Tanta fatica, tante trattative, tanta diplomazia, tutto annientato nel giro di un pomeriggio. Alle regionali in Basilicata e in Piemonte, almeno di clamorose sorprese nelle prossime ore, non ci sarà alcuna riedizione del “campo giusto” che ha vinto in Sardegna e ha spaventato il centrodestra in Abruzzo.

I due casi sono molto diversi, ma portano allo stesso esito: la decisione del Movimento 5 stelle di smarcarsi dal Pd e l’annuncio di voler correre in solitaria. E considerato che alle europee si voterà con il sistema proporzionale, quindi non ha senso pensare ad alleanze, di campo largo si tornerà a parlare, forse, dopo giugno.

Dopotutto tra i dem l’impressione, da tempo, è che Giuseppe Conte utilizzi il Pd come un taxi solo e soltanto quando guida lui, cioè quando ottiene la possibilità di scegliere il candidato presidente. Ma il caso lucano dimostra che neanche dove i grillini hanno scelto il front-man le cose funzionano.

Psicodramma lucano

Ieri pomeriggio il medico Domenico Lacerenza ha ritirato una delle candidature più brevi della storia politica: «Avevo dato la mia disponibilità, ma non posso non registrare le reazioni che ci sono state in seguito. In ogni caso voglio che lo spirito che ha portato alla proposta che ho ricevuto, cioè la ricerca dell’unità dei moderati e progressisti e l’offerta di una coalizione capace di battere il centrodestra in Basilicata, sia preservato, e per questo faccio un passo indietro».

Un auspicio che ha avuto l’effetto opposto. Poco dopo i grillini hanno fatto sapere, non ufficialmente, di essere pronti a correre da soli. Quasi contrappasso dopo il veto che il Movimento aveva pronunciato nei confronti di Azione, che in Basilicata ha il volto di Marcello Pittella. E in serata Conte è andato all’attacco: «Noi siamo stati chiari lineari e compatti, la persona che avevamo trovato (Lacerenza ndr) aveva i requisiti, ma hanno iniziato a impallinarlo, è diventato il gioco di correnti locali».

Grandi ritorni?

Ricomporre i cocci sembra ora più che complicato. L’ex presidente della Consiglio regionale regionale, il dem Piero Lacorazza, ha fatto sapere di essere disposto a candidarsi. Se il M5s dovesse effettivamente andare per conto proprio, i dem potrebbero riabbracciare Pittella. Una soluzione che piace ai riformisti del partito e allontanerebbe le particelle centriste – anche se nel caso di Pittella la collocazione naturale sarebbe comunque nel fronte progressista – dall’orbita di Vito Bardi e quindi di Forza Italia. Anche perché Italia viva, da parte sua, ha già annunciato che sosterrà il candidato della destra.

Una situazione che complica il quadro per Elly Schlein, che ieri era a Firenze per sostenere la candidata sindaca Sara Funaro su cui si allunga il rischio di un ballottaggio con il neocandidato della destra, l’ex direttore degli Uffizi Eike Schmidt (che potrebbe essere sostenuto anche da Matteo Renzi).

Da un lato c’è Carlo Calenda che la invita a «mandare a quel paese Conte per costruire un’alternativa seria», mentre in suo soccorso, per salvare il campo giusto ma non mostrarsi troppo alla mercé del fu avvocato del popolo, interviene il presidente Stefano Bonaccini, che raccomanda di «evitare alleanze strette o solo verso una parte», ma apre alla possibilità di correre insieme ai Cinque stelle alle prossime elezioni in Emilia-Romagna.

L’accelerata piemontese

Certo, gli auspici non sono dei migliori neanche al nord. Anche in Piemonte, dove la strada si annunciava in salita da tempo e il tavolo riunito tra Pd e M5s locali per trovare un accordo su un programma e un candidato comune non era mai uscito dallo stallo in cui l’avevano ingabbiato le vecchie ruggini tra Chiara Appendino e Stefano Lo Russo, la situazione è precipitata.

L’assemblea regionale del Pd ha superato le divisioni e ha annunciato la candidatura dell’assessora al Lavoro di Torino, Gianna Pentenero. La schleiniana Chiara Gribaudo e il riformista Daniele Valle, in campo fino all’ultimo minuto, hanno accettato di fare un passo di lato. La candidata è rispettata e autorevole, ma tutti sono consapevoli che è un nome destinato a schiantarsi contro il presidente uscente Alberto Cirio, appena nominato vicepresidente di Forza Italia che punta sull’effetto Meloni visto che le regionali si terranno in contemporanea alle elezioni europee.

Il problema, però, è anche qui il M5s. Dopo una prima reazione attendista di Conte («adesso valuteremo internamente, ci sentiremo anche con il Pd») il Movimento ha deciso di bocciare Pentenero. «Registriamo questo cambio di passo e di metodo, una decisione che cozza con il dialogo che – seppur tra difficoltà e differenze – era stato intavolato in trasparenza e franchezza in questi mesi per definire gli aspetti programmatici di una proposta politica condivisa e unitaria» hanno scritto i grillini in una nota annunciando la ricerca del proprio candidato presidente.

Tutto finito? Forse mai iniziato, considerato il pessimismo con cui da tempo reagivano entrambe le parti commentando le trattative, bloccate dalla ferma contrarietà alla Tav che ha sempre caratterizzato il Movimento locale e dall’opposizione senza sconti che il Pd a guida Lo Russo ha fatto a palazzo Civico quando c’era Appendino.

Il suo nome era stato fatto senza troppe aspettative anche come possibile candidata, ma alla fine i grillini non hanno mai presentato nomi accettabili per il Pd. E non era certo un caso.

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