C’è una nuova generazione di contratti europei, è per i vaccini ma riguarderà presto anche le “pillole anti Covid” e altro. A Bruxelles il potere è sempre più ampio ma il club è sempre più ristretto. «Mi hanno detto che non sono in lista per vedere questi nuovi contratti, come se si trattasse di andare in discoteca il sabato», dice l’eurodeputato belga Marc Botenga. «E allora contesterò le regole coi buttafuori». Botenga è della Sinistra europea, Bas Eickhout invece è dei Verdi. Lui nella «lista» per vedere i contratti ci sarebbe pure, ma assieme al suo gruppo ha deciso di non andare: «Mi avrebbero chiesto di tenere segreto ciò che vedo, e io non voglio prestarmi a una cosa simile».

La prima dark room per vedere i contratti in gran segretezza risale a gennaio. Nonostante le battaglie per la trasparenza condotte da eurodeputati e ong, la stanza di oggi è ancora più oscura: meno tempo a disposizione, meno persone che possono entrare; circa il tre per cento degli eurodeputati, per circa tre minuti a contratto. Che cosa c’è di così inguardabile in questi contratti? I punti più oscuri riguardano i prezzi in salita e le clausole sull’accesso globale alle dosi. Il modello degli acquisti comuni europei è qui per restare, e ci saranno sempre più negoziati: restringere l’accesso alle informazioni significa limitare il controllo democratico sugli accordi chiusi, ma pure su quelli venturi.

La stanza dei segreti

La dark room è una stanza nella quale si entra solo dopo aver firmato un accordo di riservatezza. Chi divulga quel che vede la paga cara. L’unico supporto fotografico su cui si può contare è la memoria. Politicamente parlando, la stanza oscura è la soluzione usata anche altre volte dalla Commissione quando le richieste di trasparenza diventavano pressanti: è successo nel 2014, quando l’Ue stava negoziando con gli Usa il Ttip, ed è successo mesi fa coi primi contratti per i vaccini anti Covid.

A gennaio, la stanza dei segreti era in rue Belliard, alla direzione generale Sanità. Ciascun eurodeputato poteva prendere visione del contratto siglato con CureVac per 50 minuti. Il testo era a sua volta in buona parte oscurato. Da allora l’Europarlamento invoca la trasparenza che non c’è; l’ultima risoluzione è stata approvata il 21 ottobre. Intanto la situazione peggiora.

In questi giorni è stata inaugurata una nuova camera oscura nell’edificio dell’Europarlamento, e ospita la decina di contratti per i vaccini siglata finora, compresi quelli di nuova generazione, che il gabinetto von der Leyen ha fatto recapitare. Ma con regole ancor più restrittive: c’è meno tempo, cioè mezz’ora, e per vedere più accordi, una decina. Non possono più accedere tutti gli eurodeputati, ma solo 24, ovvero i coordinatori e presidenti delle commissioni che, come Eickhout, fanno parte del «gruppo di contatto»; è il gruppo che si è inventata la Commissione, promettendo di tenerlo al corrente sui vaccini. Ma anche al gruppo dice poco.

I nuovi contratti

Tra gli accordi più recenti per i vaccini Covid c’è quello siglato con Novavax e c’è il terzo contratto con BioNTech-Pfizer, per la consegna di 1,8 miliardi di dosi entro il 2023. Prima ancora che i paesi decidessero di generalizzare le terze dosi, e con l’Oms che dava indicazione contraria, Bruxelles già da mesi aveva speso e si era impegnata per i booster. Che cosa c’è da sapere sui nuovi accordi? Che Pfizer abbia aumentato i prezzi è venuto fuori grazie alle soffiate. Dalle interlocuzioni tra amministratore delegato e banche d’investimento sappiamo che l’intenzione di Pfizer è far lievitare i prezzi sempre più, e una prima concessione Bruxelles l’ha fatta: nell’ultimo contratto, stando alle rivelazioni, le dosi costano il 25 per cento in più.

C’è poi la questione cruciale delle responsabilità, e dell’accesso globale ai vaccini. Nei primi contratti, in caso di difetti nascosti, il rischio finanziario e gli indennizzi alle aziende ricadono sugli stati; inoltre se i governi decidono di trasferire o donare le dosi acquistate a paesi extra Ue, all’Oms, alle ong, l’azienda deve dare l’approvazione. Quel che gli eurodeputati tra cui Botenga ed Eickhout vogliono sapere è se, viste le disuguaglianze conclamate di accesso globale ai vaccini, Big Pharma tiene in ostaggio donazioni ed esportazioni. «Abbiamo speso tanto denaro pubblico per questi vaccini – dice Eickhout – e perdipiù nella seconda generazione di accordi abbiamo dato corsia preferenziale a Pfizer BioNTech. Mi aspetterei che chiedessimo in cambio condizioni stringenti. Temo non stia andando affatto così: dettare condizioni a Big Pharma non è la priorità di Bruxelles, e neppure la trasparenza». Eickhout è nel gruppo di contatto, ma pure lì molte risposte non arrivano.

Il 22 ottobre i Verdi hanno depositato alla Corte di giustizia Ue il loro ricorso contro la Commissione: «Non solo rifiuta da tempo di divulgare i testi integrali dei contratti – dice una delle ricorrenti, la eurodeputata Michèle Rivasi – ma ancora non ci dice i nomi dei negoziatori». L’Europarlamento, che in teoria controlla il bilancio, «non ottiene tuttora risposte su quali soldi siano andati a quali aziende e per quali usi». I Verdi fanno ricorsi, la sinistra pure protesta. Marc Botenga oggi manderà una lettera a Sassoli per sollevare, ancora, il tema della trasparenza: «La dark room odierna è persino peggio della precedente, e io non mi accontento dei leak, la Commissione deve garantire procedure trasparenti e democratiche».

Anche perché non finisce con questi vaccini: ci sono i contratti venturi; l’Ue sta considerando un futuro accordo con Merck per la pillola anti Covid. Il sistema di acquisto comune diverrà sistematico: «Il piano di Bruxelles è estendere il joint procurement usato per questi vaccini ad altri ambiti», dice Botenga. «Sono in corso i negoziati tra istituzioni Ue per un nuovo regolamento sulle minacce sanitarie transfrontaliere, l’idea è generalizzare il sistema». L’ambito si allarga, il controllo democratico no.

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