In Italia c’è una lobby occulta di medici e di “falchi del gender” che circuiscono gli adolescenti incerti sulla propria identità di genere e li inducono a cambiare sesso iniettando loro farmaci che bloccano la pubertà? Ovviamente, no.

Il caso inizia il 18 dicembre, quando il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri avanza un’interrogazione in aula: «All’Ospedale Careggi di Firenze ai bambini di età media di 11 anni», viene iniettata la triptorelina, «una sostanza bloccante della pubertà, primo passo del percorso di transizione», senza che prima gli «venga fornita assistenza psicoterapeutica e psichiatrica».

«In Italia, è in costante aumento il numero dei bambini che affermano di essere transgender: alcuni soffrono di disforia di genere, alcuni chiedono semplicemente di cambiare sesso, e in troppi casi vengono accontentati: sembrerebbe che all’ospedale Careggi la spiegazione razionale di questa pratica medica è che con la pubertà bloccata i bambini hanno tempo di esplorare la loro identità di genere e decidere se proseguire il percorso di transizione».

La polemica

In Italia dove tutto è pretesto per la zuffa politica, si scatena la bagarre. Cattolici conservatori come Simone Pillon, del movimento Pro Vita, lo applaudono.

La scrittrice Susanna Tamaro in un dolente fondo sul Corriere della Sera racconta che anche lei da bambina sentiva di esser nata in un corpo sbagliato: «Mi chiedo però che cosa ne sarebbe stato di me se, a sette, otto, nove anni, fossi stata presa sotto l’ala protettiva dei falchi del gender? Mi avrebbero convinto della liceità delle mie inquietudini e, come nella più cupa delle fiabe, con il sorriso suadente di chi in realtà è un orco, mi avrebbero rassicurato...

Psicologi, pillole, ormoni e poi il grande salto di diventare ciò che avevo sempre sognato: un maschio. Sono fermamente convinta che la storia giudicherà i cambiamenti di sesso imposti ai bambini e ai ragazzi come un crimine. Come si può pensare di bloccare con la triptorelina lo sviluppo di un bambino nell’attesa che decida cosa voglia essere?». 

E pure 80 aderenti ad Arcilesbica lanciano un appello in cui affermano: «Come femministe e persone lgbt, osserviamo che minori di undici anni, che si affacciano all’adolescenza e non hanno esperienza della sessualità né piena consapevolezza della distinzione tra fantasia e realtà», non sono in grado di decidere consapevolmente, e perciò dichiariamo «la nostra contrarietà all’utilizzo di farmaci che intervengano sull’equilibrio psicofisico dei bambini».

Così, il 23 gennaio, il ministro della Salute Orazio Schillaci ordina un’ispezione all’ospedale Careggi per verificare i «percorsi relativi al trattamento dei bambini con disforia di genere e all’uso del farmaco triptorelina».

Ma 259 genitori di adolescenti transgender scrivono una accorata lettera aperta al ministro: «È inaccettabile che una interrogazione e un’ispezione espongano in questo modo delle giovani persone e mettano a rischio le vite di famiglie che non hanno fatto nulla tranne che tutelare il benessere dei propri figli e delle proprie figlie».

E 12 associazioni mediche, tra cui l'Associazione Culturale Pediatri e la Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza, emettono una nota in cui si legge: «La triptorelina è un bloccante transitorio e reversibile della pubertà, è un farmaco salva-vita nei giovanissimi transgender e gender diverse, prescritto solo dopo attenta valutazione multiprofessionale, il cui scopo non è né castrare chimicamente e definitivamente, né modificare orientamento e identità sessuale, ma dare tempo ai giovani sofferenti e alle famiglie di fare scelte ponderate e mature, impedendo stigma sociale, autolesionismi e suicidi».

La disforia

Queste polarizzazioni non giovano a nessuno, e soprattutto non giovano a quei poveri adolescenti che stanno patendo le sofferenze della disforia di genere sulla loro pelle.

Secondo il DSM 5 – il Manuale Diagnostico e Statistico che codifica tutte le malattie psichiatriche – la disforia di genere è «una marcata incongruenza tra il genere esperito ed espresso ed il genere assegnato, della durata di almeno sei mesi», che si manifesta con almeno due di questi sintomi: «Un forte desiderio di eliminare le proprie caratteristiche sessuali primarie e secondarie, un forte desiderio di avere le caratteristiche sessuali primarie e secondarie di un altro genere, un forte desiderio di essere o di essere trattato come appartenente a un genere diverso». 

In sostanza, questi adolescenti sentono di essere nati in un corpo che non è il loro: se sono nati con i caratteri sessuali maschili e vengono allevati come tali vorrebbero essere femmine, e viceversa. Possono soffrire di disforia bambini e adolescenti, ma più spesso si manifesta nel passaggio dall’adolescenza alla pubertà. È un malessere piuttosto raro, che colpisce un maschio su 10mila e una femmina su 27mila.

La disforia di genere non è più considerata una malattia psichiatrica, e tuttavia comporta un grande malessere per i bambini e gli adolescenti che ne soffrono, e che possono arrivare a patire un disagio fortissimo, a soffrire di depressione, a compiere atti di autolesionismo, ed a tentare il suicidio spesso riuscendo nell’intento.

Come funziona

La triptorelina è un farmaco agonista degli ormoni di rilascio delle gonadotropine che inibisce la secrezione di testosterone nel maschio e di estrogeni nella femmina, gli ormoni che guidano lo sviluppo dei caratteri sessuali durante la pubertà.

Per questo motivo, la triptorelina viene anche denominata “bloccante della pubertà”, anche se la sua azione è temporanea e reversibile. Normalmente, viene utilizzata per curare i bambini affetti da pubertà precoce (una malattia che comporta uno sviluppo patologicamente prematuro, prima degli otto anni nella femmina e prima dei dieci nel maschio), e nell’adulto per curare l’endometriosi o tumori ormonodipendenti come il cancro alla prostata o al seno.

Seguendo le indicazioni della Endocrine Society, dal 2008 in varie nazioni del mondo – e pure al Careggi – la triptorelina viene utilizzata off label per curare anche adolescenti che soffrono di disforia di genere solo dai 12 anni in su, per cui la pubertà è iniziata, cioè a cui è già cominciato a crescere il pelo pubico o il seno.

In Italia l’Aifa ne ha autorizzato l’uso dal febbraio 2019, a patto che la prescrizione avvenga solo dopo attenta valutazione dell’adolescente da parte di una équipe specialistica composta da neuropsichiatri, psicologi ed endocrinologici. Come ogni farmaco, la triptorelina ha effetti collaterali: può dare cefalea, ansia, depressione, ma i suoi effetti a lungo termine nel trattamento della disforia sono incerti perché gli studi al riguardo sono limitati. Però, studi scientifici dimostrano che fino al 40 per cento degli adolescenti che soffrono di disforia tenta il suicidio e che la terapia con triptorelina riduce questo rischio del 70 per cento. 

Chi resta escluso dalla conversazione

In questa triste vicenda hanno parlato solo gli adulti: politici, scrittori, e Arcilesbica. Nessuno ha ascoltato la voce dei bambini e degli adolescenti che soffrono di disforia.

Io ne ho incontrati tanti, come Jeffrey, che ora ha 16 anni, anche se alla nascita si chiamava Maria. «Io fin da quando avevo sei anni volevo essere un maschio, e mi vestivo da maschio. Odiavo il mio corpo, quando ho iniziato a mettere su il seno ho cominciato a tagliarmi le braccia, la pancia e le gambe, adesso non ho più un centimetro di pelle sano, e alla fine ho tentato di uccidermi. Pregavo i medici che mi dessero gli ormoni per cambiare sesso, ma loro mi ascoltavano e mi dicevano che avevo solo un po’ di confusione in testa e che non ero pronto, non me li hanno dati e avevano ragione: adesso sono Jeffrey e sto bene così, non sono ancora stabile, ma poi vedrò».

Roberta invece era nato Luca: «Ho preso la triptorelina da piccola, come mi ha consigliato il mio psichiatra dopo un anno di colloqui, e ora a diciott’anni sono felice».

Dei 159 adolescenti che si sono rivolti al Careggi nel 2023, solo a 26 è stata somministrata la triptorelina. Ho come l’impressione che in questa storia siano gli adulti a vedere orchi delle fiabe, che nella realtà non esistono.

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