Dopo aver costruito dietro le quinte la candidatura alle presidenziali di Éric Zemmour, Marion Maréchal esce definitivamente dal cono d’ombra nel quale si era sapientemente defilata. Ora reclama il proprio ruolo e dichiara la propria ambizione: disarticolare la destra francese, o come dice lei stessa, «farne una coalizione delle destre». Questo è il suo piano da tempo e ora è il momento in cui tentare. Comunque vadano queste presidenziali, la competizione alla quale Marine Le Pen difficilmente potrà sfuggire è quella con sua nipote Marion. Già lavora alla «coalizione» per le legislative, per non parlare di un’altra candidatura che resta per ora velata: la propria, per le presidenziali del 2027.

La riconquista

Il 19 aprile, Marion Maréchal ha annunciato di aver assunto l’incarico di vicepresidente esecutiva di Reconquête, il partito imbastito da Zemmour nei mesi della sua candidatura all’Eliseo.

Dieci anni fa, Maréchal, all’epoca ventiduenne, era stata la più giovane deputata della storia dell’Assemblée nationale, catapultata in un collegio della Vaucluse su invito del capostipite della famiglia, e del Front National: il nonno Jean-Marie Le Pen. A maggio 2017, subito dopo le scorse presidenziali dalle quali Marine Le Pen esce sconfitta, la nipote annuncia l’uscita di scena dalla politica: «Ragioni personali», dice. Fonda un istituto privato (Issep) a Lione, studia, concerta. C’è già allora un’ossessione che la guida, e che contribuisce alla separazione dal partito guidato dalla zia. «Io penso che la strategia vincente stia nell’alleanza tra borghesia conservatrice e classi popolari», lascia detto già nella primavera di cinque anni fa a Valeurs actuelles, rivista di estrema destra. «È questa la chiave del successo di Nicolas Sarkozy nel 2007», Maréchal cita uno dei riferimenti politici della sua giovinezza. E poi, già allora, indica quella che poi diventerà la strategia attuale di Zemmour: «La questione identitaria permette di ricomporre ogni frattura», sulle battaglie identitarie si costruisce per Maréchal la ricomposizione delle destre in Francia.

La borghesia e la rabbia

«Rispetto alla zia, Marion si distingue per l’impronta neoliberista, l’orientamento al libero mercato», dice Jean-Yves Camus, massimo esperto di estrema destra francese. Questo tratto è presente nel 2017, quando anche su questo punto emerge la incompatibilità con Marine Le Pen e con Florian Philippot, sul quale Le Pen scommette. Per la zia, il Rassemblement si radica se mobilita l’elettorato operaio. La nipote ha un’altra idea in mente, ed è la stessa che guida lei e Zemmour oggi. «I dati del primo turno mostrano che Zemmour ha riscosso successo nei distretti ricchi della capitale, tra persone anziane, ricche, cattoliche: insomma, tra la borghesia che si è radicalizzata a destra su temi identitari», spiega Camus. Ed è proprio questo il modello che Marion Maréchal persegue: unire le destre, o meglio tenere insieme gli elettorati sotto il collante di quella che lei chiama «questione identitaria». La «identità» per lei significa difesa a oltranza di «matrimonio e figli», e «il tema dell’immigrazione». Zemmour, islamofobo e fustigatore dell’immigrazione, ideologo del “gran rimpiazzo” dei musulmani, incarna questa visione. I due si sono conosciuti alla convenzione della destra del 2019: quell’evento era già un segnale di sfida di Marion alla zia.

Oltre le presidenziali

Anche se la candidatura di Zemmour al primo turno ha sottratto voti a Le Pen, ne ha anche facilitato il processo di dédiabolisation: nell’asse politico, è comparsa a destra una figura persino più estrema di lei. In realtà, Maréchal aveva chiaro dall’inizio che al ballottaggio Zemmour avrebbe sostenuto Le Pen. Del resto il sette per cento da lui ottenuto è stato accolto come deludente dai suoi sostenitori. Ma l’annuncio di un impegno diretto di Marion Maréchal in Reconquête arriva nel momento in cui la «unione delle destre» può farsi concreta, non tanto né solo per i risultati di Zemmour, quanto per quelli ancor più deludenti della destra moderata dei Républicains, fermi sotto il cinque per cento. In vista delle legislative di giugno, Maréchal vuol capitalizzare i rapporti già tessuti da tempo con repubblicani sempre più disallineati, come Éric Ciotti. La squadra di Zemmour, a cominciare da Sarah Knafo, l’enarca scelta come sua consigliera, ha organizzato per mesi cene con industriali e manager vicini, prima, a François Fillon o a Sarkozy.

Roma, Budapest, Mosca

Vincenzo Sofo, marito di Maréchal ed eurodeputato passato non a caso dalla Lega a Fratelli d’Italia, riferisce che per ora «al netto di rapporti personali non ci sono rapporti politici tra FdI e Reconquête». Ma alla famiglia dei conservatori europei (Ecr) manca ancora una costola francese, e la galassia dei pensatoi vicini a Meloni ha seguito con interesse lo sviluppo dell’esperienza Zemmour-Maréchal. Questo anche in virtù di uno snodo comune, e cioè Budapest. Nei think tank orbaniani sono gravitate – e si sono incontrate - entrambe le destre. Nicolas Bay, eurodeputato passato – e cacciato – dal Rassemblement a Zemmour, ha passato la notte elettorale ungherese al Mathias Corvinus Collegium, foraggiato dal governo Orbán. Sia lui che Maréchal hanno una storia politica costellata da passaggi a Budapest – lei, non la zia, era all’ultimo raduno orbaniano per la «famiglia tradizionale», il “summit demografico” di questo autunno – e legami con Mosca. Se Marion Maréchal ha una biografia politica infarcita di missioni a Mosca, cooperazioni o critiche alle sanzioni, Zemmour è stato tra i candidati il più esposto in modo esplicito verso la Russia. Ora la nipote di Marine punta al fronte delle destre per puntellare il parlamento francese.

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