Nell’emiciclo d’Europa una maggioranza progressista è ancora possibile, e anzi esisterebbe già. L’ennesima evidenza arriva dai registri del voto di mercoledì sulla Nature restoration law, la legge sugli ecosistemi diventata fulcro di scontro politico. Di fronte all’assalto delle destre – al clima e non solo – un’alternativa è possibile. Il punto è che non esiste una leadership che intenda farsi carico di questo orizzonte.

La capogruppo socialista all’Europarlamento, la spagnola Iratxe García Pérez, ha presentato il via libera alla Nature restoration law come una vittoria, e come una sconfitta di Manfred Weber, capofila delle destre. Ma nel giro di un paio di minuti García Pérez era di nuovo a corteggiare Weber e a invitarlo a dialogare.

Questo atteggiamento si è già rivelato fallimentare, e di fronte a una destra sempre più arrembante la responsabilità oggi è ancora più grave: tra elezioni spagnole, polacche ed europee, gli equilibri europei slitteranno ancor più verso la destra estrema. Invece di spingere il piede sul freno e di riprendere il volante dell’agenda politica, il principale gruppo progressista si limita a reagire alle destre. Salvo poi corteggiarle sperando che ci si possa tutto sommato accordare. L’Europa è a una svolta, ma a sinistra nessuno guida.

L’alternativa possibile

Il leader dei popolari Weber, grande normalizzatore delle destre estreme, sta testando la cooperazione coi gruppi politici più a destra del suo: anzitutto i conservatori di Giorgia Meloni ma anche le convergenze sui dossier coi sovranisti di Identità e democrazia, come la Lega.

Lo ha fatto sui migranti e lo sta facendo sul clima: le destre avevano votato insieme contro lo stop ai motori a combustione e altri provvedimenti green, l’ultimo dei quali – la Nature restoration law – è stato trasformato da Weber in sfida politica tout court. Grazie alle ambiguità interne al gruppo liberale, e alla spinta delle destre, la legge sugli ecosistemi è stata effettivamente dirottata nei suoi contenuti; per la prima volta l’Europarlamento invece di presentare una versione ambiziosa della legge ha inseguito al ribasso la proposta dei governi.

In questo senso non si può parlare di sconfitta delle destre. Ma c’è un dato tecnico: lo smacco simbolico a Weber – che dichiarava di voler far saltare la legge – è riuscito in due passaggi chiave, il mancato rigetto del provvedimento e la approvazione del testo finale.

Ciò è stato possibile con una maggioranza numerica che va dai socialisti, il perno numerico, a verdi e sinistra – un fronte di sinistra ecologista – con il supporto chiave di una sponda tra i liberali e di un gruppetto di popolari che non hanno digerito le derive destrorse del loro leader.

La leader che non c’è

«È chiaro l’errore di Weber, che pensa a prendere un pugno di voti all’estrema destra», dice Iratxe García Pérez, che dopo aver dichiarato vittoria passa però all’ennesimo invito: «Oggi abbiamo vinto ma tendiamo la mano al Ppe. Weber torni back at the table, di nuovo a parlare e dialogare con noi».

Mentre il leader del Ppe sta già praticando convergenze con la destra estrema, impone l’agenda, polarizza sui temi che vuole lui, sabota i provvedimenti, García Pérez invece di capitalizzare sul fronte progressista continua a pietire un ritorno alla vecchia grande coalizione.

Questo atteggiamento non è solo poco ambizioso, è anche fallimentare: alle elezioni di metà mandato dell’Europarlamento, nel 2022, Weber ha rivendicato per il Ppe la presidenza, e i socialisti nel dopo Sassoli hanno rinunciato a una proposta alternativa.

Hanno votato la popolare Roberta Metsola. Nel frattempo il Ppe si è accordato con i liberali e ha testato l’alleanza tattica coi conservatori; entrambi questi gruppi sono passati all’incasso. I socialisti si sono invece semplicemente spalmati sul piano weberiano, perdendo pure l’occasione di un loro nome come segretario generale.

Dal giorno dopo, Weber ha spinto il Ppe sempre più a destra, smantellando di fatto l’accordo coi socialisti in nome del quale aveva imposto Metsola. «Ma Weber fa così perché ora ci sono le elezioni», fa spallucce il capodelegazione Pd Brando Benifei. Il problema è che le elezioni ci sono anche per la sinistra, ma García Pérez insegue il leader altrui.

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