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Il lungo ciclo di votazioni deve ancora cominciare, ma una parte importante degli esiti è già chiara. Le elezioni in questione sono quelle di metà mandato (“midterm”) dell’Europarlamento: ogni due anni e mezzo, l’aula torna a scegliere la sua o il suo presidente, i quattordici vicepresidenti, i cinque questori, e anche commissioni e delegazioni rinfrescano le loro presidenze. Con ogni probabilità sarà l’attuale vicepresidente Roberta Metsola, la maltese del gruppo popolare, a prendere il posto di presidente che è stato di David Sassoli. I pochi avversari che le restano ricordano tutte le volte che ha espresso posizioni retrive su temi come il diritto all’aborto. La velleità, coltivata dai socialdemocratici fino a questo autunno, di dare all’emiciclo una guida progressista si è frantumata nel corso dei mesi per la mancanza di una volontà politica abbastanza ampia e incisiva. I socialdemocratici (S&D) confermano l’accordo con popolari (Ppe) e liberali (Renew), mentre verdi e sinistra europea presentano ciascuno la sua candidata di bandiera. «Eravamo pronti a discutere con Ppe,S&D e liberali per arrivare a un accordo a quattro, ma non è andata così» dice il presidente dei verdi Philippe Lamberts. I verdi rischiano di trovarsi con un vicepresidente invece di due, la sinistra di non averne affatto. Mentre il fronte progressista è sbriciolato, più a destra dei popolari continua il lavorìo dei sovranisti per logorare il cosiddetto «cordone sanitario». I conservatori, con Fratelli d’Italia, puntano a una vicepresidenza.

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