Il caldo abbraccio della città di Bari al suo sindaco Antonio Decaro, sabato scorso, ha respinto il tentativo da parte della maggioranza di governo di ammaccare il centrosinistra pugliese in piena campagna per le amministrative. Ieri infatti la destra ha provato a prendersi un premio di consolazione, scatenando la bagarre contro il presidente della Puglia Michele Emiliano.

Galeotto fu l’«aneddoto» spiritoso (nelle intenzioni) che ha raccontato dal palco della manifestazione di piazza Ferrarese: la storia di quando portò Decaro a casa della sorella del boss Capriati (che peraltro lo stesso Emiliano, da pm, aveva fatto arrestare) “avvertendola” e dunque investendola della garanzia dell’incolumità dell’allora assessore all’Urbanistica.

Poi Emiliano ha chiarito il senso di quello che voleva dire: «Agii come avrebbe agito un carabiniere di fronte ad un fatto non perfettamente definito che andava stroncato con la autorevolezza della figura del sindaco». Ieri Decaro ha smentito tutta la storia: «Non sono mai andato a casa di nessuna sorella».

Ma la polemica non è chiusa. I giornali di destra parlano di «trattativa Pd-Mafia», i parlamentari di maggioranza convocano il governatore in commissione Antimafia. In realtà la gaffe c’è, ma la polemica serve a coprire l’effetto paradosso di cui è vittima la destra: il possibile scioglimento del comune di Bari ha in realtà catapultato il sindaco sulla scena nazionale.

Un fenomeno che anche nel Pd avrà conseguenze. La segretaria Elly Schlein non ha potuto essere presente alla manifestazione di Bari. C’era in ballo un suo collegamento telefonico, ma alla fine non se n’è fatto nulla. Fatto sta che il segnale della piazza è arrivato dritto ai piani alti del Pd. E se prima di sabato Decaro era un papabile per le liste europee, dopo sabato è un supercandidato. Come potrà il Nazareno non schierare il suo sindaco antimafia come capolista?

Il panino delle liste

In realtà nel file delle candidature dem, al momento Decaro è secondo nella circoscrizione Sud. Si è capito venerdì scorso alla prima riunione di segreteria dedicata alla definizione della prossima squadra per Bruxelles. Riunione finita in maniera «interlocutoria». Traduzione dal politichese: con abbondanti malumori. Prossimo appuntamento, ovvero prossimo match, domani.

Quella sul nome di Decaro è solo una delle questioni controverse. Lo schema a cui lavora Schlein – ormai data per certo in corsa – è il «panino»: una capolista esterna al partito, per dare un segnale di apertura alle battaglie civiche; in mezzo un dirigente “forte” di partito (per legge nelle liste c’è alternanza di genere); e poi la segretaria. In caso di capolista uomo, la segretaria sarebbe seconda in lista. Ma il «panino» non va giù alla minoranza.

Difficile digerire per esempio l’ipotesi che circola per la circoscrizione Centro: capolista Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire, pacifista contrario all’invio di armi in Ucraina, con posizioni distanti da quelle del Pd in generale (e molto distanti da quelle del presidente del Copasir Lorenzo Guerini in particolare). Ma è una candidatura considerata forte: potrebbe raccogliere il voto dei movimenti disarmisti e anche delle divisioni “vaticane”.

Seconda Schlein, terzo il sindaco di Firenze Dario Nardella, che si avvia a fare il pieno dei voti di Areadem. Oppure Nicola Zingaretti. Qui però dovrebbe trovarsi in posizione eleggibile anche Camilla Laureti, eurodeputata vicina alla segretaria (e una delle due di Bruxelles che si è schierata con lei alle primarie, l’altra è Beatrice Covassi).

Lo schema, applicato alla circoscrizione Nord Est, rischia già l’effetto flipper: perde quota l’ipotesi della biologa Antonella Viola capolista, sale quella di Annalisa Corrado, l’ingegnera no-inceneritore, responsabile ambiente Pd. In questo caso il panino è Corrado-Bonaccini-Schlein. Ma se Corrado sale, salgono anche le probabilità di gran rifiuto di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e del partito. Che verrebbe retrocesso a secondo, e a portatore di voti: in queste ore filtra un suo scontento sia sulla schema che sul metodo seguito.

Meno contestata l’ipotesi Nord Ovest: Cecilia Strada, Brando Benifei e ancora Schlein. Pacifica anche quella delle Isole: qui il trio di testa è Schlein, Pietro Bartolo, il medico dei migranti di Lampedusa, già europarlamentare, e Camilla Soru, figlia di Renato, tra le dem più votate alle regionali sarde.

E invece quella del Sud è un’altra ipotesi indigesta per la minoranza: capolista Lucia Annunziata – il cui sì alla corsa non è ancora ufficiale –, secondo appunto Decaro, terza Schlein. Quarto Sandro Ruotolo. Solo quinta Pina Picierno. Che oggi è vicepresidente del parlamento, ed anche una attivissima combattente femminista.

La rosa e le spine

E qui si arriva a un’altra spina: viene dalla Conferenza delle donne del Pd che si è svolta sabato scorso al Nazareno. Era il secondo incontro dopo la proclamazione della nuova portavoce Roberta Mori lo scorso 9 marzo. Mori ha proposto una commissione per presentare alla segretaria una piattaforma di richieste di «merito» sulle europee.

In tante però hanno chiesto di allargare il confronto anche alla composizione liste, per evitare di essere “fregate” come alle scorse politiche: molti interventi hanno spiegato che capolista o no, la presenza della segretaria di fatto favorirà gli uomini: che tenderanno a fare «ticket» con lei per fare il pieno dei voti.

E così, al netto di exploit di voti, si rischia che la futura delegazione bruxellese abbia meno donne delle attuali nove. Alla presenza di genere serve «mettere testa», hanno spiegato in molte. Lo ha dimostrato il voto abruzzese: non c’è nessuna democratica in consiglio regionale.

«La conferenza delle donne è rinata sulla richiesta di una forte discontinuità rispetto al passato. Chiediamo di rompere con il patriarcato, anche quello nel Pd. E non può essere che la prima segretaria, donna e femminista, metta a rischio la presenza delle donne nella prossima delegazione», spiega Enza Bruna Bossio.

C’è anche l’esplosivo tema delle “esterne”: «La prossima legislatura in Europa avrà bisogno di competenze, e le nostre eurodeputate uscenti, da Picierno a Tinagli a Moretti a Gualmini, hanno fatto un gran lavoro: benvenute tutte, ma non si capisce perché le democratiche dovrebbero partire svantaggiate rispetto alle altre che per la prima volta si avvicinano al Pd».

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