Le autorità russe hanno arrestato un nono sospetto accusato di aver aiutato l’organizzazione dell’attacco al centro commerciale Crocus di Mosca. Secondo diversi canali Telegram si tratterebbe di una persona originaria del Tajikistan, come tutti gli altri arrestati. Il bilancio delle vittime dell’attentato intanto è salito a 144 morti e 380 feriti.

Secondo l’agenzia russa Tass, ieri la polizia ha condotto perquisizioni presso le sedi di due società che si occupano di scambi di criptovalute. Le perquisizioni sono probabilmente legate all’accusa mossa dal Comitato investigativo federale secondo cui non meglio precisati “nazionalisti” ucraini avrebbero versato ingenti somme ai responsabili dell’attentato tramite criptovalute. Secondo il Comitato, i terroristi si sarebbero diretti in Ucraina dopo l’attentato per ricevere il resto della loro ricompensa, entrambe affermazioni per cui mancano solide prove.

Nel frattempo, diversi gruppi russi per la difesa dei diritti umani segnalano che da questo giovedì sono in corso arresti e deportazioni di massa tra le comunità di immigrati di San Pietroburgo, la seconda città della Russia. Secondo gli attivisti, i deportati avrebbero riempito almeno due aerei giovedì e altrettanti ieri. Diversi leader politici e opinionisti russi hanno chiesto un giro di vite contro l’immigrazione in risposta all’attacco di Mosca.

Attacchi in Ucraina

La Romania ha annunciato ieri di aver trovato un frammento di drone russo sul suo territorio. Si tratta probabilmente del risultato di uno degli attacchi aerei che la Russia continua a lanciare contro il sud dell’Ucraina, vicino al confine con il paese membro della Nato. Non è la prima volta che frammenti di missili o droni russi atterrano in Romania.

Nel Mar Baltico, vicino allo spazio aereo polacco, caccia italiani si sono alzati in volo ieri per intercettare un aereo russo non identificato. La città di Odessa e il suo porto, nel sud dell’Ucraina, sono stati di nuovo colpiti dai droni russi, mentre nel corso della notte altri attacchi hanno preso di mira la rete elettrica del paese in quella che da ormai due settimane si è trasformata nella più intensa campagna di bombardamenti dall’inverno 2022-23.

Nelle prime ore di venerdì missili e droni hanno colpito in quasi tutte le regioni del paese, con l’eccezione della capitale Kiev. Tre centrali energetiche sono state danneggiate, una persona è morta e sei sono rimaste ferite, dicono le autorità ucraine. Il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ha detto che blackout di emergenza hanno dovuto essere introdotti in diverse regioni.

Tra i bersagli dell’aviazione russa c’erano anche due dighe e le relative centrali elettriche sul fiume Dniestr. «La Russia vuole ripetere il disastro di Nova Kahovka – ha scritto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram, riferendosi alla distruzione della diga lo scorso giugno – Ma questa volta anche la Moldavia è minacciata». A valle delle dighe ucraine, il fiume Dniestr, infatti, entra nel territorio della repubblica di Moldavia.

Offensiva e mobilitazione

In un’intervista pubblicata ieri dal network americano Cbs, Zelensky ha parlato anche della nuova offensiva di terra che le forze armate russe starebbero preparando per i prossimi mesi. Nell’intervista, girata tra le rovine di un bombardamento russo, Zelensky ha detto di aspettarsi l’attacco nel mese di maggio o, al più tardi a giugno.

Il presidente ucraino ha detto che se al momento si parla di stabilizzare il fronte invece che di lanciare contrattacchi è perché gli aiuti americani restano bloccati al Congresso, causando una penuria di munizioni di artiglieria che costringe le forze armate ucraine a restare sulla difensiva.

Nessun segnale, per il momento, di una nuova mobilitazione russa in vista dell’offensiva di cui ha parlato il presidente ucraino. Nonostante i timori di Kiev e degli alleati, il Cremlino non ha ancora utilizzato le accuse di complicità nell’attentato di Mosca per giustificare una nuova mobilitazione.

Ma anche Kiev ha bisogno di nuovi soldati, sia per sostituire le perdite subite che per dare il cambio ai militari impegnati al fronte da oltre due anni. Ieri, la commissione Difesa del parlamento ucraino ha annunciato di aver finalmente terminato l’esame degli oltre 4mila emendamenti presentati alla nuova legge sulla mobilitazione, che dovrebbe aiutare le forze armate a reclutare nuovi soldati. La legge prevede un abbassamento dell’età minima per la mobilitazione da 27 a 25 anni, procedure più semplici per il richiamo dei riservisti e pene più severe per chi si sottrae al reclutamento.

La legge ha avuto un percorso molto lento e difficile ed è considerata molto impopolare presso il pubblico ucraino. Lo stesso Zelensky ha più volte lasciato intuire di non essere completamente d’accordo con il suo contenuto.

Il nuovo comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Oleksandr Syrsky, cerca da tempo di rassicurare il pubblico sulle dimensioni della mobilitazione e ieri ha annunciato che l’esercito ha rivisto al ribasso la precedente stima secondo cui ci sarebbe stato mobilitato un totale di 500mila nuovi soldati.

© Riproduzione riservata