Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, vuole aumentare le accise sul gasolio a partire dal 2021, ma i petrolieri si stanno muovendo perché non accada. Il 27 agosto si è chiusa la consultazione pu sulle misure che il ministero vuole mettere in campo per eliminare gradualmente i sussidi ambientalmente dannosi, primo tra tutti quello per il diesel: attualmente infatti l’accisa è più bassa di quella della benzina e il governo vorrebbe gradualmente equipararla.

L’aumento previsto è di 2,7 miliardi in 10 anni, fino al 2030. Il ministro ha inoltre promesso una riforma a saldo zero. L’aumento, cioè, verrà convertito in incentivi.

Costa ha detto lunedì a Radio 24 che l’Unione petrolifera, l’associazione confindustriale di cui fanno parte le grandi aziende del settore petrolifero tra cui Eni e Saras, sarebbe d’accordo. Martedì il presidente di Up, Claudio Spinaci lo ha smentito: «Abbiamo detto esattamente il contrario».

Diesel vs benzina

In Italia sono concessi ogni anno 19,7 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi (Sad) che il ministero dell’Ambiente elenca in un catalogo (che comprende anche quelli favorevoli all’ambiente). I Sad vanno a vantaggio di industrie e cittadini. Una delle platee più assistite è quella formata da agricoltori, autotrasportatori e automobilisti che hanno un’auto diesel: beneficiano di oltre 5 miliardi di euro di “sconto” sul gasolio, grazie a un’accisa più bassa rispetto alla benzina, una differenza che il ministero dell’Ambiente vorrebbe gradualmente ridurre.

Per il ministero questo sussidio indiretto “non è razionale”. La differenza di trattamento in termini fiscali, si legge nel catalogo, “rappresenta una distorsione rilevante, poiché incoraggia l’utilizzo di veicoli che hanno emissioni più elevate” per quanto riguarda gli inquinanti. Quindi “non ci sono ragioni ambientali evidenti per garantire al diesel un trattamento fiscale più favorevole rispetto alla benzina”.

La misura colpirebbe il 43 per cento degli automobilisti italiani, oltre 16 milioni di vetture tra automobili e veicoli commerciali. I mezzi agricoli per ora non saranno toccati. Nelle intenzioni, la somma, stimata in 2,7 miliardi, dovrebbe essere recuperata in maniera graduale e andare a finanziare un fondo per l’acquisto di veicoli meno inquinanti. Il ministero dell’Economia invece vorrebbe approfittarne per fare cassa. Se così fosse però la Corte dei conti ha già prefigurato, in un intervento in parlamento, l’arrivo dei gilet gialli. Come in Francia quando il presidente, Emmanuel Macron, provò ad alzare le accise sul carburante nel 2018.

Per intervenire senza penalizzare nessuno, la legge di Bilancio 2020 ha istituito presso il ministero dell’Ambiente una commissione interministeriale di cui fanno parte oltre ai rappresentanti dei dicasteri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico, dell’Agricoltura e dei Trasporti; i docenti di Economia politica dell’università Unitelma Sapienza e di Tor Vergata, Leonardo Becchetti e Piergiuseppe Morone.

Becchetti ha detto: «Il problema è anche sociale. Agricoltura e autotrasporto sono settori delicati. Se si vuole intervenire in modo efficace bisogna cercare di ridurre il rischio di conflitti e tensione. Abbiamo deciso di intervenire su quelli più rilevanti e dove la soluzione è più a prova di critica».

La consultazione del ministero

Prima di prendere la decisione definitiva, il 31 luglio è partita una consultazione pubblica sul sito del ministero sui primi sette sussidi da rivedere: non solo la minore accisa del gasolio rispetto alla benzina, ma anche agevolazioni sul gas naturale e il gpl per usi industriali, l’esenzione dall'imposta di consumo per gli oli lubrificanti e le agevolazioni per i carburanti delle forze dell’ordine.

La riconversione dei sussidi al gasolio è la più consistente anche se coinvolgerebbe solo gli automobilisti e il trasporto leggero. Per il 2021 è previsto un incremento delle accise di 366 milioni di euro, circa un settimo della somma finale. L’allineamento con l’accisa sulla benzina e la conversione totale è prevista tra dieci anni, nel 2030. In ogni caso le variazioni non incideranno sul “gasolio commerciale” usato dalle aziende di autotrasporto con veicoli di massa superiore a 7,5 tonnellate.

Il settore agricolo non è stato toccato perché, spiega Becchetti, «se eliminassimo questo tipo di agevolazioni senza alternative, gli agricoltori andrebbero su metodi ancora più inquinanti». La commissione continuerà a lavorarci.

Alla consultazione, si legge nelle schede riassuntive del ministero, hanno partecipato 327 soggetti. Di questi 235 sono intervenuti sulle accise: 144 contro l’aumento, 91 a favore. Il confronto però è partito prima. La commissione ha iniziato a maggio una serie di interlocuzioni con le associazioni coinvolte, tra cui la stessa Unione Petrolifera. Costa ha detto: «rilevo con molto piacere che non ha fatto le barricate, ma anzi ha detto ci sta bene, vi facciamo delle controproposte». Spinaci ha replicato: «Siamo stari chiarissimi sia nell’audizione che nella consultazione: non è né equo né economicamente sostenibile per i consumatori che subirebbero un aumento di fiscalità, soprattutto i trasportatori e i lavoratori autonomi». Nei documenti del ministero si legge che l’Up non ritiene condivisibile la misura e attacca la validità della proposta del ministero basandosi sul fatto che i dati sugli inquinanti sono superati e che già adesso la fiscalità sui carburanti è più pesante rispetto al resto d’Europa. Un altro elemento che l’Up non approva è che la riconversione dei sussidi andrebbe a finanziare l’acquisto di auto elettriche ibride e plug-in.

Ugualmente accese le reazioni degli altri imprenditori che sarebbero toccati. Assopetroli, che rappresenta i proprietari delle pompe di benzina, ha paragonato l’aumento dell’accisa alla «tassa sul macinato», ovvero la tassa che nei primi anni del Regno d’Italia colpiva le quantità di cereale macinato per risanare i conti in rosso dello stato. Già quest’estate, in un’intervista al Giornale, il vicepresidente di Conftrasporto-Confcommercio, Paolo Uggè, si è detto pronto al blocco del trasporto e ha assicurato che se il ministero andrà avanti «in cinque giorni mettiamo il paese in ginocchio».

Non è detto che saranno incentivi

Al timore sull’aumento dell’imposta, si aggiunge quello sulla destinazione del gettito. Prima del Covid-19 il premier, Giuseppe Conte, ha detto che il governo agirà sulle tax expenditures, le spese fiscali di cui questi sussidi fanno parte. Il Programma nazionale di riforma firmato dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e pubblicato a luglio, è più esplicito su come il governo abbia intenzione di usare la revisione delle imposte ambientali e l'abolizione dei sussidi ambientalmente dannosi: “Saranno i pilastri della strategia di miglioramento dei saldi di bilancio e di riduzione del rapporto debito/Pil nel prossimo decennio”.

La mossa è stata notata dalla Corte dei conti, che intervenendo in parlamento quest’estate ha detto che si tratta di “un mero recupero di gettito” e ha ricordato poi come l’aumento dell’accisa abbia portato alle rivolte dei gilet gialli che per mesi hanno devastato Parigi: «È ben noto come in Francia la proposta di una limitata revisione al rialzo delle aliquote sul diesel nell'autunno 2018 abbia acceso una forte rivolta sociale legata alla maggiore povertà energetica delle zone rurali, tale da far congelare l'intero progetto».

In Italia finora il progetto si è fermato ben prima che la gente arrivasse in piazza. La viceministra dell’Economia, Laura Castelli, a luglio del 2018, ha elaborato un primo documento mai concretizzato. Due mesi dopo, in occasione del varo del decreto Clima, il ministro Costa ha provato a imporre un taglio del 10 per cento a tutti i sussidi. Un blitz inutile, perché, oltre a mettere a rischio l’intero provvedimento è fallito tra le proteste di Confindustria, Coldiretti e le associazioni ambientaliste.

La commissione dovrebbe elaborare a breve il suo responso. «Una volta chiusa la consultazione - ha detto il professor Becchetti -si procederà nel modo stabilito verso la legge. Su quello che è andato in consultazione la strada dovrebbe essere spianata». Il ministro Costa continua a promettere il saldo zero, ovvero di riorientare i sussidi per ciascuna categoria senza creare scompensi a nessuno. Le decisioni però dovranno essere condivise dal ministero dell’Economia, che ha bisogno di trovare risorse, e infine dal parlamento. L’interlocuzione di governo deve ancora cominciare, e anche su come strutturare gli eventuali incentivi nessuno e d’accordo. L’Unione petrolifera se da una parte dà la battaglia per persa, dall’altra punta sui consumatori: «Bisogna dirlo chiaramente che l’automobilista diesel pagherà di più il gasolio».

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