Ho aspettato i miei trentun’anni per cominciare Sex and the City. Imperdonabile lacuna, non c’è che dire, ma in questi anni ho incassato ogni sguardo di stupore e disappunto come reazione alla mia mancanza solo per arrivare a questo momento. Volevo avere all’incirca l’età delle protagoniste per godermi l’esperienza, e in effetti, posso dire che il metodo di allineamento anagrafico funziona.

Capisco la frustrazione di Miranda nel sentirsi la meno sexy del gruppo, capisco la paura di sembrare vecchia di Samantha, capisco un po’ meno il modo in cui Carrie si mantiene a Manhattan scrivendo solo una colonna a settimana, ma la sospensione dell’incredulità non si nega a nessuno.

Ho capito, in modo particolarmente vivido, il senso di angoscia provato dalle quattro amiche ultratrentenni nel constatare che Laney, vecchia panterona anima delle feste, si è trasformata in una grande sacerdotessa del culto della maternità, “The Motherhood”. Rinchiusa in una gabbia dorata nella periferia del Connecticut, Laney vive in funzione della sua gravidanza, circondata da donne che non pensano ad altro.

Una visione talmente traumatica per le protagoniste da spingere Samantha a organizzare una contro-festa, “no-baby shower”, alla quale si presenterà Laney, per dare un’ultima prova della sua immortale energia festaiola, coprendosi di ridicolo davanti a tutti.

L’angoscia per la maternità

Io nutro un terrore insanabile nei confronti della maternità, da ogni punto di vista. Non so se questa cosa cambierà col tempo, ma finché dura vivo il rischio di una gravidanza come una spada di Damocle che grava sul mio utero, e so benissimo di non essere la sola.

Conosco molte mie coetanee che all’idea di trovarsi come Laney, soffocata tra i pannolini e la smagliature, inorridiscono, per molteplici ragioni che non sono affare di nessuno se non della donna che sceglie di non volere figli. E conosco altrettante donne, me compresa, che hanno vissuto con angoscia i minuti che precedono i risultati di un test di gravidanza: perché mentre tieni quel coso di plastica su cui hai appena fatto pipì in mano, nella solitudine di un bagno, sai bene che il problema è tuo.

Non tutti gli uomini scappano a gambe levate di fronte a un incidente di percorso, chiaro, ma anche dando per scontato che le cose siano come dovrebbero essere e nel partner non prevalga la codardia, è tutto nel corpo della donna che si gioca il big match con la natalità, così come con l’interruzione di una gravidanza.

Gabriella Blair è una donna americana, designer, madre di sei figli, ed è una mormona, come si evince dal tweet del 2018 fissato sul suo profilo, un thread che ha generato le basi per il suo saggio in uscita il 5 marzo, Eiaculate responsabilmente, i Tagli Feltrinelli.

Di trovarmi a dare ragione e a seguire con interesse le vicende sessuali delle quattro amiche newyorkesi potevo anche aspettarmelo, a un certo punto della mia vita, di reputare perfettamente sensate le 28 tesi di Blair, una donna che ha fatto delle scelte molto diverse da quelle che potrei mai fare io in materia di riproduzione, un po’ meno.

Senza scadere nella banalità di concetti ripetuti fino alla nausea come la “solidarietà femminile” o ricorrere a qualche tipo di forza mistica come la “sorellanza” per spiegare il sentimento che può generare la lettura del suo libro, mi basti solo dire una cosa: finalmente qualcuno lo ha messo per iscritto.

Di chi è l’errore

Finalmente qualcuno ha ribaltato il dibattito sull’aborto, sulle gravidanze indesiderate e sulla prevenzione, spostando di centottanta gradi il focus di un insieme di temi che trasformano il corpo della donna in un ennesimo terreno di propaganda sterile – giusto per rimanere in tema.

Se le donne restano incinte per errore, l’errore è sempre di chi ha eiaculato, ossia dell’uomo. Allora perché la nostra cultura della prevenzione si basa quasi esclusivamente sull’idea che debba essere il genere femminile a sottoporsi a trattamenti anticoncezionali, quando un uomo, a differenza delle donne, è fertile 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno?

Come scrive Blair nella prima tesi del suo saggio, gli uomini sono 50 volte più fertili delle donne. Si tratta di una realtà biologica, non di un premio che si è conquistato il genere maschile in anni di battaglie per la fecondità.

Non solo, la fertilità della donna è quasi del tutto imprevedibile: si possono calcolare a grandi linee i giorni in cui si può rimanere incinte, ma si tratta sempre di proiezioni. E mentre l’ovulazione è un processo involontario, l’eiaculazione, salvo alcuni casi molto rari, no.

Personalmente, ho avuto partner che mi hanno obbligata a prendere anticoncezionali come pillola e anello, terapie che ho dovuto interrompere innumerevoli volte per una serie di effetti collaterali disastrosi: da quelli di tipo estetico, come acne e cellulite, oltre che a variazioni di peso notevoli, fino a quelli più invalidanti, come crampi, mal di testa, sintomi mestruali senza mestruazioni, sbalzi d’umore, perdita totale della libido.

Pensavo di essere io il problema, e così mi veniva fatto credere, leggendo Eiaculate responsabilmente mi rendo conto che non è affatto una faccenda privata. Gli anticoncezionali femminili provocano una moltitudine di effetti collaterali, anche molto gravi in casi rari, mentre quelli maschili, ossia i preservativi, no, e la vasectomia in quantità decisamente inferiore.

Eppure, siamo portati a dare per scontato che sia la donna a doversi sobbarcare il peso di una cura ormonale se non vuole restare incinta, se non vuole essere additata come una irresponsabile. Del resto, come sottolinea la tesi numero 10, «Non importa che le donne soffrano se serve a rendere la vita di un uomo più facile».

Cambiare focus

«Gli uomini potrebbero facilmente prevenire gli aborti, ma scelgono di non farlo», è la tesi numero 26. Per ogni uomo che si è riempito la bocca di parole sul diritto all’aborto che dovrebbe spettare a ogni donna su questo pianeta, c’è un pene che dovrebbe imparare a eiaculare responsabilmente.

La soluzione affinché non ci siano gravidanze indesiderate, e di conseguenza neanche eventuali interruzioni, è a portata di mano di ogni essere umano di sesso maschile. E come spiega Gabriella Blair, ci sono prove concrete del fatto che preservativi gratuiti, educazione sessuale nelle scuole e abolizione del tabù sulla vasectomia siano atti concreti che funzionano.

Il cambio di focus ci permette, da donne, di tirare un sospiro di sollievo in un ambito in cui siamo già abbastanza ricoperte di responsabilità.

Se anche gli uomini volessero fare un cambio di focus, quello che posso consigliare è di guardare Sex and the City per avere un resoconto divertente di ciò che può essere la vita sessuale di una donna. Ma soprattutto, e questo è qualcosa di più di un consiglio, imporrei la lettura di Eiaculate responsabilmente per aprire gli occhi, prima ancora dei pantaloni.


Eiaculate responsabilmente (Feltrinelli 2024, euro 15, pp. 144) è un saggio di Gabrielle Blair

© Riproduzione riservata