Le parole del presidente russo Vladimir Putin sulla possibile presenza in Ucraina di “complici” degli attentatori del centro commerciale di Mosca ha fatto temere una rapida rappresaglia sul paese invaso. Un pensiero tornato alla mente di molti ieri mattina, quando nel cielo della capitale Kiev sono rimbombate quattro esplosioni in rapidissima sequenza, pochi istanti dopo che le sirene aeree avevano iniziato a suonare. L’aviazione ucraina dice che la città è stata bersaglio di due missili ipersonici russi “Zircon” e che entrambi sono stati intercettati – per i missili Patriot della contraerea ucraina si tratterebbe del primo successo contro un missile ipersonico. Ma nonostante l’intercettazione, i detriti sono precipitati sull’’Accademia ucraina di arti applicate, distruggendo mezzo edificio. Sei persone sono state ferite nell’attacco.

Dubbi sulla rappresaglia

Ma davvero il bombardamento di Kiev era una risposta di Putin ai sospetti sull’Ucraina che lui stesso aveva fatto sabato scorso? Se proprio va trovato un collegamento con gli eventi degli ultimi giorni, sembra più probabile che si tratti di una rappresaglia per i continui attacchi ucraini alle raffinerie e alle centrali energetiche russe lanciati dagli ucraini. Nonostante la richiesta a Washington di limitare gli attacchi in Russia rivelata negli ultimi giorni dalla stampa internazionale, infatti, gli ucraini hanno ormai raffinato la loro tecnica di bombardamento con droni a lungo raggio: proprio ieri Reuters ha calcolato che gli ucraini hanno danneggiato il 7 per cento dell’intera capacità di raffinazione russa e, soltanto nelle ultime 24 ore, hanno colpito due centrali termiche in territorio russo. Un’altra possibilità non esclusa dagli analisti è che questi attacchi siano la prosecuzione della campagna di bombardamenti russi che va avanti da un anno e mezzo, senza un relazione con gli eventi di questi giorni.

Quale escalation?

La vera preoccupazione del governo ucraino non sono tanto i missili, una tragica realtà a cui tanto la leadership quanto la popolazione ha ormai fatto l’abitudine, ma qualcosa di molto più significativo: la possibilità che Putin utilizzi le accuse all’Ucraina come scusa per una nuova mobilitazione militare. Dopo la campagna di reclutamento lanciata nell’autunno del 2022 e conclusa un mese dopo con il richiamo di 300mila riservisti, il Cremlino ha utilizzato una serie di strumenti meno visibili per rimpinguare le sue armate, ma ci sarà bisogno di sforzi ben maggiori per mettere insieme le nuove armate che lo stesso ministero della Difesa ha annunciato di voler costituire. I timori che si prepari una massiccia nuova mobilitazione sono stati in parte confermati pochi giorni fa dal giornale investigativo russo Vyorstka, secondo cui il Cremlino sarebbe pronto a richiamare 300mila riservisti con cui lanciare un’offensiva contro la città ucraina di Kharkiv. Altri sono scettici su questa prospettiva. Secondo fonti vicine al ministero della Difesa consultata dal giornale indipendente russo The Moscow Times, il Cremlino rimane esitante di fronte alla prospettiva di richiamare in servizio centinaia di migliaia di persone, preoccupato dagli effetti che questa mossa potrebbe avere sull’opinione pubblica.

Fragile propaganda

In ogni caso, se ci fosse un collegamento tra attentato e mobilitazione dovremmo aspettarci un coro compatto della stampa e degli altri corifei di regime che punti a compensare con l’indignazione nei confronti di Kiev la naturale impopolarità della misura. Almeno per il momento, però, non si vede nulla del genere.Talboid come la Komsolaya Pravda, i canali dei Telegram e personaggi ineffabili, come la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova e l’ex pesidente Dimitri Medved, speculano sui legami ucraini dei terroristi – senza offrire prove e, in genere, nemmeno ragionamenti convincenti. Ma sui quotidiani più sobri, come Izvestija o Rossiyskaya Gazeta, il cosiddetto “giornale dei record”, non si trova una singola menzione della pista ucraina, mentre abbondano gli articoli sull’Isis.Il punto è che la pista ucraina è resta poco convincente e gli elementi a suo sostegno troppo esili persino. Che vantaggio avrebbe Kiev a sponsorizzare un attentato che Mosca potrebbe usare per innescare una nuova mobilitazione? E come spiegare la rivendicazione dell’Isis, i filmati girati degli stessi terroristi, i background dei quattro arrestati? Per ora il Cremlino sembra accontentarsi di inquinare le acque disseminando sospetti, complice la comparsa di una nuova ondata di “bot” filorussi sui social. Allo stesso tempo, sembra riconoscere che le fondamenta di questa teoria sono troppo fragili per costruirci sopra una vera strategia politica.

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