Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza della Corte d'Assise di Milano che ha condannato all'ergastolo Michele Sindona per l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli


Rodolfo Guzzi ha sostenuto, sia in istruttoria che al dibattimento, di avere per incarico di Sindona trattato con Calvi fra l'autunno 1977 e la primavera 1978, prima con la mediazione di Gelli e poi direttamente, da un lato per far presente all'interlocutore che Sindona avanzava nei suoi confronti pretese finanziarie fondate sul presupposto di una società di fatto esistita fra loro, e, dall'altro, per concludere con Calvi la vendita della villa denominata "La Giuggiola" e per ottenere che di tale vendita venisse pagato il prezzo; ha spiegato, in particolare, che la somma di 500.000 dollari della quale egli aveva ripetutamente chiesto e sollecitato il pagamento da parte di Calvi, fornendogli anche gli estremi del-conto corrente bancario sul quale avrebbe dovuto essere versata, e che costui aveva corrisposto il 30 marzo 1978 con un bonifico su tale conto corrente, costituiva appunto il prezzo di acquisto della villa.

Le approfondite indagini effettuate in istruttoria hanno dimostrato in modo certo che tale villa non fu mai venduta da Sindona a Calvi; o a persona designata da quest'ultimo, e rimase nell'esclusiva disponibilità della famiglia Sindona fino al gennaio 1983, quando con regolare rogito notarile venne venduta a tale Giampiero Rossini.

La villa "La Giuggiola", sita in comune di Carugo (Como), apparteneva da molti anni alla famiglia Sindona, e mentre fino al 16 maggio 1975 era rimasta intestata a Caterina Cilio, moglie di Michele Sindona, con rogito notarile stipulato in tale data l'immobile era stato formalmente ceduto alla "DREI STAR HEMDEN TRUST REG" di Vaduz, pur continuando, nella sostanza, a rimanere nella disponibilità della famiglia Sindona.

Infatti la DREI STAR era una "anstalt" che non possedeva nient'altro che tale villa, ed era amministrata dalla NEUTRA FIDUCIARIA di Lugano - ossia dalla società fiduciaria che gestiva anche la E.A.C. CONSULTANT EUROPE cui facevano capo vari interessi di MAGNONI e della famiglia Sindona - in base ad un mandato fiduciario conferito da Pier Sandro Magnoni nella qualità di procuratore di Caterina Cilio. La "Giuggiola" era così appartenuta ininterrottamente, senza alcuna variazione, alla DREI STAR dal 1975 al 19 gennaio 1983, quando con rogito notarile la DREI STAR l'aveva venduta a Giampiero Rossini. E dalle indagini svolte in istruttoria [...] è risultato che in tutto questo periodo di tempo non erano intervenute modificazioni di sorta, tanto meno in favore di Calvi o di persona da lui designata, sia nella titolarità dei diritti sulla DREI STAR che nella attribuzione dei poteri di gestione fiduciaria della “anstalt”, rimasti sempre nell'ambito della famiglia Sindona che li esercitava attraverso il mandato fiduciario conferito da Magnoni alla NEUTRA FIDUCIARIA, e poi da Maria Elisa Sindona all'avvocato Pierfrancesco Campana di Mendrisio.

Solo verso la metà del 1979 - come emerge dalle dichiarazioni del Bernasconi, del Magnoni e di Guzzi - Magnoni aveva dato per iscritto alla NEUTRA FIDUCIARIA istruzioni affinché mettesse a disposizione di Guzzi i certificati rappresentativi della DREI STAR, o quantomeno affinché da quel momento seguisse le direttive di Guzzi, quale fiduciante, nella gestione della DREI STAR. Tale circostanza non solo non avvalora, ma smentisce l'assunto della vendita della villa da Sindona a Calvi anche nella forma del trasferimento dei certificati rappresentativi della “anstalt”, o della sostituzione della persona del fiduciante, dato che da essa si ricava che a molta distanza di tempo dal pagamento, da parte di Calvi, della somma di 500.000 dollari quale preteso prezzo di acquisto dell'immobile, le istruzioni alla società fiduciaria continuavano ad essere date dal MAGNONI nella sua qualità di procuratore di Caterina CILIO, e per di più non a favore di Calvi ma del legale della asserita parte venditrice. Ulteriore conferma del fatto che mai "La Giuggiola" era stata venduta da Sindona a Calvi e che anzi era rimasta nella disponibilità della famiglia Sindona per vari anni dopo il versamento dei 500.000 dollari, si ricava dal fatto [...] che ancora nel 1982 le spese correnti per la villa erano sostenute dai familiari di Sindona, e le due utenze telefoniche ivi installate erano ancora intestate rispettivamente a Michele Sindona e alla figlia Maria Elisa.

Il già chiaro quadro emergente dall'insieme degli accertamenti istruttori ha infine trovato definitiva conferma nelle dichiarazioni rese al riguardo, dopo la sua estradizione, dallo stesso Michele Sindona sia davanti al Giudice Istruttore che al dibattimento. Costui infatti ha riconosciuto che la vendita della villa a Calvi era simulata, ha affermato che quindi il versamento di 500.000 dollari effettuato da Calvi in suo favore non costituiva pagamento del prezzo dell'immobilè ma parziale restituzione di ciò che questi gli doveva per operazioni finanziarie compiute in comune anni addietro, e ha spiegato che la simulazione della vendita della villa era stata decisa da lui e da Calvi, su richiesta di quest'ultimo, per creare un'apparente giustificazione formale del trasferimento della somma.

La vera ragione per la quale Calvi si risolse a corrispondere 500.000 dollari a Sindona non può tuttavia essere neppure individuata~ come pretende quest'ultimo, nel riconoscimento e nel parziale adempimento di un debito dello stesso Calvi, risalente ad operazioni finanziarie che essi avrebbero effettuato in comune anni prima. Di questo credito infatti Sindona non ha saputo fornire spiegazioni e notizie abbastanza precise da conferire al suo assunto un minimo di serietà e di attendibilità, né tanto meno, è stato in grado di darne un principio di prova. Del resto, su questo punto è stato estremamente chiaro l'avvocato Guzzi, che per incarico di Sindona aveva condotto la trattativa in seguito alla quale Calvi si era risolto ad effettuare il versamento.

Guzzi infatti, sia parlando con il collega Michele Strina, anch'egli difensore di Sindona, sia nei suoi interrogatori, ha sempre espresso il parere che le pretese di Sindona verso Calvi, fondate sull'assunto dell'esistenza di una società di fatto, erano sfornite di qualsiasi supporto probatorio che consentisse di farle valere in giudizio, e ha riferito che sul merito di tali pretese Calvi si era dimostrato assolutamente tranquillo, non riconoscendo alle stesse alcuna parvenza di serietà ed attribuendole anzi a farneticazioni dello stesso Sindona. Neppure può ritenersi che il cedimento di Calvi alle richieste di Sindona potesse essere stato frutto degli interventi mediatori di Licio Gelli - evidentemente interessato ad evitare che fra i due esplodesse un conflitto con conseguenze imprevedibili - e dei suoi appelli alla comune fratellanza massonica.

L'attività di mediazione di Gelli infatti, come emerge dagli interrogatori di Guzzi, aveva avuto inizio ancora nel settembre 1977 e si era protratta per tutti gli ultimi mesi dell'anno, senza peraltro approdare ad alcun risultato; mentre fu solo alla fine del marzo successivo che Calvi si decise ad effettuare il versamento. dopo i contatti con Guzzi e le sue reiterate sollecitazioni dirette, e soprattutto dopo che Sindona, resosi conto dell'inconcludenza della mediazione di Gelli, aveva esercitato su di lui attraverso Luigi Cavallo, pressioni di ben maggiore efficacia e potere coercitivo.

Ed è proprio in queste ultime pressioni che va individuata la ragione che indusse Calvi a versare i 500.000 dollari. Tale conclusione si fonda, oltre che sull'esclusione di tutte le altre ragioni ipotizzabili e fin qui esaminate, soprattutto sulla considerazione che le descritte pressioni di Cavallo, ordinate da Sindona proprio al fine di costringere Calvi a pagare, ebbero un carattere francamente intimidatorio ed un'elevata attitudine a preoccupare il destinatario, nonché sulla constatazione che dopo di esse Calvi, pur non avendone alcun obbligo legale, effettivamente versò a Sindona un'ingente somma di danaro, con modalità clandestine evidentemente dirette ad impedire l'identificazione delle parti del pagamento, e mascherando lo stesso dietro lo schermo di una causa simulata.

Del resto, benché Calvi nelle sue dichiarazioni istruttorie si fosse rifiutato di fornire qualsiasi contributo all'accertamento dei fatti ed avesse assunto un atteggiamento di totale reticenza ed omertà - e ciò al presumibile scopo di non dover dare spiegazioni sulle vicende in ordine alle quali era stato ricattato - quali fossero state le reazioni dello stesso ed il suo atteggiamento psicologico nei confronti delle azioni convergenti che Sindona, attraverso Guzzi e Cavallo, stava svolgendo contro di lui, si ricava in modo abbastanza trasparente dal resoconto scritto da Guzzi sul colloquio del 13 dicembre 1977 e sequestrato, come si è detto, nello studio del legale medesimo. Dell'attendibilità di tale resoconto non v'è motivo di dubitare, visto che Guzzi lo aveva scritto per proprio uso, e considerato che il suo contenuto è stato sostanzialmente confermato anche da Calvi nell'interrogatorio reso al Giudice Istruttore il 16 giugno 1981.

Il resoconto rivela, prima di tutto, come il colloquio fra Guzzi e Calvi si fosse svolto con un linguaggio allusivo ed obliquo e con scambio di messaggi indiretti ma abbastanza chiari nella loro reale sostanza: ciò consentiva a Guzzi di condurre per conto del suo mandante una trattativa di contenuto nettamente estorsivo, salvando le apparenze e mantenendo, formalmente, il tono e l'atteggiamento del professionista serio e corretto che non vuole nemmeno sentir parlare di certe brutture e che intende solo sondare con la controparte le possibilità di una composizione transattiva della controversia.

Tuttavia, al di là del carattere allusivo ed indiretto del discorso e delle preoccupazioni "formali" di Guzzi, il significato effettivo e le cadenze logiche del colloquio traspaiono chiaramente dal documento, letto alla luce dell'intero contesto di azione del quale si è sopra parlato e di tutte le circostanze esterne di cui entrambi gli interlocutori erano perfettamente consapevoli. Guzzi, pur sapendo che le pretese di Sindona fondate sull'esistenza di una società di fatto non avevano alcuna seria consistenza, esordì esponendole a Calvi.

Costui percepì il reale contenuto del messaggio - ossia che Sindona voleva da lui del danaro in cambio della cessazione degli attacchi di Cavallo – e, dopo avere sgombrato il campo dai paraventi dietro i quali Guzzi si nascondeva per mantenere un'apparenza di rispettabilità alle richieste che stava formulando, portò bruscamente il discorso sull'oggetto effettivo della trattativa, dicendo di essere disposto ad aiutare Sindona purchè lo stesso facesse cessare la campagna di stampa che aveva ispirato ai suoi danni.

Alla fine del colloquio, e per rendere ancora più chiara la natura finanziaria dell'aiuto che era disposto a prestare a Sindona, fece intendere che si poteva concludere l'operazione della villa di Arosio. Il chiaro messaggio di Calvi a Guzzi venne evidentemente da costui trasmesso a Sindona, e, come si è detto, nei mesi successivi vi furono, da un lato, le ripetute telefonate di quest'ultimo al legale per lamentare che il pagamento da parte di Calvi tardava ad essere effettuato, e, dall'altro, i reiterati contatti telefonici di Guzzi con Calvi per concordare le modalità del versamento e per sollecitarne l'esecuzione.

Finché, in precisa attuazione dell'accordo raggiunto, Calvi il 30 marzo 1978 versò 500.000 dollari sull'indicato conto corrente bancario dandone notizia a Guzzi nei giorni successivi, e Cavallo dopo il numero di marzo-aprile 1978 di "Agenzia A" interruppe la' sua campagna contro Calvi. Gli attacchi di Cavallo a Calvi ripresero dopo un anno, ma in un contesto del tutto diverso del quale si parlerà più avanti.

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