Non è solo una frase di rito. Quando Giorgia Meloni – interrogata, dopo l’ultimo summit europeo, su un bis di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue – risponde che aspetterà «di vedere come votano gli italiani», o che solo «dopo il voto si vedranno i pesi e cosa si può fare», la premier sta volutamente prendendo tempo. Dopo aver esibito il suo rapporto privilegiato con von der Leyen, adesso Meloni deve contemplare piani alternativi.

Il fatto è che, a furia di spintoni, la figura di von der Leyen è sempre più compromessa. C’è chi le tira colpi per negoziare al rialzo. C’è l’irrequieto presidente francese, che in vista di una batosta elettorale a giugno preferisce tirar la corda ora e ottenere tutto il possibile. Ci sono i compagni di famiglia europea, i Popolari, che nel giorno della consacrazione di von der Leyen a spitzenkandidat – cioè a loro candidata di punta alla presidenza – hanno dato segni di insofferenza.

Ma tutto questo è niente, se accade quel che sta per accadere: le inchieste sui contratti per i vaccini – che da tempo covano sotto la cenere per quei messaggini che von der Leyen ha scambiato col ceo di Pfizer – tornano a galla.

Sapevamo già che la Procura europea si stava occupando del dossier dei contratti dei vaccini, ma nelle ultime ore il caso torna in superficie perché tramite la procura di Liegi arriva l’ennesima conferma che l’indagine europea punta proprio in direzione della presidente di Commissione Ue. E quale argomento migliore può esserci, per i suoi detrattori, se non un esplosivo scandalo di corruzione?

Non a caso vien fuori che è saltato sulla vicenda giudiziaria presidenziale pure Viktor Orbán: aveva già convinto von der Leyen a sbloccargli dieci miliardi, ma l’autocrate – che usa i ricatti come pratica politica – non si accontenta. Pure la Polonia si sarebbe associata, ma quando Donald Tusk è andato al governo – e Bruxelles ha liberato i fondi Ue – Varsavia si è tirata indietro.

Scandalo sotto il sole

La mancata trasparenza della Commissione Ue nella gestione degli acquisti dei vaccini è uno scandalo sotto il sole: lo si poteva intuire da tempo, e ora fa politicamente gola agli strattonatori della presidente.

A cosa servono le gite in compagnia, gli abbracci e i baci ostentati, in giro per l’Italia da Nord a Sud, da Forlì alla Sicilia?, si starà chiedendo Meloni, mentre von der Leyen vacilla. Infatti, dopo l’ultimo Consiglio europeo, la premier confabulava vis-à-vis con Macron sul da farsi.

Chi ha seguito lo scandalo – noto come “scandalo Pfizer” o “scandalo degli sms” – sa che il dossier scotta da tempo, e si sarà domandato come mai dalle parti della Procura europea – che aveva preso in carico il caso – tutto tacesse.

Aprile comincia con due cronisti di Politico che hanno rinfocolato la vicenda, facendosi confermare anche dal portavoce della procura di Liegi che l’indagine europea non riguarda genericamente la Commissione ma tocca von der Leyen in persona.

Liegi è al corrente del dossier perché proprio in questo tribunale il lobbista belga Frédéric Baldan aveva presentato – già nel 2023 – la sua denuncia. In quello stesso anno, c’erano state anche altre sfide legali riguardanti la stessa vicenda – il New York Times si è rivolto alla Corte di giustizia europea – ma l’innesco partito da Liegi ha una sua rilevanza specifica perché è di tipo penale. È arrivato sul tavolo della Procura europea, e ora non c’è più alcun dubbio – se mai ci fosse stato – che von der Leyen ne è toccata personalmente.

L’indagine in corso è per «ingerenza nelle pubbliche funzioni, distruzione di sms, corruzione e conflitto di interesse».

Il boomerang degli sms

I fatti risalgono alla pandemia, quando la Commissione ha negoziato a livello europeo l’acquisto di vaccini. L’operazione è stata da subito caratterizzata da un alto grado di opacità, e mentre Bruxelles osteggiava l’accesso globale ai brevetti, al contempo ha garantito a Pfizer acquisti massicci a prezzi sempre più elevati; dinamiche che sono state prontamente denunciate da eurodeputati e da giornali come Domani.

Ad aprile di tre anni fa, Matina Stevis-Gridneff del New York Times ha rivelato che all’ultimo contratto con Pfizer si era arrivati attraverso un intenso scambio personale, fatto di contatti telefonici e messaggi, tra la presidente e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla. Già da ministra della Difesa tedesca, quando era stata coinvolta in uno scandalo, von der Leyen si era fatta trovare con i messaggi cancellati. Stavolta a livello europeo, la Commissione non ha fornito traccia degli sms.

Come ha riportato a febbraio 2023 in un’intervista a Domani la mediatrice europea Emily O’Reilly, «la Commissione europea non ha mai apertamente ammesso neppure la loro esistenza». O’Reilly ha svolto un’indagine dalla quale ha concluso che «la Commissione è colpevole di malgoverno». Pure la Corte dei conti europea ha sanzionato il modo in cui i negoziati sono stati portati avanti, stigmatizzando anche l’accentramento decisionale da parte della presidente.

Mancava però un tassello chiave: la Procura, che segue la vicenda a livello penale. Com’era prevedibile, con le europee alle porte, cronisti ed eurodeputati bussano alle porte di Eppo.

Meloni, che tramite il suo rapporto privilegiato coi Popolari europei poteva vantare di avere il sostegno di von der Leyen, si trova ora davanti a uno scenario capovolto: fino a che punto sarà disposta, la premier, a sostenere la presidente? Le sue dichiarazioni recenti fanno pensare che il tempo della luna di miele si sia già concluso.

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