L’Italia è uscita ufficialmente dalla nuova via della Seta, dopo mesi di negoziati riservati e annunci pubblici, che avevano già chiarito che questa sarebbe stata la direzione verso cui il governo voleva andare. Lo rivela il Corriere della Sera, secondo cui l’Italia avrebbe prodotto una nota verbale e l’avrebbe corredata da promesse di amicizia strategica con la Cina.

L’intenzione è dunque di mantenere il rapporto economico – che l’Italia ha ovviamente tutto l’interesse a conservare – facendo però una precisa scelta geopolitica filoatlantica, in coerenza con la politica del governo Meloni. Al momento palazzo Chigi ha deciso di non commentare l’indiscrezione, mentre Tajani ha confermato un incontro fra i due governi l’anno prossimo a Verona.

Era stato il governo Conte I a firmare, il 23 marzo 2019, il memorandum con la Cina che avrebbe dovuto prevedere finanziamenti, infrastrutture e indotto per un valore di 20 miliardi di euro. In realtà, finora di quei progetti non sono stati realizzati e non solo per via della pandemia. Nel frattempo sono cambiati i governi e gli Stati Uniti hanno fatto sempre più pressione perché l’Italia uscisse dall’accordo, essendo per altro l’unico paese del G7 che vi aveva aderito.

La questione economica

In uno degli ultimi incontri pubblici con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, l’omologo cinese Wang Yi aveva ricordato che l’adesione al memorandum in realtà qualche frutto lo ha portato: «Negli ultimi cinque anni le esportazioni dell’Italia verso la Cina sono aumentate di circa il 30 per cento».

Ed è proprio questo il punto che ha spinto il governo a procedere con molta cautela negli ultimi mesi, per arrivare infine a questo punto senza troppo indispettire il colosso cinese. Tajani ha però confermato che la via della Seta non è più una priorità del governo e che non ha prodotto «gli effetti sperati». Ma l’anno prossimo ci sarà comunque «una riunione intergovernativa Italia-Cina per affrontare tutti i temi del commercio internazionale».

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