Lo strappo di Giuseppe Conte, il no alle primarie a tre giorni dall’apertura dei gazebo, fanno imbufalire il Pd di ogni ordine e grado. Soprattutto l’ala più favorevole all’alleanza con i Cinque stelle. La rottura improvvisa, le accuse dell’ormai ex candidato alle primarie Michele Laforgia, l’indisponibilità a trovare un candidato comune a Bari, la ricerca di alzare al massimo la tensione dopo gli arresti per voto di scambio, tutto mette Elly Schlein di fronte a una dura evidenza: il presidente M5s è pronto a lucrare sulle difficoltà dell’alleato e a spaccare il centrosinistra. E a rischiare di consegnare la città alla destra.

La segretaria corre a Bari a difendere il Pd dalle accuse – della destra ma non solo – dagli spari nel mucchio. Per l’iniziativa che doveva essere la chiusura della campagna delle primarie di Vito Leccese, il candidato del Pd e dei Verdi e di molte liste civiche, e invece si trasforma nel comizio d’orgoglio di questa parte del centrosinistra barese.

Se Laforgia non accetterà di fare un passo indietro insieme a Vito Leccese, per scegliere un candidato comune, Leccese annuncia che andrà avanti. O, meglio, «solo Vito potrà decidere in nome dell’unità caosa si dovrà fare», dice Angelo Bonelli dal palco di piazza Umberto.

Cambi di casacca

Leccese, dopo di lui, rivendica la buona amministrazione di Antonio Decaro e cerca il perché dello stop alle primarie: «Io e Laforgia avremmo garantito la trasparenza del voto, ma c’è qualcuno a cui non interessa il destino della città di Bari, ma speculare per un mero calcolo elettorale. E ora che facciamo? Andiamo avanti, noi non abbiamo nulla da nascondere».

«Vito, ti confermiamo tutta la nostra fiducia e il nostro supporto», esordisce Schlein, se andrà avanti ma «anche se vorrai trovare una sintesi unitaria alla rottura che ha provocato Laforgia. Ma non sono disposta a tollerare gli attacchi che arrivano a questa comunità».

«Sono un persona che mantiene gli impegni», dice all’indirizzo di Conte, che ha preso «una scelta unilaterale. Così aiuta la destra». «La vicenda di Triggiano se confermata è gravissima» e «il Pd intende guardarsi dentro. Noi non accettiamo voti sporchi o comprati. Ma non è negando la partecipazione che si contrasta la corruzione, è tutto il contrario».

Schlein ringrazia Decaro, e anche Emiliano. Ma fa una dura accusa al trasformismo, a chi cambia casacca per interesse – e in regione ci sono illustri esempi – «non debbono trovare nel Pd neanche un centimetro per inserirsi. Chiedo ai militanti di essere i nostri anticorpi sul territorio».

Appelli al furbetto

La giornata si era consumata a colpi di opposte dichiarazioni. Stavolta c’è un filo di corrente elettrica fra Conte e Schlein. Al Nazareno non va giù lo strappo del presidente M5s e la richiesta di convergere sul proprio candidato Laforgia: irricevibile, quasi una provocazione.

Dal Pd la proposta è un’altra. La riassume Goffredo Bettini, al mattino su La7: «Faccio un appello sia Conte che al Pd per ritirare i rispettivi candidati e trovare una soluzione che possa di nuovo ricostruire e riallacciare un processo unitario e rendere così più probabile, direi quasi certa, la vittoria del centrosinistra a Bari».

È quello che da tempo dice Leccese, d’accordo con il sindaco Decaro. Ma il punto è: c’è la volontà di non cedere il comune alla destra, che nel frattempo cannoneggia il Pd senza sosta?

Conte invece a quell’ora raddoppia l’attacco. Ancora da La7 si rivolge a Schlein, rea – secondo lui – di avergli dato dello «sleale», lo ha riferito il Corriere della Sera, per aver strappato senza preavviso le primarie previste per domani. «Non accettiamo mancanze di rispetto», dice, e spiega che la segretaria era stata avvertita prima dei nuovi arresti, e avvisata in anticipo dello stop alle primarie.

«C’è il tema di non compromettere la coalizione e di non compromettere il percorso di cambiamento della città che anche gli avversari ci riconoscono», dice Andrea Orlando, «quello di Conte è un tentativo un po’ furbetto di speculare sulle difficoltà di un alleato», ma avverte «oggi togli qualche punto al Pd, domani sei quello che ha consegnato Bari alla destra».

Aggiunge un dettaglio (si fa per dire) all’analisi: Conte sbaglia anche mira, fa «un’operazione smaccatamente strumentale perché pone una questione, che ha l’epicentro in regione, in comune». Spinge più forte Carlo Calenda: «In Puglia c’è un atto di sciacallaggio politico di Conte.

L’unico interesse che hanno è quello di spolpare il Pd». Matteo Renzi segnala una contraddizione: «Con che faccia Conte si ritira dalle primarie di Bari ma rimane saldo nella giunta di Emiliano?»

Intanto nel pomeriggio Conte, che è rimasto a Bari, si chiude in un’assemblea con gli attivisti grillini. Non filtrano segnali di disponibilità al dialogo. Per ora. Però le diplomazie lavorano. Disperatamente. Nichi Vendola, presidente di Sinistra italiana e amico personale di Laforgia, prova a ricucire.

In tutte le maniere. Perché la rottura barese avrebbe effetti catastrofici da qui fino a Roma, nei rapporti già complicati a sinistra. Dall’altro lato rossoverde, Angelo Bonelli, che sostiene Vito Leccese, «confida» della saggezza di Nicola Fratoianni, segretario di Si.

La resistenza dell’avvocato

Laforgia può resistere fino alla fine nel suo no al dialogo, sperando di far convergere su di lui una parte dell’elettorato Pd? Difficile. Anche perché nelle carte dell’ordinanza c’è scritto che Defrancesco, il consigliere pentito e grande accusatore di Cataldo (agli arresti) si sarebbe rivolto proprio a lui, per la sua professione di avvocato, per fissare un incontro con un magistrato, incontro poi non concretizzatosi.

Cosa sapeva Laforgia del terremoto che poi ha travolto il Pd? Quanto ai “terzi nomi” possibili, ne sono circolati: dalla ex procuratrice generale Annamaria Tosto, all’ex prefetta di Bari Antonella Bellomo, persino a suo fratello Nicola Laforgia, ex assessore della giunta Emiliano. Ma lui ha sempre risposto picche.

La destra intanto si prepara al boccone: ma non ha ancora un vero candidato. C’è Fabio Romito, consigliere regionale leghista, che però punta a fare il candidato presidente di Regione. C’è il senatore forzista Francesco Paolo Sisto, il collega Filippo Melchiorre. In queste ore è spuntato anche il nome del magistrato Stefano Dambruoso.

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