La manifestazione organizzata a Roma per sabato dal Movimento degli studenti palestinesi (venerdì hanno fatto sapere che scenderanno in piazza comunque, nonostante i divieti ndr), che utilizza la memoria della Shoà come clava da battere su Israele, addirittura profanando la frase simbolo di Se questo è un uomo di Primo Levi, è quanto di più abbietto, propagandistico e controproducente si possa immaginare.

Abbietto perché ogni parallelo fra la Shoà è la pur terribile e dolorosa guerra a Gaza è improponibile sul piano storico e ideologico. Anche un bambino capisce che lo sterminio programmato di milioni di persone rastrellate con piglio scientifico in tutta Europa per essere deportate in quelle macchine di morte che erano i campi di sterminio nazisti è imparagonabile alla, seppur durissima, risposta a un attacco tra i più efferati della storia recente.

Per carità, si può discutere tutto: proporzionalità, vanità degli obiettivi militari, speculazioni politiche che sfruttano il conflitto, persino denunciare per violazione di crimini contro l’umanità o quant’altro, ma paragonare un atto di guerra al più terribile genocidio programmato della storia umana è una provocazione propagandistica irricevibile da rispedire al mittente.

E certo non basta fare un collage di improvvide dichiarazioni a uso e consumo interno di ministri o esponenti politici che non hanno, e mai hanno avuto o avranno, la forza politica di fare muro contro muro con la comunità internazionale, per legittimare un simile paragone.

A giudicare dai sondaggi che vedono la coalizione di governo in calo verticale permanente perché considerata responsabile di aver anteposto divisivi progetti politici alla sicurezza del paese, sarà già tanto se le forze dell’esecutivo sopravvivranno politicamente al dopo conflitto.

Altro che imporre le proprie fantasie suprematiste a tutto il medio oriente e alla stessa Casa Bianca, chiunque sia il suo inquilino dopo le elezioni di novembre prossimo. In chi, come ultima carta, spera che una vittoria di Donald Trump legittimerebbe qualsivoglia politica israeliana, consiglio di andare a riprendersi il famoso «piano del secolo» con cui l’ex presidente Usa voleva entrare nella storia risolvendo il problema israelo-palestinese. Come molti dossier trumpiani, è rimasto nel cassetto, ma certo chiedeva dolorosi sacrifici alla destra israeliana più oltranzista.

La indegna e amorale posizione di studenti e studentesse che hanno firmato il manifesto programmatico della mobilitazione romana è, però, soprattutto controproducente per le stesse comunità islamiche che abitano i nostri territori.

Introdurre in Europa una propaganda antisionista che riflette chiaramente il tradizionale antigiudaismo islamico penetrato da anni, per via sciita, anche nelle organizzazioni terroristiche del mondo sunnita rimaste orfane di protettori politici perché in lotta permanente con i governi nazionalisti arabi, significa aprire le porte a una propaganda da scontro di civiltà che, in Europa, ha avuto come unica conseguenza, non una sorta di «santa alleanza» fra mondo cristiano e islamico (anche questa fantasia antistorica che angoscia i sonni delle comunità ebraiche), ma l’incremento di xenofobia e islamofobia su cui hanno speculato le più retrive forze politiche europee.

Propaganda violenta

Non è affatto mio compito stabilire la liceità o meno di simili manifestazioni dal punto di vista legale. Se, da un lato, la libertà è anche libertà di dire scemenze e castronerie (cosa dovremmo dire delle tante Acca Larentia che vediamo ogni anno e dei carnevaleschi pellegrinaggi a Predappio), dall’altro mi rendo conto che la prefettura non può subire il ricatto di manifestazioni che possano minacciare l’ordine pubblico, innescando spirali di violenza urbana come abbiamo già visto a Vicenza.

Se, però, si somma a quanto previsto a Roma, lo scempio di Bagno Rivoli, dove l'imam di Firenze Izzedin Elzir e Biel Murar della comunità palestinese di Firenze e Toscana dovevano partecipare a un convegno promosso dall’Anpi locale (!) e da Associapace Palestina che accostava la Shoà all’attuale conflitto, fa meditare sulle qualità politiche della leadership musulmana nel nostro Paese.

Registriamo, con grande rammarico, un’altra occasione persa per la formazione di un Islam europeo capace di emanciparsi dalle vetuste linee di propaganda in cui all’ebreo era, al massimo, riservato il ruolo di dhimmi, sottomesso. Continuiamo, però, a credere nel valore spirituale, teologico e filosofico di quella grande tradizione che è l’islam e appoggeremo sempre gli sforzi delle comunità musulmane per evitare che i propri giovani vengano attratti dalla propaganda di gruppi estremisti e violenti.

Infine, non possiamo che ringraziare, come italiani ed europei, il presidente Sergio Mattarella che, dato non trascurabile, ha iniziato il suo primo mandato posando una corona di fiori alla Fosse Ardeatine, per le inequivocabili parole pronunciate venerdì. In riferimento a eventuali referendum che modificherebbero gli equilibri istituzionali, si utilizzano spesso termini giuridici; noi temiamo che sia anzitutto indebolita la forza morale della presidenza.

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