Al Musée d’Orsay di Parigi fino al 27 luglio la più grande mostra che si sia mai vista fuori dalla sua patria, che fu Barcelona. Ma prima di dire qualcosa su Antoni Gaudí (1852-1926), mi preme dire l’effetto che a me procura entrare in questo museo: come tutti sanno una stazione, una grande stazione: ma sembra evocare la Balena bianca Moby Dick protagonista dello splendido romanzo di Melvillle. Infatti l’ossatura del museo è quella di una balena: con un antro interno enorme e tanti piani ai lati su cui si sale e si osserva. In uno di questi piani è ospitata la mostra dell’architetto catalano con tanti disegni e schizzi, numerosi oggetti di casa come sedie e tavoli, ma anche oggetti della più diversa natura: piatti, posate e fioriere.

Antoni Gaudì era discendente di una famiglia di artigiani, suo padre lavorava il rame. Poco interessato all’accademia e all’architettura ufficiale seguì corsi di filosofia di Lorenz y Barba e Paul Milà y Fontanals, approfondendo contemporaneamente la sua conoscenza dell’arte gotica sui numerosi libri di Etienne Viollet-le-Duc.

Gaudì fu il grande protagonista dell’architettura modernista catalana che fu contemporanea alle Arts and Crafts anglosassoni: tali predilezioni e passioni lo introdussero nello spirito delle forme medievali, vedendo in esse l’espressione più autentica e nel corso di una lunga vita che lo vede protagonista del rinnovo urbano di Barcellona – la più industrializzata ricca e sprovincializzata città della Spagna – costruisce palazzi borghesi, templi imponenti, industrie, progetta parchi e arredi di ogni tipo.

Un artigiano

Gaudì è infatti un grande artigiano, erede di una tradizione che affonda le radici nella civiltà medievale della Catalogna. Come i costruttori delle cattedrali romaniche l’architetto lavora la pietra, si serve del ferro battuto, del vetro e della ceramica: non c’è materia e mezzo che non riesca a modellare secondo le forme fantastiche che attingono all’infinito repertorio della natura. Fiori, steli, corolle, alberi, rami, forme di animali preistorici sembrano sortire dalla sua architettura.

È un architetto che attinge a una fantasia inesauribile; la Sagrada Familia, tempio gigantesco e incompiuto ancora oggi, in perenne costruzione, al suo interno si offre come una foresta retta da alberi. Le strutture hanno la forza di una cattedrale gotica e sono il segno più eclatante di un modernismo che conquisterà l’Europa.

Uno sperimentatore inesauribile

Si dice che Gaudí sia parte dell’Art Nouveau europea ed è solo in parte vero: in lui c’è un’originalità e un senso del decorativo di cui sarebbe impossibile trovare l’equivalente. Lo straordinario complesso Guell – con un palazzo, il parco e la colonia – è la prova tra le più alte della sua produzione.

Il Conte Guell, ricchissimo mercante d’olio, era stato tra i suoi primi committenti: la sua casa arabo-catalana è in una stradina perpendicolare alla Rambla. Inoltrarsi in questo cunicolo – che tale è – e scoprire di sguisco il palazzo Guell è un’affascinante sorpresa, come stare in spazio arabo, una moschea laica. Infatti Gaudí è uno sperimentatore inesauribile, capace di modellare la facciata di casa Batllò (1905-1907) o di casa Milà (1905-1910) – entrambe costruite nel nuovo quartiere borghese di Barcellona, progettato secondo il piano urbanistico di Cerdà – come sculture che abbiano subito l’effetto dinamico del vento o le scosse di un moto tellurico sensibile alla bellezza.

Nelle sue forme c’è una necessità che sorprende sempre, che si rinnova di continuo: perché nasce da un gioco sapiente nel quale la forma dello spazio si sposa felicemente col prezioso tessuto decorativo. Ma la decorazione non è mai pelle posticcia, ha una sua ragione tettonica, assume la forma e la sostanza che le è propria dall’interno. Proprio come nella grande tradizione romanica e barocca: le radici in cui affonda la sua cultura gli consentono di essere nel proprio tempo con una carica di originalità inesauribile.

Ha committenti illuminati e ricchi – come Guell – che gli consentono di mettere alla prova la sua straripante fantasia: ogni sua opera è un cantiere aperto, disponibile fino all’ultimo al cambiamento. Per questa sua vena inesuaribile – Salvador Dalì lo considera un suo ideale maestro – dà nuovo volto a molte parti della sua città ed è amato da un grande poeta catalano come Maragall che alla Sagrada Familia dedicò versi ispirati.

L’opera di Antoni Gaudì è quella di un costruttore per istinto e per pratica indefessa: immaginoso e barocco per la sua sensibilità, innamorato dei colori squillanti e vivi, della forma classiche della tradizione mediterranea, costituì, in un momento di critica linguistica e di rifondazione della disciplina architettonica, un episodio isolato di cui la critica stentò ad accetarne la grandezza perché non sapeva collocarlo nelle linee di sviluppo del Movimento Moderno. Per questo Antoni Gaudì è un gigante isolato e tale restò.

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