«Romanzi». È la parola con cui in molti liquidano le ipotesi che circolano in questi giorni sui media a proposito delle liste del Pd, le quali stanno, al momento, ancora in mente dei, ovvero nella mente della segretaria. O anche «carotaggi».

Ovvero tentativi di tastare il terreno. Oggi pomeriggio al Nazareno si riunirà la segreteria. E se non sarà l’ora della verità, poco ci manca: sarà la prima in cui ufficialmente si parlerà di come si comporranno gli elenchi per le europee. A partire dalla questione delle questioni: se la segretaria si candida o no, e se sì, se capolista o no.

Ormai tutti i dem sono certi della corsa di Elly Schlein, ma se i suoi scommettono che non è arrivato ancora il momento di dirlo, dalla minoranza filtra l’opposto: che è arrivato il momento di quagliare. La dead line è fra il 15 e il 19 aprile. Per quella data la direzione dovrà approvare il pacchetto di nomi senza psicodrammi. Andare oltre non è il caso: il 21 e il 22 c’è il voto in Basilicata, ed è consigliabile non sovrapporre la discussione sulle liste al risultato lucano, su cui peraltro nessuno è ottimista.

I precedenti incontri, come quelli di venerdì scorso, sono stati confronti “bilaterali” fra la segretaria e alcuni dirigenti. Martedì al Nazareno non si partirà subito dalle liste: prima si farà un punto sulla situazione politica generale. Intanto il Pd vuole battere il tasto sulle dimissioni della ministra Daniela Santanchè, anche prima di un suo eventuale rinvio a giudizio.

Debora Serrachiani ha chiesto di fare un focus sulle amministrative: come procedono gli accordi. Ma anche cosa è successo in Basilicata, con l’incredibile spettacolo di due candidati presidenti lanciati e poi bruciati (l’imprenditore Chiorazzo, l’oculista Lacerenza), prima di ripiegare su Piero Marrese e di cacciare dall’alleanza Azione, con la conseguenza nazionale della fine della speranza di avere Carlo Calenda nel campo democratico.

Si parlerà anche del caso Emiliano: cioè dello sproloquio del presidente pugliese sulla magnifica piazza di Bari che sabato scorso si è stretta intorno al sindaco Antonio Decaro, “sporcandone” l’immagine. Nonostante questo, in molti scommettono che Decaro sarà capolista nella circoscrizione Sud.

Per questo le altre ipotesi, viene spiegato, sono «romanzi». La giornalista Lucia Annunziata – che ancora non ha detto sì – potrebbe “trasmigrare” dal Sud al Centro, da capolista.

Tarquinio, troppo pacifista

Anche perché qui è molto difficile – «escluso», secondo più fonti – che il pacifista Marco Tarquinio sia capolista. L’ex direttore di Avvenire è contrario all’invio degli aiuti militari in Ucraina, posizione diversa da quella del Pd, e un cambio di passo del partito su questo tema non è all’ordine del giorno.

Dunque, al di là di quello che filtra nei retroscena, proporlo come una bandiera di partito metterebbe in imbarazzo non solo la minoranza, ma un po’ tutto il gruppo dirigente. Sia chiaro: in maniera bipartisan viene sottolineato che «non ci sono veti alla persona».

Ma basta ascoltare quello che dice Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa e oggi presidente del Copasir: «La nostra linea sull’Ucraina è stata ed è chiara. Cosa vogliamo, aprire una discussione su un punto su cui siamo uniti in campagna elettorale?».

Parole pesate, ma anche pesanti. Quello che vale per Tarquinio potrebbe valere anche per Cecilia Strada, papabile capolista nel Nord ovest. Strada è un’attivista del soccorso ai naufraghi nel Mediterraneo; è stata presidente di Emergency, fondata dal padre Gino.

È pacifista, e se ha sempre sottolineato che «l’esercito russo è il carnefice, la popolazione ucraina la vittima», ha anche spesso ripetuto che «l’invio delle armi in Ucraina non è l’unica opzione». Schlein, però, resta ferma sul «non mancherà mai l’appoggio del Pd all’Ucraina».

Bonaccini irrinunciabile

Il tema è non far diventare le liste l’occasione di un cambio di linea politica senza passare per il congresso. Poi ci sono altre questioni calde. Al Nord est c’è l’ipotesi della tripletta di testa formata, nell’ordine, da Annalisa Corrado, Stefano Bonaccini e Schlein.

Qui c’è una posizione ferma della minoranza che suona più o meno così: ma come è ipotizzabile mettere il presidente del partito in una posizione diversa da capolista? Anche perché chi conosce bene Bonaccini sostiene che il presidente, seconda carica del partito, considererebbe la “retrocessione” come una scarsa considerazione dello sforzo unitario fatto in questo primo anno di segreteria Schlein. Certo, farebbe lo stesso la campagna elettorale, ma senza lui alla testa della lista la raccolta di voti non sarebbe la stessa.

La rottamazione di fatto

Ci sono i dubbi esplosi alla riunione della conferenza delle donne, che temono di essere penalizzate dal combinato esterne-segretaria, e confermati da un passaggio della portavoce, ieri, in un comunicato in cui ha annunciato di voler «raccogliere riflessioni su profili e candidature» ma «nei limiti delle nostre competenze», insomma senza raccogliere il mandato di rappresentare i dubbi espressi alla segretaria.

Infine c’è la ricerca di nomi esterni per dimostrare l’apertura del Pd all’impegno civico: Strada, Annunziata, Tarquinio, sono frutto di questo sforzo della segretaria. D’altro canto, valorizzare solo gli esterni, e le esterne, trasmette l’idea che invece i dirigenti Pd sono meno essenziali. È la contestazione che già veniva fatta a Schlein nel corso della sfida delle primarie, quella di considerare il partito una «bad company».

In questo caso la questione si pone per Pina Picierno e Irene Tinagli, rispettivamente al Sud e nel Nord ovest. Le due donne, entrambe non schierate con Schlein, sono le più alte in grado a Bruxelles: una è vicepresidente del parlamento, l’altra è presidente della Commissione per i problemi economici e monetari. Farle scivolare in basso nelle liste rischierebbe di sembrare una rottamazione di fatto.

Un rischio che Schlein potrebbe aggirare con una testa di lista stretta, in ogni circoscrizione, e poi procedendo in ordine alfabetico. Al centro per esempio, potrebbe così risolvere la difficile scelta su chi valorizzare di più fra due pezzi pregiatissimi, il sindaco di Firenze Dario Nardella (fortemente sostenuto da Areadem) e l’ex segretario Nicola Zingaretti.

© Riproduzione riservata