Dopo la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd, nel Terzo polo si respira aria di soddisfazione. «Si apre una stagione molto interessante per i riformisti», ha scritto su Twitter Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva. Più sobrio, ma comunque ottimista il leader di Azione Carlo Calenda: «Domani partirà un cantiere aperto e inclusivo per arrivare a un partito unico. Porte aperte». Con un Pd che ha scelto la via di un qualche tipo di “ritorno a sinistra” il Terzo polo si aspetta un grande afflusso di moderati in uscita.

Nella più ottimistica delle ipotesi, questo percorso culminerà alle europee del 2024, quando il nuovo partito unico centrista punta a fare al Pd quello che Macron ha fatto ai socialisti francesi. A quel punto, tutti gli scenari fantapolitici sono aperti. Persino quello estremo dei liberali che a Bruxelles entrano in coalizione con conservatori e popolari nella nuova Commissione, e a Roma vanno in soccorso della maggioranza di Giorgia Meloni.

Praterie al centro?

Sono discorsi comuni tra i centristi, ma questo percorso è tutto meno che scontato, come le regionali hanno dimostrato appena due settimane fa. Il primo test sarà verificare quanti “riformisti” lasceranno davvero il Pd. Fino a poche settimane fa si parlava di scissione quasi immediata in caso di vittoria di Schlein. Ora nessuno si sente di definirla un fatto imminente o inevitabile. Anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, tra i pochi ad ipotizzare apertamente un suo abbandono in caso di vittoria di Schlein, ha fatto un mezzo passo indietro.

Il secondo test sarà quello degli elettori: il Terzo polo riuscirà ad intercettare eventuali moderati spaventati dall’eventuale radicalismo di Schlein? «Se ci giochiamo bene le nostre carte abbiamo buone possibilità di attirare elettori che si sentono senza casa – dice un dirigente di Italia Viva – Ma questi elettori saranno disposti a riconoscerci in noi se continuiamo a imbarcare gente di centrodestra?».

La domanda ha avuto una parziale risposta alle regionali in Lombardia, dove il Terzo polo ha candidando l’ex ministra di Berlusconi Letizia Moratti. È stato un flop, che non ha attirato né elettori di centrodestra, né tanto meno quelli di centrosinistra. La vittoria di Schlein potrebbe quindi avere l’effetto paradossale di riportare il Terzo polo su posizioni più moderate e di centrosinistra rispetto a quanto visto negli ultimi mesi.

Il partito unico

Il rapporto da tenere con la destra e i suoi transfughi aleggia anche sull’altra questione incombente: quella del partito unico. Il leader di Azione Calenda scalpita per accelerare i tempi, mentre Matteo Renzi è più dubbioso – ieri pomeriggio si consultato a Roma con i suoi fedelissimi proprio su questo. La questione si sta facendo più concreta: con quali regole e che forma dovrebbe avere il futuro partito? Un partito di “plastica” costruito intorno alla leadership di Calenda, non attrae i renziani e probabilmente non piacerebbe nemmeno agli eventuali transfughi del Pd. D’altro canto, una struttura tradizionale permetterebbe alle varie componenti della federazione di “contarsi” in modo più o meno democratico – componenti alle quali nel Terzo polo sperano si possa aggiungere presto anche la pattuglia di +Europa.

In un congresso “vero”, Calenda, dopo la recente figuraccia alle regionali, potrebbe non ottenere la scontata acclamazione che si aspettava fino a poche settimane fa. La vittoria di Schlein, insomma, apre molte possibilità per il Terzo polo. Ma avere molte scelte significa anche molte possibilità di fare quella sbagliata.

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