- Un gruppo di associazioni ha dichiarato guerra al ddl approvato in giugno dal governo che contiene una serie di nuove norme sulla sicurezza stradale. «Manca ogni riferimento all’abbassamento dei limiti di velocità nei centri urbani».
- A rischio le Ztl: dal prossimo autunno per i sindaci sarà più difficile creare delle zone a traffico limitato nei propri comuni. «Bisogna tutelare libertà di circolazione e lavoro» sostiene il ministro.
- Il provvedimento strizza l’occhio agli automobilisti: se la prende con gli autovelox, impone limitazioni alla realizzazione di piste ciclabili e introduce l’obbligo di casco, assicurazione e targa per i monopattini elettrici.
Dal prossimo autunno per i sindaci italiani sarà più difficile creare delle zone a traffico limitato (Ztl) nelle proprie città. Ne è convinto un gruppo di associazioni ambientaliste e di sostenitori delle mobilità dolce che criticano ferocemente le nuove norme sulla sicurezza stradale volute dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.
«Sono misure raccapriccianti che solleticano la pancia degli elettori» è il commento di Alessandro Tursi, presidente della Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab), che rincara: «Lanciano un messaggio irrazionale e anacronistico».
Nel mirino della Fiab e delle altre associazioni che aderiscono alla Piattaforma #Città30subito (Legambiente, Asvis, Kyoto Club, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, Amodo, Clean Cities Campaign) c’è il disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri il 27 giugno.
Composto da 18 articoli e destinato a essere approvato dal parlamento, se tutto va bene, dopo l’estate, il provvedimento inasprisce le sanzioni per chi guida sotto gli effetti di alcol e droga o senza patente. O ancora se utilizza il cellulare mentre è al volante.
Picchia duro, prevedendo la sospensione della patente, su chi commette infrazioni gravi come andare contromano o non usare il seggiolino per i bambini. Favorisce l’educazione stradale per i ragazzi. Ma accanto a queste e altre misure condivisibili, anche se spesso poco efficaci data la mancanza di controlli, ce ne sono altre giudicate estremamente negative.
All’articolo 15, per esempio, si legge che i sindaci possono «limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli nei casi in cui risulti necessario, congiuntamente, nel rispetto dei criteri di proporzionalità e adeguatezza, ridurre le emissioni derivanti dal traffico veicolare in relazione ai livelli delle sostanze inquinanti nell'aria nonché tutelare il patrimonio culturale, tenuto conto, comunque, delle esigenze di mobilità e della tutela della produzione».
Le parole chiave sono «congiuntamente» e «produzione», come spiega Tursi, perché se il ddl verrà approvato dovranno sussistere contestualmente (e non più alternativamente come ora) esigenze sia di prevenzione dell’inquinamento sia di tutela del patrimonio storico.
Inoltre andranno considerate esigenze di mobilità ed economiche. Nelle slide mostrate dopo il Consiglio dei ministri la novità era riassunta con questi slogan: «Zona a traffico limitato di buon senso. Stop a eccessive limitazione dannose e poco chiare. Ai sindaci il compito di proporre soluzione equilibrate che tutelino ambiente, libertà di circolazione e lavoro». Tradotto: pensate ai danè e agli automobilisti, non solo alla salute dei cittadini.
Un ministero autocentrico
Frutto di un ministero che, secondo Tursi, è vittima di una cultura «autocentrica», il ddl strizza l’occhio agli automobilisti: se la prende con gli autovelox («via gli impianti mangiasoldi, meno burocrazia, utilizzo solo di strumenti certificati tutelando i cittadini da multe pazze»), impone limitazioni alla realizzazione di piste ciclabili e introduce l’obbligo di casco, assicurazione e targa per i monopattini elettrici.
Tutti provvedimenti che la Piattaforma #Città30subito considera sbagliati e dannosi. Anche la norma che prevede la distanza di un metro e mezzo per il sorpasso delle bici da parte delle automobili non viene accolta favorevolmente perché l’obbligo è previsto solo «ove le condizioni della strada lo consentano», rendendolo di fatto inapplicabile.
Ma soprattutto viene criticato un articolo che non c’è: «Nel ddl è completamente assente la moderazione della velocità» sottolinea Tursi. «La velocità è la prima causa di incidenti gravi nelle città, dove avvengono oltre il 70 per cento di tutti i sinistri stradali. E rendendo più difficile l’installazione degli autovelox la situazione peggiora ulteriormente. Invece la soluzione è introdurre il limite di 30 chilometri orari nei centri urbani».
Una soluzione adottata già da molte città europee (l’ultima è Bologna) e che Milano vorrebbe sperimentare entro l’anno. Decisione del sindaco Beppe Sala che è stata commentata da Salvini con questo tweet sarcastico: «Ricordo al sindaco e al Pd che a Milano la gente vorrebbe anche lavorare».
Invece, secondo la Piattaforma #Città30subito, per tutelare efficacemente la sicurezza delle persone, a partire dalle categorie più deboli come pedoni e ciclisti, occorre ridurre per legge la velocità massima sulle strade urbane.
«Salvini parla alla pancia dei cittadini, ha una posizione anacronistica, ci appelliamo a Giorgia Meloni e la invitiamo a leggere il provvedimento e a modificarlo» afferma il presidente della Fiab. «In questo ddl c’è solo l’aumento delle sanzioni e zero prevenzione».
© Riproduzione riservata