Alla fine di una giornata convulsa, con sorpassi e controsorpassi, il risultato delle elezioni sarde è appeso a una manciata di voti. Alessandra Todde, candidata del cosiddetto “campo largo” a trazione Pd-M5s, è avanti di qualche migliaia di voti sul suo avversario del centrodestra, Paolo Truzzu.

Per alcuni è la conferma di una vittoria attesa da ore. Ma, forse anche per scaramanzia, non arrivano commenti ufficiali né festeggiamenti prima della notte. Poi Conte festeggia insieme a Schlein: «Sono date storiche: abbiamo la prima presidente donna della Regione Sardegna e la prima presidente di Regione del M5s», ha detto.

Di sicuro è un risultato inatteso alla vigilia del voto. Altrettanto di sicuro, al netto del fatto che si è trattato di un’elezione locale, è la prova che l’alleanza tra Pd e M5s può mettere in difficoltà la maggioranza di governo. Se non addirittura batterla.

La vincitrice morale, a conti fatti, è Elly Schlein. La segretaria dem ha rilanciato il centrosinistra così come lo ha sempre immaginato. Certo, se alla fine Todde dovesse perdere per una manciata di voti, qualcun sicuramente le rinfaccerà la mancata intesa con Renato Soru (per la legge regionale il suo 8 per cento e rotti non gli consentirà di entrare in Consiglio regionale e quei voti sono di fatto “persi”).

Il Pd è comunque in lotta con FdI per conquistare la palma di primo partito dell’isola. E di questi tempi non è poco. A fare la differenza, sono stati soprattutto i grandi centri urbani. In particolare Cagliari che non ha premiato il suo sindaco-candidato Truzzu. O, meglio, gli ha fatto trovare un asino davanti alla porta, come era uso fare sull’isola per accompagnare all’uscita i parroci non apprezzati in paese.

Campo vivo

L’exploit del campo largo, su cui pesa comunque poco meno del 50 per cento di astenuti, rilancia un’alleanza zoppicante che è divisa su tutto, ma evidentemente funziona. Giuseppe Conte è volato in Sardegna con Elly Schlein, ma ha preferito, così come la segretaria dem, non fare commenti prima che il risultato fosse ufficiale.

L’ex premier, se tutto va come deve andare, potrà comunque fissarsi sul petto la medaglia della prima presidente di regione espressione del Movimento 5 stelle e la dimostrazione che un candidato grillino alla guida della coalizione può funzionare.

E pazienza se Todde è stata imposta a scapito delle primarie d’area, a cui Schlein ha dovuto rinunciare all’inizio di questa campagna elettorale perdendo, per l’appunto, l’appoggio di Soru. Per Conte il rischio è che, passata la sbornia della festa, venga a galla il fatto che la lista del Movimento ha raccolto appena il 7 per cento, un’emorragia rispetto al 22 per cento che delle ultime politiche, nel 2022.

Schlein, dal canto suo, ha la strada spianata per giocare tutta la campagna elettorale delle europee sulla polarizzazione contro Meloni. A partire dal duello televisivo che dovrebbe andare in onda nelle prossime settimane. Tra i risultati di Pd e FdI c’è appena un soffio. Matteo Salvini e lo stesso Conte scivolano sullo sfondo della competizione, con il rischio che ora decidano di esacerbare i toni del confronto per recuperare voti.

I tormenti del M5s

Todde non è un volto storico del Movimento come Chiara Appendino o Virginia Raggi. La tecnica, arruolata nel sottogoverno del Conte II nel 2019, non è stata una militante della prima ora. E comunque potrebbe trovarsi a guidare la regione con una giunta e un consiglio regionale a forte trazione dem.

Il fatto che il Pd abbia di fatto doppiato il M5s è un’ombra che si allunga sui festeggiamenti di Conte. E il risultato rischia di avere conseguenze anche nei gruppi parlamentari, dove la tensione è già molto alta dopo i recenti addii a Roma e Bruxelles.

Insomma, a ben vedere, quello sardo potrebbe essere un nuovo caso Foggia, dove alle comunali il campo largo (e le sue varie appendici, che in Sardegna si articolano in altre otto liste che sostengono Todde) pure aveva trionfato, anche se con percentuali più simili tra Movimento e Pd, salvo poi inciampare quasi subito in dissidi interni.

Le altre trattative

Di fronte a questo risultato, però, Conte non può più rifiutarsi di snobbare il campo largo e limitarsi a cercare distinguo con il partito di Schlein. Inoltre il voto sardo non può che condizionare le trattative future tra i due alleati. Le prime partite da chiudere sono le candidature in Basilicata e Piemonte.

Il quadro generale gioca a favore dell’ex premier. Su tutte le sfide regionali domina la competizione europea che, grazie al sistema proporzionale, permette ai partiti di sganciarsi dagli impegni reciproci e correre per conto proprio. Quello di cui ha bisogno Conte, che non è disposto ad accettare un ruolo di secondo violino all’interno della coalizione di centrosinistra. Per sua fortuna, i temi su cui scartare rispetto al Nazareno non mancano, soprattutto in politica estera.

Schlein, che nelle ultime settimane era riuscita a ribaltare anche la narrazione sulla sua segreteria, che all’inizio sembrava non ingranare soprattutto in termini di comunicazione, esce dalla corsa sarda un po’ più forte.

La dimostrazione che la strada scelta paga, anche solo per “spaventare” Meloni e i suoi. Non è più il tempo della subalternità di cui Schlein era stata accusata da alcune frange del suo partito: il Pd può ambire alla guida della coalizione.

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