La situazione rimane tesa in casa Lega. Dopo il vertice coi dirigenti, è stato il momento per il leader Matteo Salvini di incontrare i suoi parlamentari. Obiettivo: misurare davvero il clima tra i gruppi, anche in vista di un possibile strappo al governo. La data, nel caso, è già fissata e si ripete da settimane: 18 settembre, pratone di Pontida, appena prima di cominciare a discutere una legge di Bilancio che si preannuncia complicatissima.

Di qui a settembre, però, mancano ancora molte settimane e i ranghi del partito sembrano sempre più divisi i fazioni. Dall’incontro con i parlamentari, tuttavia, è emersa la battaglia che potrebbe compattare tutti: il no alla legge sulla legalizzazione della cannabis, che stanno portando avanti per via parlamentare il Pd e il Movimento Cinque stelle e che dovrebbe rendere legale la coltivazione domestica di quattro piantine ed elimina la punibilità per i fatti di lieve entità e per il possesso di quantità modiche di sostanza. «Mani libere e barricate i Aula», fanno filtrare i parlamentari a margine dell’incontro con il leader, compatti sulla linea della «tolleranza zero» sul tema della droga.

Barricate in aula

Il dossier potrebbe arrivare alla Camera all’inizio della prossima settimana e potrebbe essere lo strumento giusto per Salvini per riprendere spazio, anche a livello comunicativo. Quello sulla cannabis sembra essere la questione perfetta, quasi un regalo che sta arrivando dal centrosinistra alla Lega in difficoltà: non essendo nel programma della maggioranza di governo ma trattandosi di una iniziativa parlamentare, i toni potranno essere alzati senza che l’esecutivo possa mettere bocca. Tradotto: si potrà andare allo scontro politico in parlamento, marcando le proprie differenze anche in ottica elettorale, senza che Mario Draghi si senta coinvolto o messo in discussione nel suo agire di governo.

Infatti in questa direzione è andato il ragionamento politico di Salvini, che hai suoi parlamentari ha spiegato che la Lega non rinuncia alla «responsabilità» ma nemmeno ai suoi principi in materia di controllo dei confini, fisco e anche droga.

L’interrogativo è: fino a quando si potrà tirare la corda con il governo? La risposta che Salvini si sarebbe dato e avrebbe esteso anche al gruppo dei parlamentari è che spazio di manovra ci sarebbe, lamentando i «due pesi e due misure» utilizzati da Draghi, con atteggiamenti di favore nei confronti dei rissosi Cinque stelle molto più che nei confronti del centrodestra.

«Abbiamo condiviso il fatto che dobbiamo tornare a farci sentire sui nostri temi e smetterla di subire per il bene di questa maggioranza. Ne va delle prossime elezioni politiche», spiega un senatore che era alla riunione. L’insofferenza nei gruppi parlamentari è sempre maggiore: il calo di consensi della Lega e i tanti – troppi secondo alcuni – bocconi amari ingoiati al governo portano più d’uno a guardare con sollievo all’ipotesi di un addio al governo proprio nel giorno simbolico di Pontida. «Responsabili sì, ma fessi no», è la sintesi colorita del capogruppo in Senato, Massimiliano Romeo.

La tentazione di strappo

Certo, ogni decisione spetta a Salvini, il quale ha ben chiaro che il suo partito non è fatto solo di parlamentari: i ministri del governo come anche il gruppo dei governatori del nord remano contro qualsiasi soluzione drastica che mini la fragile stabilità economica. Tuttavia, anche l’ala governista sarebbe stata colpita dall’esito delle ammministrative, perdendo un po’ della sua incrollabile fiducia nei confronti dell’esecutivo.

Tuttavia, per ora, la linea rimane una sorta di soluzione intermedia, in attesa di capire le prossime mosse di Draghi, soprattutto nei confronti del Movimento 5 Stelle.

L’incognita sulla stabilità del governo, infatti, viene dal fronte di Giuseppe Conte e la Lega tiene gli occhi puntati sul vertice di oggi: se il premier facesse troppe concessioni al leader grillino, si confermerebbe la tesi dei due pesi e due misure e lo strappo sarebbe ancora più probabile. Una mossa del genere, però, andrebbe comunque preparata per evitare l’incubo di un nuovo Paapete. Già da dopo le amministrative, infatti, Salvini ha scelto una gestione più concertativa del partito: più riunioni e maggior dialogo, anche per evitare di essere l’unico a portare il peso politico di questa fase di magri consensi.

Per ora, dunque, la Lega si limiterà allo scontro parlamentare sulle misure definite «di bandiera della sinistra», chiedendo anche a Draghi di bloccare queste mosse «provocatorie» ma rimanendo responsabili sui provvedimenti del governo, a cui pure va ribadita l’agenda leghista: flat tax, protezione dei confini e autonomia.

Una strategia, questa, che offre un po’ di respiro: intestandosi la battaglia per il no alla legalizzazione della cannabis, Salvini spera di aver trovato un tema polarizzante per l’elettorato e molto identitario per il centrodestra, che possa permettergli di cominciare a recuperare il consenso perduto in questi mesi e travasato a Fratelli d’Italia. E di farlo addirittura con l’assist del centrosinistra, tenendo fuori dallo scontro l’esecutivo.

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