Il caso più clamoroso è la sfida lanciata dall’hedge fund Hindenburg Research contro il gruppo indiano Adani: basandosi su un’indagine durata due anni e sorretta da un rapporto di circa 100 pagine, il fondo di New York ha denunciato una serie di presunte pratiche illegali messe in atto dai manager del colosso industriale asiatico. Risultato: il valore della società in borsa ha perso decine di miliardi di dollari, il fondatore Gautam Adani è dovuto scendere dal trono di persona più ricca dell’India, e terza al mondo, e naturalmente il fondo ha guadagnato un sacco di soldi.

Hindenburg è infatti un short seller activist, un fondo che individua imprese scorrette, diffonde report negativi (e veritieri) sui social e sui media e guadagna grazie al ribasso del titolo. Sono molte le società quotate che vengono attaccate dai fondi di questo tipo: nel 2022 sono state 113 le aziende in giro per il mondo prese di mira. In genere, più della metà delle aziende attaccate finiscono in bancarotta o vengono tolte dal listino.

Il sistema delle red flag

L’ultima a finire nel mirino di un fondo è l’inglese Darktrace, una multinazionale specializzata in cybersecurity quotata a Londra e New York. In un rapporto di 70 pagine intitolato “The dark side of Darktrace” il fondo Quintessential Capital Management ha avanzato il sospetto che la società abbia truccato il bilancio: «Siamo profondamente scettici sulla validità delle dichiarazioni finanziarie di Darktrace e temiamo che le vendite, i margini e i tassi di crescita siano sopravvalutati e prossimi a una brusca correzione» si legge nel report diffuso dal fondo. «La nostra opinione si basa principalmente su numerose transazioni che abbiamo rilevato nel periodo che ha preceduto l'offerta pubblica di Darktrace che sembravano riguardare vendite simulate o anticipate a utenti finali fantasma».

Quintessential ha conquistato una certa notorietà anche in Italia, quando fece crollare il castello di carte costruito dalla Bio-On. Il fondo è stato fondato nel 2013 da Gabriele Grego: nato a Roma, ha frequentato il liceo a Milano, poi si è laureato negli Stati Uniti. Ha svolto il servizio militare in Israele come paracadutista. Dopo è tornato in Italia dove ha conseguito l’Mba alla Bocconi e quindi si è trasferito a New York. Da sempre interessato al mondo della finanza (comprò la prima bluechip a 14 anni), sostiene di voler «portare trasparenza nel mercato e combattere le ingiustizie». Ovviamente non gli dispiace guadagnarci, però dice che è secondario.

Per scovare le sue “prede” la squadra di Quintessential utilizza un software progettato per individuare delle «bandiere rosse» nelle aziende: piccoli alert che messi insieme sono rilevanti, come per esempio le discrepanze tra flussi di cassa e utili, l’utilizzo di società di revisione secondarie o il cambio frequente delle stesse.  «Nel caso di Darktrace ad attirare la mia attenzione sono stati i nomi dei manager che guidano l’azienda» racconta Grego. «Molti, compreso il Ceo, provengono dalla Autonomy, società che nel 2011 fu acquistata dall’Hp per 11 miliardi di dollari. Dopo pochi mesi l’Hp scoprì che i risultati di Autonomy erano stati gonfiati e citò in giudizio il suo fondatore e l'ex direttore finanziario».

Tra gli aspiranti alla quotazione

In attesa di vedere come andrà a finire lo scontro tra Quintessential e Darktrace, a una conclusione si può comunque arrivare: l’investitore che si inoltra in borsa corre ancora il pericolo di incontrare dei truffatori senza che le autorità di controllo possano fare granché. Mentre i fondi come quello di Grego prendono in esame una piccola quota di società, la pleata totale sorvegliata dalle autorità è molto ampia. Non solo: proprio nei giorni in cui Quintessential diffondeva il suo report su Darktrace, gli analisti della Morgan Stanley suggerivano di comprare il titolo. «Molti analisti sono bravi, ma io non mi fiderei troppo dei loro consigli» sostiene Grego. «C’è sempre il rischio di un conflitto di interessi e poi si tratta di persone che sono riluttanti a mettersi contro dei manager con cui hanno rapporti frequenti. È per questo motivo che agli investitori suggerisco di pensare anche con la propria testa e non basarsi esclusivamente sulle valutazioni degli analisti».

Per quanto riguarda l’incapacità della Sec e delle autorità di controllo di scovare le frodi, Grego ricorda che molte delle società finite sotto attacco dai fondi attivisti sono delle Spac, cioè veicoli societari creati con l’obiettivo di quotarsi e, successivamente, individuare una società operativa con cui integrarsi. «Queste Spac devono rispettare regole meno rigide rispetto alle aziende normali che approdano sul mercato. E comunque le autorità di controllo non hanno i mezzi per fare i detective e andare alla ricerca delle irregolarità nei conti delle imprese. Possono solo arrivare dopo e punire chi ha truffato. Per questo penso che i fondi come Quintessential abbiamo un ruolo fondamentale per individuare le frodi». Speculatori con le ali. E che ogni tanto se le bruciano, se il titolo dell’azienda sotto attacco invece di crollare resiste: capitò a Grego con la biotech Cassavia ma riuscì a contenere le perdite grazie all’opportuna copertura con opzioni.

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