- Le inchieste su Meloni che stiamo leggendo in questi giorni su Domani e altri giornali mostrano con evidenza l’importanza della trasparenza in democrazia.
- Nei regimi democratici i politici eletti derivano il loro potere dagli elettori, a cui devono rispondere.
- L’accountability, cioè il fatto che i politici rispondano agli elettori dell’uso che fanno del proprio potere, rende legittima la coercizione che da tale potere deriva sotto forma di leggi costrittive.
Le inchieste su Meloni che stiamo leggendo in questi giorni su Domani e altri giornali mostrano con evidenza l’importanza della trasparenza in democrazia. Nei regimi democratici i politici eletti derivano il loro potere dagli elettori, a cui devono rispondere. L’accountability, cioè il fatto che i politici rispondano agli elettori dell’uso che fanno del proprio potere, rende legittima la coercizione che da tale potere deriva sotto forma di leggi costrittive. L’esercizio del potere che non risponda pubblicamente di sé, cioè che non chiarisca ragioni e presupposti della legislazione e dell’azione politica, è tirannia, non potere politico legittimo.
Ma nei regimi di democrazia rappresentativa e senza vincolo di mandato, come è il nostro, i politici non devono seguire in maniera pedissequa orientamenti o indirizzi degli elettori, bensì devono interpretare in maniera generale piattaforme politiche ampie e agire per l’interesse comune. Anche per questa ragione, una volta eletto un politico rappresenta potenzialmente tutti gli elettori, perché agisce per realizzare una interpretazione possibile dell’interesse generale.
Queste caratteristiche della democrazia rappresentativa sono necessarie giacché sarebbe impossibile e inefficiente consultare i cittadini su qualsiasi dettaglio e su materie tecnicamente complesse. Lo strumento del referendum si deve limitare a questioni di importanza fondamentale, come per esempio le riforme costituzionali o le grandi scelte di politica economica.
La trasparenza
La trasparenza dei politici è essenziale perché questo meccanismo funzioni. I politici devono essere affidabili, perché, al di là della loro aderenza a visioni generali (quelle espresse dai partiti e dagli schieramenti in cui militano), gli elettori li scelgono anche e soprattutto in quanto individui dotati di integrità e degni di fiducia. Generalmente si critica la cosiddetta personalizzazione della politica.
Ma le istituzioni della democrazia rappresentativa richiedono una certa personalizzazione. Gli elettori, una volta scelto uno schieramento ideale, scelgono specifici candidati (quando possono farlo) o liste di candidati anche in base alla loro percezione di affidabilità e coerenza delle persone che chiedono il loro voto.
Questi aspetti sottili e impalpabili, come la fiducia che il politico dovrebbe ispirare e che è stata il patrimonio di certe figure della nostra storia politica, sono elementi inevitabili se si vuole evitare una forma di governo in cui i politici agiscano come meri rappresentanti di interessi specifici o come puri tecnocrati.
La fiducia
Ma ci si può fidare di una persona che mente o omette particolari rilevanti? Si dirà: se il politico omette elementi irrilevanti, o relativi solo al privato, la cosa non conta, e non deve contare. Non si può chiedere ai politici di essere totalmente nudi di fronte all’opinione pubblica, anche loro sono esseri umani, e la loro privacy va tutelata come quella dei privati cittadini.
E ancora: ci sono cose che devono rimanere segrete, anche per l’interesse dello atato, e politici totalmente trasparenti non sono opportuni né utili.
Una privacy diversa
Alla prima obiezione si può rispondere notando che il diritto alla privacy del politico non può essere lo stesso del privato cittadino, proprio per le ragioni che ho presentato prima. Il suo ruolo è troppo delicato per permetterlo. E d’altra parte non si è obbligati a candidarsi.
Chi lo fa e chi si assume certe responsabilità è consapevole, o deve esserlo, dei vincoli e delle limitazioni della carica. Voler avere un potere così grande e comportarsi come se non lo si avesse è un’altra forma di arbitrio tirannico. Il politico deve rinunciare a una parte del suo diritto alla privacy.
Alla seconda critica si risponde osservando che i segreti di stato sono temporanei e vincolati all’interesse pubblico. Le omissioni di Meloni, se non fossero state scoperte, sarebbero rimaste sepolte per sempre e sicuramente non servono a tutelare l’interesse pubblico. Una cosa sono segreti militari o simili, altra cosa è il tentativo, piuttosto maldestro, di nascondere la propria storia familiare.
Peraltro, c’è un aspetto marginale di questa storia da sottolineare. Molti sono stati concordi nell’ammirazione per la decisione, di Meloni, di interrompere i rapporti con il padre, decisione ora rivelatasi piuttosto ambigua. Ma chissà se una maggiore misericordia nei confronti del padre (una misericordia, non la complicità che sta venendo fuori), una saggezza più ampia sulle vicende delle persone, non avrebbe rivelato, in chi si candidava al governo del paese, una tempra morale maggiore di chi cerca di mostrare una faccia pubblica così dura con omissioni così maldestre.
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