- Le analisi delle cause e dei meccanismi del negazionismo climatico sono state molte, negli ultimi anni, e come funziona questo tic cognitivo è ormai chiaro. Forse è arrivato il momento di decidere anche quale dev’essere la reazione politica alla negazione.
- Si dovrebbe cominciare ad ammettere che il negazionismo climatico non è differente rispetto ad altri tipi di negazionismo, per esempio quello storico. Chi nega l’Olocausto può essere difeso in nome della libertà di opinione?
- Forse è arrivato il momento di vedere anche il negazionismo climatico in questo modo. Il legame fra cambiamento climatico e i disastri cui stiamo assistendo è provato, con i mezzi e le certezze a disposizione della migliore scienza, così come sono provati i fatti e le responsabilità dietro l’Olocausto, con i mezzi e le certezze della migliore ricerca storica.
Che il disastro in corso in Emilia-Romagna debba indurci a occuparci anche dello choc culturale o della crisi di conoscenza che il cambiamento climatico comporta è stato detto molto bene su queste pagine da Christian Raimo. Forse in questo dovrà rientrare anche una nuova gestione del negazionismo climatico.
Paradossalmente, di fronte a queste catastrofi i negazionisti acquistano maggiore coraggio e visibilità. Il negazionismo è un tentativo di negare le colpe di non aver fatto abbastanza: questo è il negazionismo dei decisori, che essi siano politici, pubblici funzionari, professionisti vari dell’amministrazione e dell’informazione.
Ma è anche il riflesso condizionato che porta a non voler vedere il peggio che ci attende, col carico di responsabilità per il futuro e di impegni maggiori che ne derivano: questo è il negazionismo della persona comune, per così dire, dei cittadini poco informati, dei cospirazionisti, dei leoni da tastiera, degli ospiti fissi dei talk show.
Come reagire?
Le analisi delle cause e dei meccanismi del negazionismo climatico sono state molte, negli ultimi anni, e come funziona questo tic cognitivo è ormai chiaro. Forse è arrivato il momento di decidere anche quale dev’essere la reazione politica alla negazione. Come debbono essere accolti i negazionisti nella discussione pubblica democratica?
Si è sostenuto che, per difendere la libertà di pensiero, non si può loro negare ascolto e presenza. La reazione alle bufale dovrebbe essere il fact checking, cioè ribattere punto su punto alle mezze verità, alle fallacie logiche, alle insinuazioni dei negazionisti.
Si è anche detto che bisognerebbe rappresentare correttamente lo stato delle opinioni, cioè il fatto che i negazionisti sono una minoranza sparuta e spesso una minoranza formata da incompetenti – persone che non hanno una formazione adeguata, per quanto possano avere una qualche formazione scientifica, o mosse con tutta evidenza da interessi che influenzano i loro pronunciamenti pubblici.
Il negazionismo climatico
Ma forse tutto questo non basta più. Si dovrebbe cominciare ad ammettere che il negazionismo climatico non è differente rispetto ad altri tipi di negazionismo, per esempio quello storico. Chi nega l’Olocausto può essere difeso in nome della libertà di opinione?
Negare i fatti avvenuti nei campi di concentramento costituisce una mancanza di rispetto e un’offesa imperdonabile alle vittime, oltre che un atto gravido di conseguenze potenzialmente pericolose: negare l’Olocausto può rinfocolare l’antisemitismo, può rendere meno pronti a contenere l’estremismo politico, e così via. È per questo che il negazionismo dell’Olocausto viene assimilato, in molti casi, al linguaggio d’odio.
Forse è arrivato il momento di vedere anche il negazionismo climatico in questo modo. Il legame fra cambiamento climatico e i disastri cui stiamo assistendo è provato, con i mezzi e le certezze a disposizione della migliore scienza, così come sono provati i fatti e le responsabilità dietro l’Olocausto, con i mezzi e le certezze della migliore ricerca storica.
Negare questi fatti non è manifestazione di opinioni rispettabili, ma un’offesa nei confronti delle vittime e un atto pericoloso, che può creare altre offese, può giustificare omissioni ingiustificabili, può rallentare il processo democratico che porta ad acquisire consapevolezza del pericolo e a chiedere ai decisori di agire tempestivamente. In un certo senso, le omissioni e i ritardi che portano al disastro di oggi sono in parte anche colpa dei negazionisti. Quei morti sono anche colpa loro.
Proteggere la democrazia
Se vogliamo non solo avere migliori politiche climatiche, ma averle senza rinunciare alla democrazia, dobbiamo tutelarci contro chi inquina la discussione pubblica e turba il meccanismo di comunicazione fra la maggioranza dei cittadini (che certamente è convinta della gravità del cambiamento climatico e della necessità di contrastarlo) e i governanti (che dovrebbero tenere conto di queste convinzioni, quali che siano le loro opinioni e convenienze personali).
Contro il negazionismo climatico la reazione deve essere ferma e si deve spingere, in certi casi, anche alla repressione penale.
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