Le attese si sono rivelate purtroppo corrette e l’affluenza è in calo nelle Marche, dove si vota fino a lunedì alle 15 per l’elezione del presidente della Regione. Alle urne sono chiamati circa 1,4 milioni di cittadini e alle 23 hanno votato il 37,7 per cento degli aventi diritto, in calo di cinque punti percentuali rispetto alla stessa ora cinque anni fa. Nel 2020, gli elettori erano stati circa il 60 per cento, in questa tornata il rischio è che a votare vada appena un elettore su due.

Secondo i pronostici sia del centrodestra che del centrosinistra, il minor numero di votanti dovrebbe favorire lo sfidante, l’ex sindaco di Pesaro e oggi eurodeputato del Pd Matteo Ricci, che punta a sfilare la regione all’uscente di Fratelli d’Italia, Francesco Acquaroli.

La voce che circola tra i dem, infatti, è che con un’affluenza intorno al cinquanta per cento la partita sarebbe aperta e si potrebbe sperare di riportare l’ex regione “rossa” sotto la guida del centrosinistra. Se così fosse, il campo largo che la segretaria del Pd Elly Schlein sta cercando di costruire darebbe la prima spallata al centrodestra di Giorgia Meloni.

Le Marche, infatti, sono l’unica regione il cui esito elettorale è considerato incerto, delle sette al voto fino a fine 2025.

Schlein spera

La legge regionale prevede elezioni a turno unico, dunque senza ballottaggio e con esito secco: vincerà chi prenderà più voti. «Andiamo a votare per il futuro delle Marche», ha detto dal seggio Ricci, che ha votato a Pesaro. Acquaroli invece era a Potenza Picena, in provincia di Macerata.

La segretaria Schlein, che ha rispettato il silenzio elettorale e non ha commentato il voto, però, spera. In caso di vittoria, infatti, potrebbe rivendicare la prima vittoria contro la premier, in una regione che è cara a FdI proprio in virtù della grande amicizia che lega Acquaroli alla premier. Sarebbe poi anche la prima dimostrazione che il campo largo possa davvero essere l’alternativa all’alleanza di centrodestra, in vista delle politiche del 2027.

In caso di sconfitta, invece, la segreteria – già in questo momento alle prese con lo scontento della componente più moderata dei dem – rischia ulteriore malcontento e distinguo interni sulle sue scelte strategiche.

Se, come sempre si ripete, le elezioni amministrative non vanno confuse con le politiche, è vero anche che ogni test elettorale è utile in questo momento a misurare il gradimento del governo, che nella campagna elettorale marchigiana si è speso moltissimo: Meloni, Tajani e Salvini infatti hanno chiuso la campagna di Acquaroli ad Ancona e il Cipess ha sbloccato un tesoretto di fondi da 60 milioni di euro per opere pubbliche in regione. Da fonti di centrodestra, trapela cauto ottimismo anche se nessuno si sbilancia in pronostici.

Si è votato anche in Valle d’Aosta, in un unico giorno, dove l’elezione del presidente della Regione non è diretta ma gli elettori votano per i partiti, che si accorderanno poi per la scelta del governatore. I risultati sono arrivati nella tarda serata.

Le altre regioni

Se le Marche sono l’unica regione davvero contendibile, il suo risultato sbloccherà la situazione dei candidati per il centrodestra nelle altre regioni al voto nei prossimi mesi. Nel caso di una sconfitta nelle Marche, infatti, FdI potrebbe rivendicare la candidatura di un suo uomo in Veneto, che invece è regione reclamata dalla Lega per il dopo Zaia.

In ogni caso, gli esiti nelle altre regioni al voto sembrano scontate: il prossimo fine settimana si voterà in Calabria e il superfavorito è l’uscente di Forza Italia, Roberto Occhiuto. La settimana successiva sarà il turno della Toscana, dove è dato per riconfermato l’uscente dem Eugenio Giani.

Infine sarà il turno dell’election day del 23 e 24 novembre, in cui i seggi saranno aperti in Campania, Puglia e Veneto. In queste ultime regioni il centrodestra non ha ancora indicato il candidato, ma i pronostici danno per vincitori il dem Antonio Decaro in Puglia, il Cinque stelle Roberto Fico in Campania e chiunque venga candidato dal centrodestra in Veneto. Se non ci fossero sorprese, dunque, la geografia politica delle regioni non cambierebbe e questo rende così determinante l’esito nelle Marche.

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