguito troverete tutto ciò che è stato scoperto – nelle carte giudiziarie e attraverso le inchieste giornalistiche di Domani – sulle società di Denis e Tommaso Verdini, e del loro socio Fabio Pileri, e sui loro legami con la politica che conta.

Gli indagati

Il 27 dicembre 2023 la Procura di Roma dispone gli arresti domiciliari per cinque persone, accusati a vario titolo di corruzione e traffico di influenze. Tra gli arrestati ci sono Tommaso Verdini, figlio del potente ex senatore Denis, e il suo socio Fabio Pileri. I due sono soci nella società di consulenza Inver, al centro delle indagini dei detective della Guardia di Finanza. Attraverso pedinamenti e intercettazioni - svolte in particolare a Pastation, ristorante di famiglia - gli investigatori hanno ricostruito un sistema per favorire nelle gare d’appalto dell’Anas una serie di società che pagavano ricche fatture alla società di Verdini e Pileri.

Le prime notizie sull’inchiesta  erano però dell’estate 2022, quando i finanzieri avevano svolto delle perquisizioni all’interno dei locali della Inver a via della Scrofa, nel centro di Roma, in un palazzo a due passi dal Senato. 

Oltre a Tommaso Verdini e al socio Fabio Pileri, sono indagati anche Denis Verdini: l’ex coordinatore del Pdl, che sta scontando ai domiciliari una condanna per bancarotta, era un socio ombra della società dei due che utilizzavano le sue entrature nei palazzi del potere in cambio di un ricco compenso mensile. C’è poi Massimo Simonini, ex amministratore delegato di Anas e attuale commissario straordinario del Ministero delle Infrastrutture per la Statale Jonica e la Grosseto-Fano, l’imprenditore ed ex europarlamentare Vito Bonsignore, e altri importanti dirigenti di società di Stato e proprietari di imprese del campo delle infrastrutture.

La società e la compagna di Salvini

Al centro dell’inchiesta c’è la Inver, società di consulenza di proprietà di Tommaso Verdini e Fabio Pileri. La società è stata fondata nel 2017 da Tommaso insieme a sua sorella Francesca, la compagna del vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Francesca Verdini ha venduto le quote della società nel luglio del 2021, poco prima dell’inizio dell’inchiesta della Guardia di Finanza. 

Il socio di Verdini e il figlio di Carminati

Quando dalla Inver esce Francesca Verdini, al suo posto entra Fabio Pileri. Umbro classe 1977, Pileri nel 2022 ha aperto anche un’altra società di consulenza, Pica Consulting. Il socio al 50 per cento era Andrea Carminati, 33 anni, figlio di Massimo, “er Cecato” che dal 2020 sta scontando ai domiciliari i 10 anni di condanna per l’inchiesta “Mondo di mezzo”, che ha travolto il potere romano, con accuse pure di mafia poi cadute negli ultimi due gradi di giudizio. Carminati è un ex dei Nuclei armati rivoluzionari, erede di una storia che affonda le radici nella banda della Magliana e arriva all’oggi segnato da rapporti con i boss della camorra romana.

Il figlio, invece, è incensurato. Lo ritroviamo nella Pica insieme al socio di Verdini. Costituita il 26 gennaio 2022 con un capitale sociale di 100 euro è stata liquidata il 19 ottobre 2022, a pochi giorni dal giuramento del governo Meloni. Carminati jr, un mese prima di aprire la Pica, aveva costituito, sempre dallo stesso notaio, un’altra società di consulenza: la 10 A&C. Capitale sociale di 100 euro, sede ai Parioli. La 10 A&C, ancora attiva, nell’ultimo bilancio ha ricavi per quasi 55mila euro e un utile di quasi 7mila.

Salvini e il commissario indagato

Secondo la ricostruzione della procura di Roma, i Verdini in cambio di lauti compensi aiutavano gli imprenditori a vincere le commesse di Anas. Per farlo erano in contatto con i dirigenti della società, a cui promettevano avanzamenti di carriera o riconferme nei ruoli più prestigiosi. Uno degli uomini più vicini ai Verdini è Massimo Simonini, ex amministratore delegato di Anas. Dopo la fine del mandato a dicembre 2021, Simonini ha continuato a ricoprire il ruolo di commissario straordinario per la SS106 e la E78 che gli era stato dato dal governo Draghi ad aprile. Due opere strategiche, soprattutto la prima in Calabria, da svariati miliardi di euro. Nonostante l’inchiesta il ministro Salvini non ha revocato la sua nomina: al contrario gli ha affidato la possibilità di spendere 3 miliardi di euro per la realizzazione della Statale Jonica. Un budget simile, ma non ancora stanziato, è quello per la Grosseto-Fano che collega Tirreno e Adriatico, altra opera sotto la sua amministrazione. «Parliamo di un indagato, non di un condannato», ha dichiarato il numero uno della Lega. 

La società ombra

Una volta uscite le prime notizie sulle indagini, i Verdini si adoperano per non perdere nessuno dei loro clienti. Il 27 settembre 2021, Denis Verdini e il figlio Tommaso parlano di riorganizzazione degli affari. «Seguendo accorgimenti suggeriti da un loro avvocato [...] Tommaso Verdini anticipa al padre di voler concludere un accordo con la Pda in modo da simulare l’interruzione del rapporto di consulenza con la Inver». La Pda è la Political Data Agency, società fondata nel 2018 da Niccolò Macallè e Lorenzo Salusest. Pda si occupa «di rapporti istituzionali e di monitoraggio e analisi dei dati» per partiti – Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, ma anche Pd e Scelta Civica – enti istituzionali e importanti multinazionali. «Lo faccio fare alla Pda a Niccolò (Maccallè, ndr), mi rifanno il contratto [...] non vogliono perdere neanche un minuto di rapporto con noi perché è fondamentale», dice Tommaso Verdini al padre.

È Denis a ricordare poi che una volta scemata l’attenzione degli inquirenti avrebbero rilevato le quote della Pda: «Quote però cedute da Macallè si fa dopo… Ci vuole solo grande pazienza, solo grande pazienza. Ci vorrà perché ci fanno impazzire su tutto adesso». Gli investigatori ritengono questa sia «un’altra conferma della natura fittizia dei contratti di consulenza» stipulati dai Verdini con gli imprenditori che si rivolgono a loro.

Inver e Political Data Agency condividono tra l’altro l’indirizzo della sede: via della Scrofa 64, a pochi passi dal Senato e dalla sede di Fratelli d’Italia. Niccolò Maccallè è socio fondatore e amministratore unico: 33 anni, consigliere comunale di Montespertoli (in provincia di Firenze), presidente dell’unione dei comuni della Valdelsa, è anche nella segreteria del gruppo di Fratelli d’Italia in Regione Toscana. L’altro socio, Lorenzo Salusest, giornalista, è anche responsabile della segreteria politica del portavoce dell’opposizione in Regione Toscana, il leghista Marco Landi. Senior partner di Pda è Riccardo Mazzoni, un verdiniano di ferro.

L’affare della Ragusa-Catania

Le intercettazioni su Political Data Agency conducono a un altro grande affare. Parlando con il padre, scrivono i detective, «Tommaso Verdini riporta lo stato dei pagamenti vantati da Inver, informando gli interlocutori di aver dovuto rinunciare alla somma di 3.000 euro, assai verosimilmente collegata ai compensi per la carica di componente del consiglio di amministrazione della Sarc Spa».

La gran parte delle quote di Società Autostrada Ragusa Catania, ora in liquidazione, è della Silec Spa di Vito Bonsignore. Anche lui ha subito la perquisizione di un anno e mezzo fa. Come riportato dal Fatto Quotidiano, Bonsignore ha incontrato Denis Verdini nell’autunno 2022, quando il suocero di Matteo Salvini era agli arresti domiciliari nella sua casa fiorentina. Gli incontri avvenivano nel ristorante romano dei Verdini, dove gli indagati si ritrovavano tra di loro e con dirigenti di società pubbliche e politici come il sottosegretario all’Economia, il leghista Federico Freni (non indagato).

La Ragusa-Catania è una grande incompiuta del nostro paese: la Sarc aveva ottenuto la concessione nel 2014 senza però realizzare nessun tipo di lavoro. L’Anas poteva tornare sui suoi passi nel 2019, senza sborsare un euro. Ma nel 2020 (governo Pd-M5S) stanzia 37 milioni come buonuscita per Bonsignore. L’anno successivo Verdini jr diventa consigliere nel Cda della Sarc. Un regalo a Bonsignore cui non si è opposto un altro indagato nell'inchiesta sul “Sistema Verdini”: l’ex ad di Anas Massimo Simonini, considerato manager di riferimento dei Verdini e che Salvini ha lasciato con tutti i suoi incarichi nonostante l’inchiesta.

Huawei e il governo

Le società dei Verdini non avevano clienti solo nel settore delle infrastrutture. C’era anche Huawei, il colosso cinese delle telecomunicazioni. Un’inchiesta giornalistica di Domani ha svelato che negli scorsi mesi i vertici della società di Shenzen avevano incontrato diversi esponenti del governo Meloni, delle istituzioni e di grandi aziende, grazie alle consulenze delle società sotto indagine. Riunioni che sono avvenute anche quando ormai la notizia delle indagini era di dominio pubblico.

L’incontro più recente è quello con Matteo Salvini, a inizio dicembre 2023 al ministero delle Infrastrutture. Il numero uno della Lega ha incontrato il presidente europeo di Huawei, Jim Lu, e l’amministratore delegato italiano, Wilson Wang. Ci sono poi gli incontri con l’ex ad di Tim, Luigi Gubitosi, e con l’ex direttore dell’agenzia per la cybersicurezza, Roberto Baldoni. E poi quelli con il ministro della Difesa Guido Crosetto (che però ci ha detto: «Mai incontrato nessuno»), il presidente del Senato Ignazio La Russa, il sottosegretario all’Economia Federico Freni. 

E i tentativi con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessio Butti, che però hanno declinato non appena hanno sentito il nome Verdini.

I leghisti e il governo Meloni

Uno dei leghisti con cui i Verdini si incontravano e facevano incontrare i loro clienti era il sottosegretario leghista Freni. Ma non c’è solo lui. Nelle informative della finanza emerge un dato: Salvini sarebbe stato il manubrio politico che Denis Verdini girava a piacimento per avere ‘amici’ nei posti di comando. I finanzieri annotano che nell’ufficio di Fabio Pileri, lui e il socio Tommaso Verdini parlano di ‘Matteo’ (Salvini) e ‘Denis’ (Verdini). È il 19 ottobre 2022, sono giorni frenetici perché le destre hanno vinto le elezioni e la futura presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si prepara al giuramento davanti al presidente della Repubblica.

La squadra nei ministeri è ancora da comporre e il suocero di Salvini, ex coordinatore del Pdl, pregiudicato per bancarotta fraudolenta, non è affatto uscito di scena, ma teleguida il genero. Così emerge dalle conversazioni. Gli indagati non sanno che gli uffici sono imbottiti di microspie, piazzate dalla guardia di finanza. Verdini jr cita alcuni possibili sottosegretari alle infrastrutture: «Poi c’abbiamo a Lucchini, Rixi, Morelli, Freni e Siri», tutti della Lega, specificando che ha chiesto «tutte le infrastrutture». Pileri chiede: «Sono ministro Lega e due...sottosegretari Lega?», Verdini risponde: «Non ho detto glielo danno, ho detto che lui li ha chiesti». 

Di certo questi dialoghi dimostrano una profonda conoscenze delle trattative in corso all’epoca per la formazione dell’esecutivo. Lo schema si realizza visto che Salvini diventa ministro alle Infrastrutture, Rixi vice e Freni, invece, si conferma al ministero dell’Economia.

Un “ufficio politico” a casa Verdini

Non ci sono solamente le carte giudiziarie a raccontare il “sistema Verdini”. Con un’inchiesta giornalistica Domani ha svelato l’esistenza di un “ufficio politico” di Salvini a casa Verdini. Un’abitazione in via Barberini utilizzata da Tommaso Verdini e dal gruppo sotto inchiesta per riunioni e accordi, che era frequentata anche dal ministro delle Infrastrutture e leader della Lega. 

«Una casa di transizione per Salvini e Francesca Verdini», scriveva il settimanale Chi nel 2020. Il sottosegretario Freni, che frequentava l’abitazione, lo ha definito solamente «un appartamento utilizzato dalla Lega per riunioni politiche».

Le “cene goliardiche” in Umbria 

Un’altra inchiesta giornalistica di Domani ha raccontato invece i legami dei Verdini in Umbria. Nell’ex roccaforte rossa, attraverso il ternano Fabio Pileri, i Verdini si procacciavano affari. E così ci sono stati una serie di incontri a cui hanno partecipato la governatrice, l’ex ad di Anas Massimo Simonini, il re dei cementifici umbri Carlo Colaiacovo e il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni Luigi Carlini. Loro a rotazione, presenze fisse, invece, erano Tommaso Verdini e Pileri.

Il più delle volte erano presenti anche altri imprenditori locali dei lavori pubblici. Gli incontri si svolgevano ad Arrone, cittadina poco distante da Terni, nella taverna di Fausto Bartolini, storico esponente del centrosinistra umbro in ottimi rapporti con Tesei. Qualcuno che ha frequentato quegli incontri le ha definite cene di potere per agevolare i rapporti tra la politica umbra di centrodestra, l’imprenditoria e Anas. Non è dato sapere quanto fossero incontri conviviali fini a sé stessi o quanto riunioni con scopi precisi.

Francesca Verdini

Oltre agli incontri nella tavernetta in provincia di Terni, i Verdini in Umbria hanno fatto buoni affari. Come quello di Francesca Verdini con la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni. La figlia di Denis e compagna di Salvini ha ottenuto un assegno di 85.400 per la sua società La Casa Rossa, per «la realizzazione di un documentario dal titolo provvisorio “Terni e i suoi tesori” da collocare su Sky come promozione turistica e culturale del territorio», si legge nel bilancio della fondazione.

L’assegnazione dei fondi è avvenuta nel 2021 con quattro delibere del 30 settembre, 13 ottobre, 25 novembre e 30 dicembre. «Ci hanno fatto una proposta. È stato un bel filmato mandato su Sky Arte e Sky Tg24 per la promozione del nostro territorio», ci ha spiegato il presidente Carlini.

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