Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza della Corte d'Assise di Milano che ha condannato all'ergastolo Michele Sindona per l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli


Fin dagli anni 1971-72 ispezioni della Banca d'Italia avevano evidenziato gravi irregolarità amministrative e valutarie nella gestione della Banca privata finanziaria e della Banca unione da parte di Sindona, il quale di detti istituti si serviva come centri motori della sua strategia tendente a costruire un impero finanziario di dimensioni internazionali.

Nei due anni successivi la situazione delle due banche si era progressivamente aggravata finché, dopo che un tentativo di salvataggio attuato attraverso il BANCO DI ROMA non aveva conseguito alcun effetto utile, e dopo che il l° agosto 1974 i due - istituti si erano fusi dando origine alla Banca privata italiana, con decreto ministeriale 27 settembre 1974 tale banca venne posta in liquidazione coatta amministrativa, e fu nominato commissario liquidatore l'avvocato Giorgio Ambrosoli.

Questi negli anni seguenti, benché sottoposto a pressioni e ad attacchi di ogni genere, culminati nel suo assassinio, espletò tale incarico con grande impegno ed assoluta integrità, svolgendo un ruolo determinante sia nel recuperare le attività dell'istituto in liquidazione sia nell'evidenziare gli illeciti commessi dai suoi amministratori. Il 4 ottobre 1974 il Giudice Istruttore di Milano emise contro Sindona mandato di cattura per i reati di false comunicazioni sociali ed illegale ripartizione degli utili e, dopo che con sentenza 14 ottobre 1974 il Tribunale Civile di Milano aveva dichiarato lo stato di insolvenza della Banca privata italiana, nei confronti del predetto venne promossa azione penale anche per il reato di bancarotta fraudolenta, con ordine di cattura in data 24 ottobre 1974 poi confermato dal Giudice Istruttore, dopo la formalizzazione del procedimento, con mandato di cattura 2 luglio 1975.

Poichè nel frattempo era risultato che Sindona si era stabilmente trasferito negli Stati Uniti e risiedeva all'Hotel Pierre di New York, venne avviata, con richiesta ufficiale in data l° marzo 1975, la procedura per ottenerne l'estradizione con riferimento ai citati provvedimenti restrittivi.

Tale procedura - nel cui ambito svolse un ruolo propulsore di rilievo, patrocinando l'estradibilità di Sindona, anche il Procuratore Distrettuale di New York, Kenney - si sviluppò con tormentate vicende per alcuni anni. Dapprima, con una pronuncia emessa il 18 maggio 1978 dal giudice Griesa e confermata il 15 novembre 1978 dal giudice Werker, venne riconosciuta l'estradabilità di Sindona.

Poi, in seguito ad impugnazione dei legali dell'imputato - nei confronti del quale, nel marzo 1979, era stata decisa dai competenti organi giudiziari statunitensi la formale incriminazione per il dissesto della Franklin Bank di New York - lo stesso giudice Werker, con pronuncia 6 luglio 1979 confermata il successivo 26 luglio, decise di porre termine al procedimento di estradizione a causa della ritenuta coincidenza fra i reati perseguiti in Italia e quelli relativi al dissesto della Franklin Bank per i quali si procedeva negli Stati Uniti.

Su impugnazione del procuratore Kenney, in sede di gravame l'estradabilità di Sindona per il reato di bancarotta fu definitivamente affermata con decisione del 25 marzo 1980.

L'effettiva consegna dell'imputato alle autorità italiane avvenne soltanto il 25 settembre 1984, ed il procedimento per il reato di bancarotta si concluse, in primo grado, con la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 15 marzo 1985. Con tale decisione Michele Sindona venne dichiarato responsabile di varie ipotesi di bancarotta fraudolenta pluriaggravata, commesse nella sua qualità di consigliere e membro del Comitato Esecutivo della Banca unione e di presidente del Consiglia di Amministrazione della Banca privata finanziaria, e nella qualità sostanziale di amministratore effettivo di entrambe le banche, e fu condannato alla pena di anni quindici di reclusione.

In particolare, in detta sentenza si ritenne che Sindona, in concorso con altre persone, avesse "distratto, occultato e dissimulato, nel corso degli anni 1971 - 1972 - 1973 e 1974, una enorme massa di beni monetari delle predette aziende di credito", che avesse falsificato i libri e le scritture contabili e li avesse tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del movimento degli affari, e che allo stesso scopo avesse concorso con altri nel sottrarre documenti della Banca privata italiana.

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