Sindaco Matteo Ricci, il suo libro Pane e politica racconta di un viaggio per l’Italia per capire le ragioni della sconfitta della sinistra. Cosa deduce, alla luce di questo, dalla sconfitta in Abruzzo?
Per prima cosa, voglio ringraziare Luciano D'Amico per aver combattuto una battaglia generosa e molto complicata, con la serietà che lo caratterizza. Sapevamo che sarebbe stata una sfida difficile, ma, grazie all’unità della coalizione e alla qualità del candidato, siamo stati competitivi fino alla fine.

Sicuramente va aperta una riflessione soprattutto sui dati dell'astensione, che ad oggi è ancora troppo alta. Non siamo stati in grado di mobilitare tanti elettori che sono rimasti a casa. Ne parlo nel mio libro, che nasce per raccontare la delusione degli elettori dem dopo la sconfitta delle politiche e per riaccendere la speranza nel centrosinistra.

Crede e quanto crede nel campo largo come unica soluzione?
Ci credo molto e penso che i dem siano sulla strada giusta: dobbiamo continuare a lavorare all'unità delle opposizioni, è una strada obbligata. I dati dell’Abruzzo parlano di un Pd che ha visto una crescita di oltre il 9 per cento rispetto alle precedenti regionali.

Oltre 50mila voti guadagnati. La crescita è palese anche rispetto ai risultati delle elezioni politiche. Ai dem la polarizzazione e il bipolarismo fanno bene, anche per questo credo che la candidatura alle europee di Elly Schlein sarebbe utile. Sono certo che la dirigenza e i vertici delle forze di coalizione sapranno convergere su un nome forte, autorevole, rappresentativo del territorio anche in Basilicata.

Cosa le ha insegnato il suo viaggio su come si sceglie il candidato?
Bisogna dare senso alla partecipazione, bisogna innovare e sperimentare nuovi percorsi partecipativi come ho fatto con le cene in famiglia in diretta social. E dobbiamo trovare una formula che tenga insieme le opposizioni.

Nel mio libro, parlo di una competizione collaborativa. Se vogliamo essere credibili, come forze di opposizione, abbiamo il dovere di provare a fare delle battaglie comuni, anche in Parlamento. Penso, ad esempio, al salario minimo, alla sanità pubblica, al no all’autonomia differenziata, alla tutela dell'ambiente. Solo così potremo apparire come una coalizione alternativa a quella di governo. Il candidato vincente è quello che sa aggiungere e allargare il consenso della coalizione.

Fa bene l’attenzione nazionale su queste elezioni regionali?
Ogni territorio rappresenta una sua specificità, per istanze dei cittadini, per caratteristiche geografiche, per i differenti gradi di sviluppo economico e per i livelli di servizi essenziali che proprio le Regioni sono chiamate ad assicurare.

Questo ci dice che ogni risultato è figlio di fattori strettamente legati al territorio. Inoltre, l'ultimo decennio ha visto emergere la presenza di un elettorato molto mobile, su scala nazionale, il che ha portato a risultati molto diversi, da un appuntamento elettorale all'altro. Tutto questo ci dice che ogni risultato va preso cum grano salis, tenendo sempre ben chiari i dati e le specificità del contesto territoriale.

Il suo è uno dei nomi in crescita tra gli amministratori Pd. Sarà il vostro momento alle Europee?
Per riconquistare l’elettorato mobile, ma anche per far tornare a votare elettori stanchi e delusi, serve un vero progetto di modernizzazione e innovazione del Paese. Non possiamo accontentarci di rinchiuderci in un recinto identitario, ma puntare a convincere l’elettore attraverso i progetti messi in campo, per le città, per le regioni, per i nostri territori.

Abbiamo una visione del Paese molto diversa dalla destra al governo e dobbiamo riuscire a trasmettere questa visione. E penso che dobbiamo sfidare la Meloni sulla sovranità. Il sovranismo inganna i popoli, li illude che chiudendosi nelle nazioni saranno padroni a casa loro e invece gli indeboliscono in un mondo che cambia. La risposta sono gli Stati uniti d’Europa; senza un’unica politica estera, di difesa, energetica e migratoria saremo deboli, frammentati e ininfluenti.

Come procede l’ipotesi della sua candidatura?
Io ho dato la mia disponibilità per le Europee. A correre, cioè, anche il doppio, per affrontare una sfida che la dimensione demografica della regione dalla quale provengo, le Marche, rende alquanto impervia, ma noi marchigiani siamo anche combattivi e determinati. Spesso dico che dobbiamo essere orgogliosamente gente di provincia, perché per arrivare camminiamo più degli altri, stando con i piedi per terra.

Ma non dobbiamo essere provinciali, perché dobbiamo volare alto. Se sarò candidato farò del mio meglio, con in mente un’ideale: che il centro Italia sia una cerniera fra il nord e il sud, in un momento in cui il Paese ha un grande bisogno di essere ricucito. E proverò a rappresentare il nuovo Pd, la sinistra popolare e di prossimità.

Lei è andato in controtendenza rispetto alla sua segreteria, dicendosi favorevole all’abolizione dell’abuso d’ufficio voluto dal centrodestra.
Da molti anni, come sindaci, avevamo posto il tema dell’abolizione del reato d’abuso d’ufficio. Un reato che, nella maggior parte dei casi, vede assoluzioni e archiviazioni per coloro cui è stato contestato, con un aggravio sui tempi della giustizia e con un danno reputazionale per gli amministratori coinvolti. Come sindaci siamo stati coerenti con le cose che abbiamo sempre detto, nel Pd su questo tema c’è sempre stata una discussione interna.

 

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