Su Domani arriva il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, si continua con la narrazione del patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi.

La mafia ha vinto o ha perso? Per capire cos'è diventata dopo le stragi forse bisognerebbe partire da una frase estratta dalle pagine di un libro che riassume bene - almeno secondo noi - come stanno le cose: «Se la mafia militare ha perso, non sono perdenti i metodi insidiosi della mafia nascosta». C'è un grande dibattito in questi ultimi anni intorno alle vittorie e alle sconfitte di Cosa Nostra, polemizzano gli storici con i magistrati di alcune procure distrettuali, aspri sono gli scontri fra gli addetti ai lavori, ne discutono animatamente anche i giornalisti che seguono la materia da vicino.

Un testo che trova un “filo”, una trama che attraversa il prima e il dopo, è “Cosa Nostra S.p.A.”, libro firmato da Sebastiano Ardita che lega il sotto e il sopra, la faccia sconcia di Totò Riina con il volto rassicurante dei nuovi boss, che fa capire che la borgata e il salotto non sono poi così distanti, come sono più vicini di quanto appaiono anche la mafia e lo Stato o se preferite - al contrario - lo Stato e la mafia.

Ecco perché abbiamo deciso di dedicare questa serie del Blog Mafie a “Cosa Nostra S.p.A. Il patto economico tra criminalità organizzata e colletti bianchi” (edizioni PaperFirst), pubblicandone ampi stralci per circa tre settimane. L'autore è un magistrato, procuratore aggiunto della repubblica a Catania e a Messina dopo un'intensa esperienza alla direzione del Dap (il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria) e attualmente componente togato del Consiglio Superiore della Magistratura. Il libro "Cosa Nostra S.p.a.” è il naturale prolungamento del suo “Catania bene” dove Ardita spiegava che lì, ai piedi del vulcano più alto d'Europa, c'è un “modello” di mafia che alla fine fa più affari che altrove.
E' racconto ed è analisi, nomi, cognomi, indirizzi ma anche riflessioni: «Discutere in modo superficiale di mafia e antimafia, come se fossero immutabili, ha rappresentato un comodo riparo per impostori. Discuterne laicamente - senza la pretesa di possedere delle verità ma mettendo in dubbio le troppe certezze di un'antimafia di regime - è un'operazione un po' eretica, ma alla quale non possiamo sottrarci».
Il prima e il dopo. Ci sono i Santapaola, gli Ercolano, ci sono i Mazzei. E i Costanzo e i Graci e i Rendo. E Mario Ciancio con il suo impero che sembra eterno. E poi ancora Nino Drago, Salvo Andò, Rino Nicolosi. E là in fondo e là in mezzo, voce solitaria, Pippo Fava. La mafia che uccide in una città dove “la mafia non esiste”, perché Catania non è Palermo. Ma Fava muore a Catania e tutti fanno finta di niente.
Il libro di Sebastiano Ardita ha uno scarto che lo rende estremamente prezioso, quando parla della mafia che va oltre il 416 bis. Consigliamo a tutti la lettura - e l'invito a ragionarci sopra - quando vengono segnalate le distanze fra “appartenenti” e "concorrenti” e la mafiosità «finisce per diventare una condizione sociale di ceto, al pari di un requisito di nascita o di uno stigma sociale».
In “Cosa Nostra S.p.A” vi è un'esplorazione che va avanti e indietro, ricordi di una Catania che ama divertirsi ma che è attraversata «da un male invisibile», affari e ancora affari da un'epoca all'altra dove “finalmente”, alla fine, trionfa in tutta l'isola e anche all'esterno il mito di una mafia garbata e persino attraente.

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