Il presidente del Senato Ignazio La Russa continua a riscrivere la storia di fascismo e antifascismo collezionando una gaffe dopo l’altra. Questa volta è toccato all’attentato di via Rasella, il più noto episodio della resistenza di Roma all'occupazione tedesca durante la seconda Guerra mondiale.

Dopo il messaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha detto che i nazisti uccisero per rappresaglia i partigiani non in quanto tali ma «perché italiani», il presidente del Senato torna alla carica con una nuova versione dei fatti rilasciata in un podcast del quotidiano Libero: «L’attentato di via Rasella (seguito dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, ndr) non è stato una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana: hanno ammazzato una banda musicale di semi pensionati altoatesini, non si capiva bene se tedeschi o italiani, sapendo il rischio di rappresaglia» al quale esponevano i cittadini. Antifascisti, detenuti politici, e non solo, elenca La Russa: «Pure fascisti, statisticamente ce ne sarà stato qualcuno», e per concludere, «se li devi racchiudere tutti dici “italiani”». Per l’Anpi, l’associazione partigiana, sono «parole indegne per l’alta carica che ricopre».

I fatti

La storia di per sé parla chiaro. Il 23 marzo 1944, in via Rasella, un attacco dei Gruppi di Azione Patriottica ha provocato la morte di 32 militi delle SS. La «banda musicale» di cui parla La Russa, era il terzo battaglione del Polizeiregiment che sfilava armato fino ai denti. Come ricorda l’Anpi, stava completando l'addestramento per andare poi a combattere gli Alleati e i partigiani, come effettivamente avvenne. Gli altri due battaglioni del Polizeiregiment erano da tempo impegnati in Istria e in Veneto contro i partigiani.

Per rappresaglia a questo episodio che attesta l’attività di sabotaggio e logoramento psicologico condotta dalle forze della Resistenza, il comando tedesco ha ordinato la fucilazione di dieci italiani per ogni tedesco ucciso.

Così il 24 marzo 335 detenuti, tra politici, ebrei o semplici sospetti, prelevati dalle carceri di Regina Coeli e di Via Tasso, sono stati condotti sulla via Ardeatina, dove, tra le catacombe di Domitilla e di San Callisto, si trova un’antica cava di arenaria. Qui i detenuti sono stati trucidati con un colpo alla nuca.

Terminato il massacro, le SS. hanno fatto saltare con la dinamite le volte della galleria, seppellendo i cadaveri e ostruendo gli accessi alla cava. Solo dopo la liberazione di Roma, è stato possibile esumare le salme dei caduti ed accertarne l'identità.

Tra essi, ricorda l’enciclopedia Treccani, sono stati identificati 73 ebrei e diverse figure di patrioti: tra questi il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, Pilo Albertelli, e un sacerdote, don Pietro Pappagallo.

Nei giorni della liberazione per le vie di Roma è stato affisso un manifesto che conteneva queste parole: «Presso le tombe dei Martiri cristiani altre tombe si sono aperte per i Martiri della Patria. Questi e quelli morirono per la libertà e la dignità dello spirito contro la pagana tirannia della forza brutale».

La replica dell’Anpi

Niente di strano che il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliariulo abbia replicato subito che le parole del presidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa «sono semplicemente indegne per l'alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza».

L'attacco di via Rasella «pubblicamente elogiato dai comandi angloamericani, fu la più importante azione di guerra realizzata in una capitale europea», ribatte. «Dopo la presidente del Consiglio, anche il presidente del Senato fa finta di ignorare che non furono i soli nazisti a organizzare il massacro delle Fosse Ardeatine, perché ebbero il fondamentale supporto di autorità fasciste italiane».

A lui ha fatto eco la segretaria del Pd Elly Schlein: «Parole indecenti, inaccettabili per il ruolo che ricopre». Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, è intervenuta: «Non erano musicisti» e «viva i partigiani».

I precedenti

La Russa già pochi giorni prima di essere eletto seconda carica dello stato, aveva attraversato i social con il suo video del 2018 in cui metteva in mostra con orgoglio il busto di Mussolini regalato dal padre e altri cimeli fascisti nel suo appartamento di Milano. A più riprese ha mostrato tutto il suo imbarazzo per il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, arrivando a chiedere di non essere più interrogato in proposito.

Il giorno della celebrazione della nascita del Movimento sociale italiano, nato dalle ceneri del partito fascista, si è lasciato andare ai post celebrativi. In passato, come raccontato su queste pagine, ha difeso politici a processo per apologia del fascismo, e nel farlo attenuato anche l'appartenenza al fascismo del generale Rodolfo Graziani, il macellaio dell’Etiopia.

Infine durante l’intervista su Rai 2, Belve, di qualche settimana fa, ha ammesso con commozione che avrebbe riportato in vita  Sergio Ramelli, studente neofascista del Fronte della gioventù ucciso a sprangate da un gruppo di Avanguardia Operaia negli anni ‘70. Tutti i 29 aprile Ramelli viene ricordato da centinaia di militanti di estrema destra, da CasaPound a Lealtà Azione e Forza Nuova.

Sul fascismo, il periodo della storia più traumatico per l’Italia, La Russa vorrebbe cominciare a scherzare: «Ci devo stare più attento purtroppo o per fortuna. Sarebbe bello poter fare le battute. Il politically correct lo odio. Non è vero che non si possa...», ha detto in Tv. Sulla Resistenza invece continua a dichiarare cose al limite del ridicolo, ma in questo caso non scherza. Adesso è arrivata la nota di La Russa che ribadisce: «Confermo parola per parola la mia condanna durissima dell’eccidio delle Fosse Ardeatine che solo pochi giorni fa ho definito “una delle pagine più brutali della nostra storia”. Confermo, altresì, che a innescare l’odiosa rappresaglia nazista fu l’uccisione di una banda di altoatesini nazisti e sottolineo che tale azione non è stata da me definita “ingloriosa” bensì “tra le meno gloriose della resistenza”».

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