La questione non è solo se formalmente siamo davanti a un conflitto di interessi. Il nodo è anche e soprattutto politico: una delle figure più rilevanti d’Europa, e cioè la presidente della Commissione Ue, ha più volte rotto il legame di fiducia alla base di una democrazia. La gestione privatistica e segreta con la quale Ursula von der Leyen ha maneggiato il negoziato con Pfizer, e che ha innescato una indagine della procura europea, si affianca ora allo scandalo su suo marito.

Le dimissioni di Heiko von der Leyen dal comitato di sorveglianza della fondazione di Padova che lavora ai farmaci del futuro, consegnate per lettera e rivelate su Domani, dimostrano che quell’incarico aveva un potenziale esplosivo, con quel cognome in una fondazione finanziata coi soldi Ue del Pnrr e che ha tra i partecipanti i big dei vaccini.

Ursula von der Leyen non ha mai segnalato quel ruolo – al quale il marito ha poi rinunciato – nella sua dichiarazione di interessi, che è tenuta ad aggiornare. Eppure lì ha citato pure l’incarico del marito nel gruppo di supporto di un’università di teatro. Le dimissioni di lui non chiudono affatto il tema del conflitto di interessi a casa von der Leyen e a palazzo Berlaymont.

Il caso italiano

Il troncone principale di Orgenesis, che ha il quartier generale negli Usa e vede Heiko von der Leyen nel team di gestione, è tuttora parte del centro “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a Rna”, il progetto con perno a Padova. Con le dimissioni di Heiko dal comitato di sorveglianza, consegnate senza motivazione, decade solo il suo nome da quell’organo di controllo; il ruolo dell’azienda è intonso.

A marzo del 2021 Orgenesis, che si presenta come «azienda biotecnologica globale che opera per sbloccare il potenziale delle terapie cellulari e geniche», aveva già stabilito un accordo di collaborazione con l’ospedale Bambino Gesù di Roma per lo sviluppo di un centro per la terapia cellulare e genica. Questo contatto ha fatto da traino per lo hub di Padova, dove l’azienda è coinvolta nel ramo per le terapie geniche che ha tra i referenti Franco Locatelli del Bambino Gesù, presidente del Consiglio superiore di sanità, membro del Cts.

Il vantaggio di Padova per i privati – tra i quali anche Pfizer, BioNTech, AstraZeneca – non sta tanto nei finanziamenti diretti, irrisori (a Orgenesis va un millesimo del totale), ma il fatto di stare dentro un processo di ricerca e sviluppo finanziato con fondi pubblici e proiettato verso i farmaci del futuro. Tutto ciò non è scalfito cancellando un cognome da un comitato.

Una presa europea

C’è poi un altro punto: Heiko von der Leyen non è solo un “direttore medico”, ma da agosto è anche amministratore delegato di Orgenesis Germany GmbH, e inoltre quello di Padova non è l’unico caso nel quale Orgenesis può avvantaggiarsi di fondi pubblici.

Per capire la storia bisogna partire dall’obiettivo dichiarato dell’azienda stessa: essere disruptive, irrompere nel mercato e trasformarlo in modo tale da essere centrali, o per dirla con le parole della Ceo Vered Caplan del 2020, «diventare l’Uber della terapia cellulare e genica personalizzata, terapia costosa e complessa; la sfida è produrla su larga scala e a un costo ragionevole».

Più la terapia è mirata a un gruppo circoscritto di pazienti, più costa, e la sfida è essere «l’Uber» delle cure del futuro. Infatti Orgenesis non guarda solo a Padova, o a Roma. Sta costruendo una rete. «Le collaborazioni e i partner sono in espansione», come recita il sito aziendale: la «piattaforma» si radica anche in Belgio, Spagna, Germania, Grecia.

L’associazione d’impresa – la joint venture – siglata tre anni fa con la greca TheraCell è valsa nell’immediato a Orgenesis quasi l’un per cento in più in borsa, e soprattutto fondi pubblici dopo. Un anno fa, ha ottenuto 32 milioni e soprattutto l’inserimento del proprio progetto nella categoria di «investimento strategico», che ne fa polo d’attrazione anche per risorse europee.

Nel 2022 poi – ad agosto, per la precisione – il first gentleman d’Europa ha assunto in prima persona l’incarico di amministratore delegato di Orgenesis Germany GmbH, che si occupa sia di terapie che di ricerca e sviluppo.

Gli interessi e il conflitto

Impegnata anche sui vaccini, nel 2020 Orgenesis lanciava «una nuova piattaforma vaccinaleper bersagliare il Covid». Tanto l’azienda si sta ritagliando un ruolo in Europa per le cure del futuro, quanto il mandato di Ursula von der Leyen è segnato proprio da questo tema. Sotto la sua presidenza, è stata lanciata l’autorità europea per le emergenze sanitarie Hera, e sempre da lei è stato gestito il dossier dei negoziati per i vaccini.

L’accordo con Pfizer della primavera 2021, nel quale l’azienda ha venduto le dosi a prezzi più alti, è stato negoziato inizialmente da lei in persona dal telefonino e messaggini e comunicazioni non sono stati ancora forniti; la procura europea ha aperto un’indagine e la Corte dei conti Ue ha già stigmatizzato lo scarso coinvolgimento della squadra negoziale e la mancata trasparenza della presidente.

Nella «dichiarazione di interessi» di lei, anche se non c’è mai stata traccia del ruolo padovano del marito, figura il ruolo di lui in Orgenesis, nella lista delle attività professionali. Ma la sezione «interessi finanziari del partner che potrebbero dar adito a conflitti di interesse», che poi si dirama in “asset, quote” e così via, rimane bianca.

Il portavoce di von der Leyen, interpellata sul punto, si trincera dicendo che «due attività del marito sono dichiarate». Ma un esperto come Olivier Hoedeman del Corporate europe observatory nota che i passaggi quantomeno inappropriati sono molti: «Il ruolo nel comitato di vigilanza per una partnership pubblico-privato finanziata dall’Ue non era appropriato», la promozione a capo di Orgenesis Germania «aumenta il rischio di conflitto di interessi» e visto il ruolo della presidente in negoziati come quello sui vaccini «servono vincoli più stringenti per evitare influenze improprie».

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