Tra nomi al limite del conflitto di interessi e una maggioranza spaccata con le tensioni incrociate dei ministri, restano incartate le nomine ai vertici di Inps e Inail. Il governo non ha sciolto i nodi, nonostante il tentativo di accelerazione degli ultimi giorni. La Lega vuole evitare il falò di candidature, già visto in estate con l'individuazione dei commissari.

Sul tavolo del consiglio dei ministri non è però arrivata la proposta sui futuri presidenti. L’ipotesi aveva preso quota, prevedendo due fasi: prima la proposta dei vertici e nelle prossime settimane l’indicazione dei cda. Nemmeno “lo split” ha consentito di chiudere il cerchio.

Dai licenziamenti all’Inps

La partita è aperta. Fava resta il grande favorito all’Inps, grazie alla sponsorizzazione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con il placet del sottosegretario al Lavoro, l’altro leghista Claudio Durigon. Su Fava, da sempre vicino a Confindustria (per cui è stato probiviro), montano però dei dubbi su “ragioni di opportunità”. Di recente ha firmato, in qualità di commissario straordinario di Alitalia, la lettera di licenziamento di 2668 dipendenti. Non il miglior biglietto da visita, sebbene le responsabilità sul destino della compagnia di bandiera siano limitate.

È storia nota, poi, la vicinanza di Fava ai giganti del food delivery, per cui è stato consulente di punta. Un’attività che lo ha portato su posizioni opposte all’ente previdenziale, fino allo scontro giunto in tribunale. I colossi del settore hanno perso una causa proprio con l’Inps che aveva chiesto il versamento dei contributi relativi al lavoro dei rider. Le aziende hanno detto di voler valutare il ricorso, che potrebbe mettere Fava nella posizione scomoda di essere presidente dell’Inps ed ex consulente dei ricorrenti. Non un conflitto di interessi, ma un incrocio singolare.

Del resto Fava non ha mai fatto mistero delle proprie idee: ha messo la faccia per Assodelivery, associazione che mette appunto insieme le principali aziende del delivery food. Un esempio? Riferendosi ai rider, in un’intervista al Giornale del 2020, Fava ha sostenuto: «La gran parte lavora su più piattaforme. Gestisce i tempi e i giorni liberamente».

Così il probabile nuovo presidente dell’Inps ha aggiunto: «Insistere sul lavoro subordinato è una bandiera ideologica». Una tesi bocciata, appunto, in tribunale. Sul suo nome si sta consumando anche uno scontro politico. Se la Lega spinge per Fava, la ministra del Lavoro Calderone non è affatto convinta: preferirebbe la conferma dell’attuale commissaria, Micaela Gelera, ritenuta però troppo low profile in ambienti governativi, o il rettore dell’Università politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori, area Fratelli d’Italia.

Partite incrociate

Diverso, e forse più agevole, il cammino di D’Ascenzo, commissario dell’Inail da giugno. Ha il profilo accademico e le stimmate del “figlio d'arte”. Il padre Giuseppe D’Ascenzo, docente di chimica, è stato rettore all’università La Sapienza di Roma fino al 2004. Qualche mese dopo, nel 2005, Fabrizio D’Ascenzo è diventato titolare della cattedra di economia nello stesso ateneo. Da lì ha avviato la scalata fino a diventare, nel 2017, preside della facoltà di economia. A caldeggiare la nomina è principalmente il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, in questo caso con il via libera di Calderone.
I tempi, comunque, rischiano di allungarsi.

Le nomine saranno esecutive solo tra dicembre e gennaio, perché dopo la proposta del consiglio dei ministri, occorrerà completare l’iter dei pareri parlamentari. E qui entreranno in gioco i presidenti delle commissioni Lavoro, come il deputato Walter Rizzetto, che vanta buoni rapporti con gli uffici ministeriali, chiamato a gestire i rapporti con le opposizioni, che potrebbero fare le barricate.

Per questo si valuta di promettere un posto nel cda all’Inps a Marialuisa Gnecchi, ex deputata del Pd, e un altro nel consiglio dell’Inail a Nunzia Catalfo, ex ministra quota Movimento 5 stelle. Ma tra le promesse e la realtà, ci passa un rapporto di fiducia che non c’è tra maggioranza e minoranze.

Al netto delle procedure, è in fase di stallo anche perché bisogna trovare l’accordo complessivo, includendo i direttori generali. All’Inps la candidatura di Valeria Vittimberga, spinta dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, è insidiata dalla conferma dell’attuale dg, insediatosi nell’era di Pasquale Tridico, che ha però saputo guadagnarsi la stima di Calderone e di pezzo di Fdi.

Ancora più complesso il quadro all’Inail: la Lega, in primis Durigon, vorrebbe Antonio Capone, fratello del segretario dell’Ugl, in odor di incompatibilità per l’incarico a Confindustria Toscana. Forza Italia non ci sta a uscirne a mani vuote: rivendica almeno una casella. Per questo resta solida l’ambizione di Marcello Fiori, capo del dipartimento della funzione pubblica, oggi nelle mani di Paolo Zangrillo.

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