A San Valentino ci aveva provato Momentum, ma non è stato amore: con questo partito d’opposizione, in pochi sono scesi in strada. Questo venerdì invece andrà diversamente. La sequela di scandali, dimissioni e faide intestine che sta attraversando il sistema orbaniano farebbe la fortuna dell’opposizione a Viktor Orbán, se non fosse che questa opposizione è ormai già da un po’ frammentata e moribonda. Perciò a convocare in protesta la società civile ungherese, questo venerdì alle sei di pomeriggio in piazza degli Eroi, ci pensano gli influencer. La prima a lanciare l’idea è stata la youtuber Edina Pottyondy, ma c’è anche il cantante ungherese del momento  – pure lui seguitissimo sui social – e cioè il ventiduenne Azahriah.

Per ora sui social network gli animatori della protesta guadagnano proseliti, quindi le strade si dovrebbero gonfiare. Ovviamente l’autocrate ungherese sta preparando la controffensiva: dopo giorni passati sottocoperta, inizia a dar di nuovo segni di reazione. Pare che nel partito si stia studiando, come possibile mossa di propaganda per sovrastare gli scandali, un ennesimo inasprimento della legge anti lgbt. Inoltre sabato Viktor Orbán –  da una protetta convention di partito, ma proiettato nelle televisioni del paese – farà il suo discorso alla nazione, sua tradizione dai tempi del primo governo. Dalla fine degli anni Novanta a oggi, la sua presa sulla società non ha fatto che aumentare, e c’è da scommettere che non intenda allentarla.

Le puntate precedenti

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Tutto comincia con una grazia presidenziale di troppo, e va avanti con un sistema tuttora in agitazione: i riverberi sono politici e non solo; si sentono pure all’interno della chiesa calvinista. Riassunto delle puntate precedenti: il 2 febbraio il portale 444 rivela che nell’aprile 2023, contestualmente con la visita del Papa a Budapest, la presidente della Repubblica ungherese, l’orbaniana Katalin Novák, ha concesso la grazia presidenziale al vicedirettore dell’orfanotrofio di Bicske, Endre Kónya, il quale aveva cercato di coprire gli abusi pedofili, arrivando a forzare i bambini a prestare falsa testimonianza. Orbán non ha esitato a sacrificarla, e dunque Novák sabato scorso ha annunciato le sue dimissioni.

Sempre per implicazioni nell’iter della grazia, si è ritirata dal palco della politica anche Judit Varga, che altrimenti sarebbe stata proiettata a capolista di Fidesz alle europee, e che in precedenza era stata ministra della Giustizia. Il suo ex marito, Péter Magyar, non un politico da ribalta ma un’influente figura organica di Fidesz, ha preparato la riscossa; si è dimesso «dalle mie cariche in aziende pubbliche e consigli di vigilanza: non voglio far parte di un sistema nel quale i veri capi si nascondono sotto le gonne delle donne». Poi domenica, in un’intervista di poco meno di due ore rilasciata sul canale Partizán, e che ha avuto numeri milionari di visualizzazioni, Magyar ha difeso Varga, che a suo dire non voleva firmare la grazia, e soprattutto ha lanciato un j’accuse contro un sistema – quello orbaniano – per dire che funziona come una mafia a conduzione familiare.

Scintille tra fazioni

Non ci sono fondamenti per pensare che l’autocrazia di Viktor Orbán, costruita in anni di controllo dell’economia, della società e dei media, possa essere compromessa nel profondo per queste vicende. Tuttavia il fatto che Péter Magyar – che era parte del sistema – abbia presentato pubblicamente alcuni dei lati più deteriori del sistema - ad esempio il fatto che lui e l’ex moglie venivano spiati e che quindi neppure chi è in cima al potere è indenne –  resta un passaggio significativo, quantomeno per leggere gli scontri interni al sistema stesso.

Magyar nel suo j’accuse prende di mira principalmente Antal Rogán –  il potentissimo ministro che controlla anche i servizi segreti –  da lui definito «il Richelieu di Orbán». A sua volta, l’ex moglie di Péter Magyar, la dimissionaria Judit Varga, sconta anzitutto i passi falsi di Zoltán Balog. Parliamo del vescovo della chiesa riformata, già più volte ministro di Orbán, assai legato alla moglie del premier, e ritenuto il principale sponsor della scandalosa grazia per Endre Kónya, il quale proviene da una famiglia potente nella chiesa calvinista. In Ungheria corre voce che Balog sia da tempo l’amante di Novák, la cui ascesa politica è in ogni caso strettamente legata a lui; basti pensare che la ex presidente era stata capo di gabinetto del ministero di Balog. E a sua volta lui è nel consiglio presidenziale. 

In tutto questo, mentre Novák e Varga si dimettevano, Zoltán Balog si dava alla fuga. Altro che rassegnarsi o dimettersi: nel pieno dello scandalo, il vescovo se n’è andato dall’Ungheria. Domenica 11 febbraio si trovava in un monastero in Austria, nel Burgenland, e quando i cronisti lo hanno pescato, pur di sfuggire alle loro domande, se n’è tornato in patria. Poi ha preteso la riconferma piena: dopo aver tenuto nel segreto più totale l’evento per sfuggire alle domande, martedì pomeriggio Balog ha informato con un video che era stato appena riconfermato alla guida della chiesa riformata con oltre l’ottanta per cento di consensi.

In realtà la sua permanenza è tutt’altro che pacifica, e il dissenso emerge sempre di più: Károly Fekete, il vescovo di un distretto influente, ha chiesto pubblicamente le dimissioni; e pure la stampa filogovernativa lancia affondi contro di lui. 

Gli influencer e Orbán

Le tensioni interne potrebbero giovare all’opposizione, se non fosse frastagliata e debole. Dopo il tentativo di unione per le elezioni di aprile 2022, conclusosi con Viktor Orbán più forte che mai, l’allora leader Péter Márki-Zay ha avuto un declino rapido quanto l’ascesa. Persino in vista delle comunali di Budapest, dove al momento governa l’opposizione, il fronte contrario rischia di dividersi. Momentum, nato appunto dalle proteste di piazza, deve lottare per la sopravvivenza alla soglia di sbarramento delle europee.

Perciò un pugno di seguitissimi influencer ha deciso di far da sé, senza risparmiare critiche all’opposizione. Edina Pottyondy, che in passato ha militato per Momentum, e che oggi è amata per i suoi video, la sua satira, la stand-up comedy, ha lanciato la manifestazione di venerdì, che ha intitolato Monsters Walk Outside. Con lei altri personaggi popolari, compreso il giovane cantante del momento, Azahriah.

Il premier ungherese, dopo aver tentato di scampare allo scandalo semplicemente con il silenzio e con una promessa di inasprire la costituzione, mercoledì è tornato – almeno sui social – annunciandosi «al lavoro». Sabato farà il suo discorso alla nazione. Nel frattempo pare che l’istituto di sondaggi vicino al premier stia perlustrando la possibilità di inasprire il reato di pedofilia qualora sia commesso da persona dello stesso sesso. Vale la pena ricordare che nel 2021 Fidesz aveva usato un provvedimento contro la pedofilia come cavallo di Troia per introdurre una legge anti lgbt di carattere censorio. Ora – dopo che la presidente orbaniana con la sua grazia ha avallato di fatto gli episodi di pedofilia – il premier che pensa di fare? Cavarsela con il rumore e la propaganda omofoba.

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