Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha chiesto al governo di respingere «ogni tentativo di imporre ad Israele in maniera unilaterale uno stato palestinese». Il governo, con l’appoggio dei centristi, ha approvato la richiesta del premier. Il primo ministro, precisa un comunicato, ha sottoposto al voto dei ministri una dichiarazione in cui ribadisce l’opposizione di Israele ad ogni «diktat internazionale».

Dopo aver ribadito che un accordo con i palestinesi deve scaturire da trattative bilaterali, Netanyahu ha affermato che «un riconoscimento unilaterale dello stato palestinese, dopo il massacro del 7 ottobre, elargirebbe un premio enorme al terrorismo… ed impedirebbe qualsiasi accordo di pace in futuro». In sostanza respingendo le proposte del presidente americano Joe Biden, il governo Netanyahu ha rifiutato lo stato palestinese come «ricompensa per il terrorismo».

Il ministro Sa’ar, secondo il Times of Israel, ha paragonato la proposta arabo-americana di costituzione di uno stato palestinese all’accordo con i nazisti nel 1938 con cui la Cecoslovacchia, su pressioni internazionali di Francia, Gran Bretagna, cedeva alla Germania la regione dei Sudeti.

Intanto sono proseguiti gli attacchi israeliani in tutta Gaza che hanno ucciso almeno 18 persone durante la notte e fino a domenica, secondo medici e testimoni, mentre gli Stati Uniti hanno affermato che porranno il veto a un altro progetto di risoluzione delle Nazioni unite sul cessate il fuoco a Gaza.

Washington ha minacciato di bloccare ancora una volta una bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che chiede un «immediato cessate il fuoco umanitario» a Gaza, su cui l’Algeria ha chiesto di votare martedì. Dopo settimane di colloqui, l’Algeria aveva lanciato l’iniziativa dopo la decisione della Corte Internazionale di Giustizia di fine gennaio che invitava Israele a prevenire ogni possibile atto di «genocidio» a Gaza.

Netanyahu contro Lula

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha replicato duramente alle affermazioni del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che ha accusato lo stato ebraico di «genocidio» a Gaza e ha comparato la sua offensiva bellica allo sterminio nazista. Secondo Netanyahu, Lula «ha oltrepassato una linea rossa.

Le parole del presidente del Brasile sono vergognose e allarmanti«. Il premier israeliano in un comunicato ha accusato Lula di «banalizzare l’Olocausto e di cercare di ferire il popolo ebraico e il diritto di Israele a difendere sé stesso. Comparare Israele all’Olocausto nazista e a Hitler è superare una linea rossa». «Israele combatte per la propria difesa e per assicurarsi il proprio futuro fino alla completa vittoria e lo fa rispettando il diritto internazionale».

Anche il Qatar è pessimista

Nemmeno il Qatar, mediatore sin dall’inizio del conflitto nella Striscia di Gaza, crede più nei negoziati. L’emirato ha riconosciuto che una tregua nella guerra tra Israele e Hamas non sembra essere «molto promettente», dopo il rifiuto da parte di Israele alle richieste di rinunciare all’attacco di terra a Rafah e dopo che Hamas ha chiesto di non vincolare il negoziato al rilascio degli ostaggi.

Netanyahu ha affermato che i paesi che chiedono a Israele di non attaccare la città, gli stanno dicendo di “perdere la guerra”. Gli sforzi per una tregua si sono intensificati questa settimana, quando Qatar, Egitto e Stati Uniti hanno cercato di raggiungere un cessate il fuoco prima dell’ingresso delle forze israeliane a Rafah.

L’allarme dell’Oms

«L’ospedale Nasser di Gaza non è più funzionante, dopo un assedio durato una settimana seguito dal raid in corso». Lo ha detto il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Secondo Ghebreyesus, «il costo dei ritardi» nell’accesso alle cure «sarà pagato dalla vita dei pazienti».

L’amministrazione Biden intanto starebbe cercando di assicurare sostegno finanziario all’Autorità palestinese di Abu Mazen e di aggirare per questo le norme che impediscono il contributo diretto all’Autorità della Cisgiordania. Lo riporta il Wall Street Journal che cita allarmi lanciati da Ramallah e con la considerazione che potrebbero essere a rischio le speranze degli Stati Uniti sul governo a Gaza dopo la fine del conflitto tra Israele e Hamas, che nel 2007 prese il controllo dell’enclave palestinese.

Funzionari palestinesi, evidenzia il giornale americano, hanno avvertito che già a fine febbraio potrebbero rischiare di rimanere senza fondi per il pagamento di stipendi e la fornitura di servizi.

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