È un’area grigia nel cuore del Mediterraneo, una zona d’ombra dove la parola “sovranità” è soprattutto business. Produttori di armi e munizioni, mediatori specializzati in sicurezza e fornitura di contractors, navi cariche di fucili automatici che funzionano come vere e proprie Santa barbara fluttuanti. In questa terra di mezzo dove si incontrano trafficanti e governi, i migranti sono prima di tutto un lucroso affare.

Il progetto ultratecnologico, sponsorizzato dall’Agenzia spaziale europea, l’Esa, Rapsody, è una porta d’ingresso inaspettata in questo mondo. Acronimo di Remote Airborne Platform with Satellite Oversight Dependency, prevede la realizzazione di un sistema di droni di ultima generazione, pensato per l’Agenzia europea della sicurezza in mare – Emsa – il braccio operativo nel Mediterraneo della Commissione europea.

I mezzi aerei utilizzati avranno potenti obiettivi in grado di filmare e fotografare le acque, immagini da utilizzare per le operazioni di Search and Rescue, ricerca e salvataggio; un’attività che nelle acque tra Italia, Spagna, Grecia e Libia vuol dire cercare di salvare la vita a migliaia di migranti stipati in fragili gommoni. Oppure – secondo la filosofia Frontex – affidarli alla Guardia costiera libica, per rimandarli nelle prigioni di Tripoli.

Il progetto ha come principale appaltatore la società portoghese Tekever, specializzata in droni. È affiancata dalla Dsi, spin-off dell’università di Brema, che si occupa di elettronica. Accanto a queste aziende c’è l’inglese Sovereign Global Uk. Nulla a che fare con la tecnologia: è un pezzo di una holding creata nel 2013, che opera tra Gran Bretagna, Gibuti, Africa occidentale, Emirati Arabi e Malta. Ha una specializzazione ben nota nel settore: sicurezza privata, contractor e fornitura di armi.

Fino a qualche anno fa gestiva una piccola flotta, con navi trasformate in arsenali, veri e propri depositi di fucili automatici a disposizione delle scorte armate dei convogli nel Golfo di Aden. Fondatori e dirigenti sono due francesi, Bruno Pardigon e Jerome Paolini. Imprenditori che, attraverso una complessa rete societaria maltese e inglese, riportano a uno dei più importanti rivenditori di armamenti in Europa, James Fenech, uomo d’affari arrestato lo scorso anno per aver violato l’embargo sul commercio armi con la Libia.

La Sovereign Global non è però un nome nuovo nel complesso scenario delle migrazioni. Fino al marzo del 2017 era proprietaria della nave Suunta, vascello che dopo un rapido passaggio di proprietà e il cambio di nome – oggi si chiama C Star – è stato affittato all’organizzazione neofascista e razzista Génération Identitaire. Dopo la partenza da Gibuti, la nave venne utilizzata dai militanti di estrema destra per una lunga campagna anti ong nel Mediterraneo centrale.

A bordo c’erano una decina di dirigenti italiani, francesi, austriaci e tedeschi di Génération Identitaire. Dalla radio di bordo contattavano le imbarcazioni di salvataggio, intimando l’allontanamento dall’area dei naufragi dei migranti. Per il ministero dell’Interno francese, che lo scorso marzo ha sciolto l’organizzazione neofascista, si trattava di una milizia paramilitare.

Il silenzio dell’Esa

Le informazioni disponibili sul sistema di droni dell’Esa Rapsody sono scarne. Sulla pagina del progetto nel sito dell’agenzia spaziale europea c’è l’elenco delle aziende coinvolte, qualche cenno all’utilizzo (operazioni di sicurezza marittima, anti inquinamento e Search and Rescue) e poco più.

Nessun dato è disponibile sulla gara per la selezione dei contractor e sull’importo finanziato. Una presentazione del 30 novembre scorso pubblicata sul sito Esa fornisce qualche dato tecnico: i droni utilizzati sono dotato di diversi sensori, telecamere ad alta risoluzione, illuminatori laser, radar marittimo, sensori Ais per tracciare la posizione delle navi.

L’agenzia spaziale non ha voluto rispondere alla richiesta di maggiori informazioni sulla scelta dei partner e dei contractor: «È stagione di vacanze all’Esa, le persone di cui avete bisogno sono tutte fuori ufficio», è stata la risposta dell’ufficio stampa all’email inviata da Domani.

Il ritorno di Blackwater

Nel cuore del villaggio maltese di Mellieha, poco più di settemila abitanti, c’è l’armeria Fieldsports. Vista da fuori è una piccola vetrina, a due passi dalla chiesa principale; se chiedi in giro – racconta il giornale maltese The Shift – gli abitanti descrivono il negozio come un semplice ritrovo di cacciatori locali. È apparenza. Da qui parte l’impero di James Fenech, uomo d’affari ritenuto oggi uno dei principali commercianti d’armamenti, anche da guerra, d’Europa.

Vende a tutti, anche alla Commissione europea: la Fieldsports risulta essere stata nel 2017 fornitrice di armi e munizioni della missione dell’Unione europea Eucap Sahel, creata sei anni fa per affrontare la crisi della zona nord del Mali, uno dei nodi strategici chiave all’origine dei flussi migratori.

Fenech per più di un anno è stato socio e condirettore di Pardigon in una società inglese specializzata in materiale bellico, il fondatore della Sovereign Global, la società fornitrice dell’Esa. E i due hanno in comune anche solidi legami con il colosso dei contractor Blackwater.

Gruppo statunitense divenuto famoso per le pesanti ombre sul suo operato in Iraq, era stato fondato da Erik Prince, uomo d’affari da sempre legato al mondo dei contractor. Fenech utilizza il nome e il logo della Blackwater per produrre – attraverso la controllata Pbm limited – munizioni di alta precisione. La fabbrica non è poi così lontana: da due anni opera a Poggibonsi, in provincia di Siena, diretta dal socio italiano di Fenech Nicola Bandini, altro noto commerciante di armi.

James Fenech oggi è sotto inchiesta a Malta con l’accusa di aver dato supporto logistico ad un gruppo di mercenari contrattati da due società di Dubai, riconducibili – secondo Bloomberg – a un ex affiliato della Blackwater statunitense.

Chi ha avuto stretti rapporti con il mondo Blackwater è proprio Pardigon. Secondo un cable divulgato da Wikileaks, il fondatore del gruppo Sovereign nel 2013 ha aiutato la società di mercenari americani a installarsi a Gibuti.

Erik Prince, il fondatore di Blackwater, il 3 gennaio del 2017 aveva firmato un lungo articolo sul Financial Times proponendo all’Unione europa di affidare alle società di contractor la gestione della crisi migratoria. Il mondo della sicurezza privata in realtà era già attiva da tempo nella difesa delle frontiere, soprattutto in mare. Nei bilanci della Sovereign Global Pardigon e Paolini già nel 2014 scrivevano a chiare lettere che il futuro, per il loro business, andava in quella direzione.

Dopo il crollo degli affari legati alle scorte anti pirateria, il gruppo è riuscito a ottenere un prezioso contratto di supporto alla Guardia costiera nigeriana. Mettendo un piede dentro il progetto di vigilanza spaziale di Esa sul Mediterraneo, il fronte libico non è poi così lontano.

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