Un anno prima dell’invasione russa della Crimea, la Svezia si scopre vulnerabile sul fianco che si affaccia sul Baltico. La notte del 29 marzo 2013, a 100 miglia dalla capitale, i radar svedesi intercettano sei aerei da guerra russi. Due bombardieri strategici TU22-M3 volano insieme a caccia SU-27. Prima di virare e tornare indietro, la squadriglia – secondo quanto confermerà la Nato due anni dopo – simula un attacco nucleare su alcune strutture militari svedesi sulla costa.
Sverker Göransson – ai tempi comandante supremo delle forze armate svedesi – commenta il fatto e in un’intervista dice che in caso di un vero attacco russo i suoi soldati sarebbero stati in grado di resistere per non più di una settimana. L’episodio non resta isolato. L’attività militare russa nel Baltico si intensifica e Stoccolma comincia il suo graduale allineamento all’Alleanza Atlantica, che ha avuto una decisiva accelerazione nell’ultimo anno. E a dieci anni da quell’episodio – una volta superato il veto di Erdogan – la bandiera svedese sarà la 32esima a sventolare al quartier generale della Nato a Bruxelles.  

Logica da Guerra Fredda

Negli ultimi anni la Svezia ha investito in nuove tecnologie militari, riaperto basi militari scavate dentro una montagna e dismesse dopo la fine della Guerra Fredda, e ha sviluppato aerei da guerra progettati per qualsiasi scenario e in grado addirittura di decollare da un’autostrada. La spesa militare dal 2015 al 2023 è raddoppiata, e arriverà a 11 miliardi di dollari nel 2024, segnando un’impennata del 30 per cento in un solo anno.
«La Svezia si ritrova nello scenario di sicurezza più critico dalla fine della Seconda guerra mondiale», si legge nella nota ufficiale che annuncia la misura a metà settembre.
Paese storicamente neutrale, nel 2018 è stata reintrodotta la leva obbligatoria e nel 2015 aveva già rispolverato la dottrina della “difesa totale” che reintroduce una politica di mobilitazione generale e che in caso di guerra coinvolge a vari livelli tutti i cittadini dai 16 ai 70 anni.
Un concetto spiegato anche in un opuscolo da 19 pagine che il governo distribuisce alla popolazione e dove punto per punto ci sono consigli e raccomandazioni da seguire in caso di conflitto, emergenza o attacco terroristico. «Se la Svezia viene attaccata da un altro paese, non ci arrenderemo mai», si legge in una nota evidenziata in rosso. In tutto il paese ci sono 65mila bunker, con spazio per sette milioni di persone – sui dieci milioni di abitanti – e il governo garantisce di renderli accessibili in 48 ore in caso di raid aerei. C’è anche un link a una mappa interattiva dove trovare quello più vicino a dove si vive. 

Decine di questi bunker sono segnalati su Gotland, la più grande isola del Baltico. Da qui i soldati e le navi russe di stanza a Kaliningrad distano poco più di 300 chilometri. L’isola è stata demilitarizzata nel 2005, quanto succede poi in Crimea fa cambiare idea ai vertici militari svedesi, e nel 2016 vengono nuovamente inviate truppe e mezzi militari. A Gotland oggi ci sono 400 soldati schierati, carriarmati e battaglioni anfibi. «Avete un compito strategicamente molto importante qui, penso non ci sia un’isola più importante da nessuna parte», è stato il commento di Ben Hodges – comandante delle forze armate Usa in Europa – in visita sull’isola nel 2017.
Nel 2022 sono state installate nuove batterie di missili e ampliate caserme e alloggi per ospitare più truppe, con uno stanziamento straordinario da 163 milioni di dollari. Ad aprile scorso 26.000 soldati da 14 paesi hanno partecipato ad Aurora 2023, simulando un attacco ibrido e la difesa della Svezia in un conflitto, per quella che è stata la più grande esercitazione organizzata dal paese scandinavo in 25 anni. E in quei giorni l’arrivo di Lloyd J. Austin ha segnato anche la prima visita di un capo del Pentagono in Svezia in più di 20 anni.

Gli anni della cooperazione

L’allineamento politico tra Svezia e alleati europei e occidentali ha la sua data simbolo nel 1995 quando Stoccolma entra a far parte dell’Unione europea. Quello militare inizia un anno prima e non si è ancora formalmente concluso. La cooperazione con la Nato va avanti dal 1994, in questi anni la Svezia ha partecipato a esercitazioni congiunte e alle missioni a guida Nato in Afghanistan, Iraq e Kosovo. E ha anche schierato otto dei suoi aerei da guerra per operazioni in Libia nel 2011, senza però partecipare attivamente alle missioni di combattimento.
L’esercito rispetto agli alleati non ha grandi numeri  – sono circa 14mila i soldati in servizio – ma l’apparato militare svedese è tra i più avanzati al mondo.
«Gli svedesi insieme alla Finlandia e alla Polonia che sta progredendo, hanno le forze di difesa con la “d” maiuscola più efficaci in tutta Europa», racconta in un’intervista dalla Gran Bretagna Frank Ledwidge, avvocato ed ex ufficiale militare con missioni in Afghanistan, Balcani e Iraq. In Svezia «Tutte le risorse sono focalizzate sulla protezione, tutto il sistema è incentrato sulla difesa», spiega. E il paese produce da sé parte di quello che gli serve per difendersi.

La produzione di armi 

È così per il corazzato da combattimento CV90, per uno dei più tecnologici sottomarini mai progettati, il Gotland. In Svezia si produce il Gustaf, lanciarazzi in uso dal 1946 dagli eserciti di mezzo mondo, e che è impiegato anche da Gran Bretagna, Usa e da Kiev. E sviluppa il Gripen, aereo da combattimento che “porta l’aeronautica svedese nel futuro”, così come viene celebrato dal video che spiega la cooperazione tra il colosso industriale Saab e le forze armate svedesi. 
Un aereo progettato per volare sempre, letteralmente. Può decollare da una base aerea, ma i militari lo testano per farlo partire e atterrare chiudendo una strada al traffico. A un pilota basta una doppia corsia in asfalto lunga 500 metri per decollare, larga 16 metri. Una pista è lunga circa due chilometri e larga 45 metri, per intenderci. In più per riarmare il velivolo ed effettuare rifornimento, bastano un tecnico e cinque meccanici, che sono addestrati per rendere l’aereo pronto alla missione in dieci minuti. 

Tutta questa tecnologia è progettata per portare la Svezia nel futuro, ma ragionando su uno schema degli anni Ottanta, con una logica da Guerra Fredda che allinea la Svezia all’essenza della Nato, perlomeno per come è stata concepita l’alleanza militare nel 1949: la sua funzione antisovietica.
La Saab richiama espressamente la dottrina BAS 90 per spiegare l’evoluzione del suo velivolo. Una tattica inventata dall’Aeronautica svedese durante la Guerra Fredda – spiegata in un documentario del 1986 – con aerei militari dispiegati in tutto il paese, piste nascoste tra i boschi e strade che possono essere usate come rampe di decollo dislocate sulle mappe dei piloti, da nord a sud nel paese.
L’idea era, ed è, quella di resistere a un raid, anche in caso di aeroporti e basi distrutte, rendendo impossibile al nemico mettere completamente fuori uso l’aeronautica.
C’è di più, «a differenza del F-16 o del Typhoon, il Gripen è progettato per sfidare un unico nemico: la Russia», spiega Ledwidge durante l’intervista. «Credo che il Gripen sarà molto più utile alle forze ucraine rispetto agli f-16, sul piano degli attacchi», racconta Ledwidge, argomentando come l’aereo sia fatto «per volare a bassa quota, ed è specificatamente pensato per penetrare i sistemi di difesa russi».

Futura protagonista? 

Il prossimo paese a far parte della Nato potrebbe dunque avere un ruolo da protagonista nello scenario ucraino. In parte è già così. La scorsa settimana, come conferma Ledwidge – che oggi insegna all’università di Portsmouth -  «l’aeronautica ucraina ha finito il programma di familiarizzazione con l’aeronautica svedese» per capire da vicino come utilizzare le strumentazioni di questo questo tipo di aereo.
Secondo lui sarà il prossimo tema su cui ruoterà il dibattito della guerra: «Molto presto vedremo una richiesta dal presidente Zelensky» per avere i Gripen, sostiene. Il presidente ucraino ha già aperto a questa possibilità a metà agosto, in occasione della sua visita a Stoccolma. Li ha definiti «un orgoglio svedese» con l’auspicio che «questo orgoglio venga condiviso con l’Ucraina». La fornitura di aerei svedesi è stata fin qui esclusa dal primo ministro svedese Ulf Kristersson.
«Siamo un paese geograficamente molto grande e dobbiamo difenderci», ha detto in un’intervista tv. L’orizzonte temporale e politico è però scandito dal modo in cui chiude l’intervista. «Non siamo ancora nella Nato».

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