Una petizione per chiedere al Consiglio europeo che si riunirà martedì 6 febbraio di non stralciare le norme sulla definizione di stupro come rapporto sessuale senza consenso, quelle che derivano dalla Convenzione di Istanbul. L’ha lanciata sulla piattaforma Change.org l’associazione Differenza donna sabato sera. Fra le sostenitrici c’è Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo e relatrice italiana sulla direttiva, la prima a lanciare l’allarme per «un fatto gravissimo» che è, dice la petizione «una presa di posizione inaccettabile contro il quale tutte e tutti noi dobbiamo far sentire la nostra indignazione».

 Nel merito: è stato depennato dal testo approvato dall’assemblea l’articolo che definisce il reato di stupro come rapporto sessuale in assenza del consenso esplicito della donna; le molestie sessuali sul luogo di lavoro; e la violenza online. «Un pericoloso arretramento», secondo l’europarlamentare, «In queste ore c’è stata una grande mobilitazione del mondo femminista, dell’associazionismo e dell’opinione pubblica. La posta in gioco è importante e in poche ore sono arrivate migliaia di adesioni; dobbiamo fare in modo che questa mobilitazione non si esaurisca con la decisione di martedì. Abbiamo il dovere di costituire un fronte compatto, forte e autorevole perché le sfide europee che verranno nei prossimi anni non possono passare sempre sul corpo delle donne».

Intanto però si rischia un incomprensibile passo indietro, che non è imposto dai paesi tradizionalmente contrari ai diritti delle donne. Perché Germania e Francia, che pure hanno legislazioni avanzate sulla violenza contro le donne, oggi respingono il nodo più importante di questa direttiva?

Vengono opposte questioni “tecniche”, ma si capisce che sono argomentazioni di comodo. Al fondo c’è un discorso culturale: il tema del consenso è qualcosa che scava nel profondo perché riguarda la sfera relazionale tra uomo e donna su cui non tutti sono pronti a fare i conti. Ma il vero punto, purtroppo, è la campagna elettorale iniziata in tutti i paesi: che consiglia evidentemente di non sollevare questioni delicate e divisive per una parte delle opinioni pubbliche interne. Mi aspettavo più coraggio. Non è un buon segno.

Dunque contro i diritti delle donne l’Ungheria non è più sola?
L’Ungheria ovviamente è contraria. Quando c’è da fare qualcosa per lo Stato di diritto troviamo Orbán sempre da un’altra parte. Ma ci sono altri paesi, come la Spagna, che fanno un altro ragionamento: il governo Sanchez preme poco sugli altri partner perché ha, per sua fortuna, una legislazione interna molto avanzata. Quindi resta alla finestra.

L’Italia si è schierata a favore delle donne: la ministra Roccella ha dichiarato che il nostro paese è contro lo stralcio, e per l’approvazione del testo così come lo ha licenziato il parlamento.
Formalmente il governo italiano difende la direttiva così come l’ha elaborata il parlamento Europeo. Ma la verità è che non vedo un grande attivismo da parte di Giorgia Meloni, non mi pare si stia prodigando in tutto il globo terracqueo per cercare di aprire un negoziato reale.

Insomma si torna al vecchio problema dell’Unione europea: ciò che il Parlamento costruisce gli Stati membri smontano?

Non è sempre così, ma questo episodio è grave. E ci deve far riflettere su quanto sia necessaria una riforma delle istituzioni europee. Anche per questo la prossima legislatura sarà fondamentale. Il Parlamento deve avere piena dignità legislativa altrimenti non ci sarà mai una piena sovranità europea.

Un brutto finale di legislatura, proprio sul tema dei diritti delle donne, su cui spesso Bruxelles ha dato lezioni di civiltà ai singoli paesi. Ma perché?

Vivo queste ore di lotta assieme a molte amiche, colleghe e compagne con un senso profondo di rabbia. A che serve dipingere di rosso le panchine, fare i convegni, dire alle altre donne che è giusto esporsi, che bisogna sempre denunciare, se poi ci accontentiamo di una direttiva che una volta svuotata avrà di avanzato solo il titolo? Dopo ogni tragedia siamo travolti dalla commozione. Ma poi, all’atto pratico, prevale sempre il calcolo di convenienza.

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