Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto per tamponare il disastro diplomatico del governo Meloni con la Francia. Dopo una settimana da dimenticare, che ha prodotto un crescendo di tensioni con l’Eliseo sulla gestione dei migranti, il Colle ha attivato i suoi canali con il presidente francese, Emmanuel Macron. La telefonata distensiva si è conclusa con un doppio comunicato in cui si afferma «la grande importanza della relazione tra i due Paesi» e «la necessità che vengano poste in atto condizioni di piena collaborazione in ogni settore sia in ambito bilaterale sia dell'Unione Europea». Parole quasi identiche, obiettivi comuni e una pace, sia pur precaria, ristabilita ma chissà quanto duratura.

L’ombrello di Mattarella, però, non risolve la questione politica e la dinamica interna alla maggioranza. La gestione dei migranti è un tema politico per il governo Meloni e viene usato –  e rivendicato- in particolare dal leader della Lega e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini.

Suoi sono i toni bellicosi da «l’aria è cambiata», sue sono le anticipazioni su provvedimenti non ancora varati per la guerra alle ong. La nota maldestra della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è stata la conseguenza di un tentativo di inseguire l’alleato interno, senza calcolare le conseguenze internazionali che ha poi provocato. Meloni potrà imparare il galateo istituzionale coi paesi alleati, ma questo non cambierà i fatti.

L’attenzione è tutta sulle future mosse del governo Meloni, che sta valutando di intervenire unilateralmente sulle navi umanitarie con multe, sequestri e divieti di attracco, senza aspettare e investire in iniziative coordinate a livello europeo. Il modello è quello dei decreti Sicurezza del primo governo Conte firmati da Salvini e il Colle dovrà valutare attentamente come procedere.

Nelle prime settimane di governo, Mattarella ha scelto la prudenza, forse nell’ottica di dare al governo un tempo congruo per calibrare le sue mosse. Il suo ruolo di garante della Costituzione, infatti, gli avrebbe formalmente permesso di intervenire con qualche appunto tecnico già sulle prime iniziative dell’esecutivo. 

La tecnica di Mattarella

Il primo pacchetto di misure, che contenevano le norme anti-rave e la riforma dell’ergastolo ostativo, è stato adottato con lo strumento del decreto legge, che costituzionalmente richiede i requisiti di necessità e urgenza. Inoltre, il testo della norma anti-rave ha sollevato dubbi di costituzionali rispetto all’articolo 17 della Costituzione, sulla libertà di riunione.

Tuttavia, Mattarella si è mosso nel solco della prassi istituzionale, che solo in rari casi ha visto il Colle sollevare questioni procedurali o di garanzia costituzionale e tutte le volte l’impatto politico è stato significativo. In passato, il più attivo in questo senso è stato il presidente Giorgio Napolitano, che più volte non firmò decreti del governo Berlusconi, dal decreto legge sul caso di Eluana Englaro al decreto legislativo sul federalismo fiscale.

Proprio sulle norme in materia di immigrazione, però, Meloni dovrà muoversi con cautela nel gestire i rapporti con il Colle. Proprio Mattarella, infatti, è già intervenuto formalmente sul tema in occasione dell’emanazione del decreto Sicurezza voluto da Salvini.

Era il 2018 e il presidente, pur firmando il decreto legge, aveva inviato una lettera all’allora premier Giuseppe Conte, specificando che avvertiva «l’obbligo di sottolineare che, in materia restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia».

La spinta di Salvini

A quattro anni di distanza, però, la linea di Salvini non è cambiata e Meloni non intende – o non è in grado – di porgli un freno, anche se l’effetto è di enfatizzare la spaccatura ormai aperta tra i partiti della maggioranza.

Con la premier Meloni partita per il G20 in Indonesia, Forza Italia ha provato ad abbassare i toni con la presidente della commissione Esteri, Stefania Craxi, che ha detto che «è giusto fare ogni sforzo per ricucire» e sottolineato che Mattarella «ha fatto bene a intervenire» per «ricomporre una frattura inutilmente ingigantita». Il leader leghista, invece, ha liquidato la telefonata Macron-Mattarella con: «L’importante è che l’Europa faccia la sua parte» e «sono orgoglioso dei segnali di cambiamento che il governo ha dato». 

Se questi segnali di cambiamento si tradurranno in iniziative contro le ong, l’effetto di isolamento dell’Italia rispetto all’Europa è un pericolo concreto e a quel punto anche la copertura del Colle non sarà sufficiente o addirittura verrà meno, visti i rilievi già espressi sul tema.

La portavoce della Commissione Europea per gli Affari Interni, infatti, Anitta Hipper ha già precisato - a fronte delle indiscrezioni sulla stampa italiana - che «L'obbligo di salvare le vite in mare vale per tutti, non si possono fare distinzioni tra navi delle ong ed altre». L’interrogativo, allora, sarà a chi darà ascolto Meloni: alle spinte di Salvini o alla moral suasion di Mattarella.

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