Mentre l’ombra della Corte penale internazionale aleggia su Tel Aviv, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che «l'idea di porre fine alla guerra prima di raggiungere tutti i nostri obiettivi è inaccettabile. Noi entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas presenti lì, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale».

Che significa questa sortita mentre tutti gli alleati auspicano un accordo per una tregua in cambio del rilascio di alcuni ostaggi?

Probabilmente Netanyahu ha detto queste parole ad uso interno, per rassicurare il ministro di estrema destra Ben Gvir, che ha minacciato di far cadere il governo. «Ho avvertito il primo ministro» sulle conseguenze «se, Dio non voglia, Israele non entrerà a Rafah. Il primo ministro ha promesso che Israele sarebbe entrato a Rafah, che la guerra non sarebbe finita e che non ci sarebbe stato un accordo sconsiderato - ha affermato Ben Gvir - Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherà se queste cose non accadono». Cioè andare al voto anticipato e la fine politica di Netanyahu.

Intanto il Wall Street Journal ha anticipato i contenuti della proposta sulla tregua a Gaza, che Israele avrebbe contribuito a formulare ma che non ha ancora accettato, come d'altra parte Hamas. Il piano prevede due fasi: la prima implicherebbe il rilascio di almeno 20 ostaggi in tre settimane per un numero imprecisato di prigionieri palestinesi.

La seconda fase includerebbe un cessate il fuoco di 10 settimane durante le quali Hamas e Israele si accorderebbero su un rilascio più ampio di ostaggi e su una pausa prolungata nei combattimenti che potrebbe durare fino a un anno. La durata della prima fase potrebbe essere prolungata di un giorno per ogni altro ostaggio. Sebbene l'ala politica di Hamas abbia inizialmente risposto positivamente, scrive il Wall Street Journal, l'organizzazione islamista si è poi lamentata che i termini non facessero alcun riferimento esplicito alla fine della guerra.

Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza, considerato il principale decisore nei colloqui non si è ancora pronunciato ma anche lui ha tutto l’interesse a tirare per le lunghe i negoziati come Netanyahu. Hamas ha risposto al segretario di Stato, Blinken che aveva parlato di offerta generosa da non lasciarsi sfuggire: «Fermare i crimini non è generosità».

I delegati di Hamas al Cairo hanno detto che si consulteranno e torneranno a riferire. Ma, hanno avvertito, la proposta non fornisce garanzie chiare che Israele faccia sul serio riguardo alla seconda fase dell'accordo. Un diplomatico israeliano ripreso dal Times of Israel, ha affermato che Israele ha deciso che non invierà ancora una delegazione al Cairo per i colloqui. Intanto, almeno 34 persone sono state uccise nei raid israeliani nella Striscia, incluse 26 a Rafah secondo fonti palestinesi. I caccia israeliani hanno lanciato raid sulle aree a ovest di Rafah, e sulla periferia di Beit Hanoun, nella Striscia settentrionale.

Testimonianze dei medici

Gli investigatori della Corte penale internazionale (Cpi) hanno raccolto testimonianze tra il personale dei due maggiori ospedali di Gaza. Lo riporta la Reuters: questa è la prima conferma che rappresentanti della Cpi hanno parlato con i medici dell'ospedale Al Shifa di Gaza City e del Nasser, principale ospedale a Khan Younis, di possibili crimini di guerra.

Secondo indiscrezioni pubblicate dal sito di notizie Ynet, il primo tema all'ordine del giorno del gabinetto di governo israeliano di ieri era proprio il timore di mandati di arresto da parte della Corte penale internazionale dell'Aja (Cpi) per il premier Netanyahu, il capo di stato maggiore Herzi Halevi e il ministro della Difesa, Yoav Gallant.

La questione - riferisce Ynet - è stata inserita nell'agenda del governo, su iniziativa del primo ministro. Secondo Barak Ravid di Axios «il portavoce della Casa Bianca, John Kirby, ha affermato che gli Stati Uniti sono contrari a un'indagine della Cpi contro Israele, ma si oppongono anche a minacce e intimidazioni contro i giudici della corte».

Blinken in Giordania

Il segretario di Stato americano Antony Blinken è stato ricevuto ad Amman dal re giordano Abdullah II e dal ministro degli Esteri Ayman Safadi. Al centro dei colloqui l'impegno per arrivare a un cessate il fuoco nella Striscia, la liberazione degli ostaggi, aiuti per la popolazione palestinese e la ricostruzione post conflitto.

Domenica Blinken, che si recherà poi in Israele, ha incontrato il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan bin Abdullah, a Riad. Durante il colloquio sono state esaminate le modalità per rafforzare le relazioni bilaterali e riprendere l’ingresso negli Accordi di Abramo.

La Corte Internazionale di giustizia dell'Aja ha respinto la denuncia presentata dal Nicaragua contro la Germania in merito all'esportazione di armi tedesche verso Israele. «Le circostanze non sono tali da richiedere di adottare misure provvisorie», ha affermato il giudice libanese Nawaf Salam.

Il Nicaragua aveva chiesto che venissero adottate misure nei confronti della Germania per evitare l'esportazione di armi verso Israele. La Germania ha negato le accuse, affermando che la denuncia del Nicaragua è stata affrettata e preparata sulla base di prove inconsistenti.

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