I dipartimenti per l’Uguaglianza sono cancellati, la bandierina anti lgbt è piantata e gli slogan machisti sono entrati nelle sedi istituzionali. Il corpo della Spagna – i suoi territori, regioni, municipalità, e le strade zeppe di manifesti elettorali – porta già i segni visibili dell’ingresso dell’estrema destra al governo.

Qui la destra ultrà si chiama Vox e il leader è Santiago Abascal, ma in Ue la famiglia è la stessa di Giorgia Meloni: i conservatori europei. «Yo soy Giorgia» è lo slogan in versione madrilena che la leader di Fratelli d’Italia da anni declama alle convention dei suoi alleati spagnoli.

A Madrid come a Bruxelles, i meloniani stanno testando l’alleanza con i popolari in un crescendo il cui orizzonte più ampio è l’estate 2024, quando le elezioni europee accelereranno nuovi equilibri in Europa. La Spagna se li vede già passare davanti. L’abbraccio con la destra estrema è qui e ora.

Dai territori alla Moncloa

Il paese si trova in quel limbo stretto che separa le elezioni amministrative di maggio – segnate dall’exploit delle destre, coi popolari che fagocitano i voti di Ciudadanos e Vox che raddoppia i consensi superando il 7 per cento – dalle elezioni generali del 23 luglio.

Tra le ragioni per le quali Pedro Sánchez ha anticipato le politiche all’estate c’è il tentativo di incastrare le destre sbugiardandole e demonizzandole: il premier socialista ammonisce che se i popolari si alleano con Vox nei territori, allora lo faranno pure per prendersi il palazzo della Moncloa e il potere in tutto il paese. In questa fase di limbo, la tattica dei popolari può sembrare ondivaga, ma la strategia complessiva in realtà è lineare: in Spagna la destra che una volta era moderata sta aprendo il varco a quella estrema.

Il patto col diavolo – Vox – si regge su uno scambio: per i popolari il sovranismo 2.0 è garanzia di mantenere una centralità nella gestione del potere, e per gli alleati di Meloni il Partido Popular (Pp) è il varco per istituzionalizzarsi. I popolari hanno già portato l’estrema destra al governo, non a livello nazionale dove il voto è a luglio, ma negli enti locali, dove si moltiplicano gli accordi con Vox.

Già a marzo 2022 si è materializzato un accordo di legislatura Pp-Vox in Castiglia e León. Dopo le amministrative di maggio, i singoli casi sono ormai così tanti da diventare la nuova normalità. Il popolare Carlos Mazón si è garantito di governare la Comunità Valenciana – e di mettere ai margini la sinistra – con il patto siglato con Vox a metà giugno. Marta Fernández – l’esponente di Vox nota per le sue posizioni xenofobe, antiabortiste, no vax, anti clima, e per frasi come «la violenza di genere non esiste» – ha ottenuto la presidenza del parlamentino d’Aragona in seguito all’accordo raggiunto coi popolari giovedì scorso nella comunità autonoma. Esempi di uno schema che si diffonde.

Diritti smantellati

Gli accordi stretti a livello locale sono usati da Vox – con il lasciapassare dei popolari – come un grimaldello per condurre la guerra culturale. È ciò che gli elettori dell’estrema destra si aspettano, visto che sulla crociata machista e anti lgbt Vox ha mobilitato consenso, e si tratta anche di una bandiera da esibire in vista delle politiche di luglio.

Sui territori, si vede ad esempio lo smantellamento degli assessorati e dei dipartimenti per l’Uguaglianza. Dopo gli accordi coi popolari, in città come Toledo o Valladolid la parità di genere è azzerata, e rimpiazzata con deleghe alla Famiglia. L’arrivo di Vox al governo nella Comunità Valenciana sta spingendo femministe come Cándida Barroso ad avviare azioni legali per contrastare i piani di annientare il portafoglio per l’Uguaglianza.

Nella cittadina di Náquera, dove Vox ha fatto incetta di voti e si è accordata coi popolari per esprimere un sindaco di estrema destra, l’alleanza ha generato il mostro: le lgbt-free zones e cioè le “aree de-lgbtizzate” già introdotte dagli ultraconservatori polacchi (anch’essi alleati di Meloni) e stigmatizzate da Bruxelles.

Su scala nazionale, la stessa attitudine allo smantellamento dei diritti si concretizza ad esempio nei giganteschi poster per le elezioni di luglio nei quali Vox cestina l’agenda femminista e la bandiera arcobaleno.

Scivolamento dei popolari

Il leader dei popolari spagnoli Alberto Núñez Feijóo è accusato da più parti – e anzitutto nel suo stesso partito – di non avere strategia né polso; appare incongruente, per esempio, che mentre in tanti enti locali il Pp va all’abbraccio con Vox, intanto in Estremadura la popolare María Guardiola lo faccia saltare rischiando nuove elezioni. Ma le incongruenze sono solo tattiche.

Guardiola aveva anche tentato, l’accordo con Vox, poi però a suo dire l’estrema destra tiranneggiava troppo; e in fin dei conti ai popolari fa comodo avere qualche foglia di fico. Dietro lo slogan de «l’accordo con Vox dipende dal numero di voti» e delle scelte caso per caso, Feijóo sta opportunisticamente tergiversando: dichiarare che un patto arriverà anche a livello nazionale, dopo il voto di luglio, per il governo di Spagna, sarebbe compromettente. Ma è ciò che già viene apparecchiato.

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