In questi giorni di freddo che sta attraversando l’Italia ci si rende conto della condizione di chi non può permettersi di scaldare la propria casa o di chi proprio non ce l’ha. Come il ragazzo morto di freddo venerdì a Roma. La questione della povertà energetica è oggi di grande attualità per l’impatto che l’aumento del prezzo del gas sta avendo sulle famiglie, mentre si discute di un secondo intervento da parte del governo per provare a ridurre una crescita delle bollette che potrebbe superare gli 800 euro a famiglia tra spese per elettricità e riscaldamento, secondo le stime delle associazioni dei consumatori.

Di sicuro, quanto messo in campo fino a oggi non è adeguato ad affrontare un problema crescente, visto che già prima della pandemia le famiglie che non erano nelle condizioni di pagare il riscaldamento erano 2,3 milioni.

Nel nostro paese per le famiglie più povere è in vigore un contributo nella forma di bonus gas e luce che, pur positivo, evidenzia dei limiti sia per la platea limitata dei soggetti che possono beneficiarne che per l’entità troppo bassa del contributo.

Partire dai bonus

Quello che servirebbe è un confronto all’altezza della sfida che ci ha posto l’Europa con Next Generation Eu, ossia nella direzione di una transizione ecologica giusta con politiche innovative e riforme che permettano di utilizzare al meglio i finanziamenti che oggi certo non mancano.

Si potrebbe partire dall’emergenza inflazione, per affrontare in modo innovativo gli impatti devastanti che rischia di determinare su tante famiglie già oggi in difficoltà. Il governo Draghi invece di spalmare le risorse per la riduzione delle bollette tra tutte le utenze dovrebbe intervenire sul bonus gas e luce, aumentando il contributo, allargando la platea e correggendo i limiti che fino a oggi lo hanno caratterizzato, in particolare per l’assenza di una lettura del fenomeno calata nei tessuti urbani.

Le ricerche portate avanti da Giovanni Carrosio a Trieste descrivono quanto siano diversificate le situazioni che portano le famiglie a rinunciare a scaldarsi nei mesi invernali, a rinfrescarsi nelle bollenti notti estive o a trovarsi improvvisamente in una condizione di morosità da cui non riescono più ad uscire.

E confermano come non basti un approccio statistico ma serva coinvolgere comuni e strutture sociali e sanitarie per individuare percorsi di supporto alle famiglie per poi arrivare a mettere in campo interventi strutturali nelle abitazioni.

Autoprodurre per spendere meno

Roberto Monaldo

E qui sta la seconda innovazione che bisognerebbe introdurre nelle politiche, che è quella di passare da un contributo al consumo a interventi di isolamento termico degli edifici e di autoproduzione dal solare che possono consentire di ridurre drasticamente la spesa delle famiglie.

Non è utopia, già sono tanti gli interventi realizzati anche in Italia che dimostrano come sia possibile passare negli edifici da una classe energetica G a una a consumi quasi zero. Quello che serve è un salto di scala industriale, per arrivare a riqualificare 100mila edifici all’anno.

In Olanda lo stanno facendo da tempo con il programma “Energiesprong”, negli altri paesi europei si stanno definendo interventi analoghi che coinvolgono l’intera filiera delle costruzioni. Sul lato della bolletta elettrica invece l’esempio a cui guardare è in periferia di Napoli, dove Legambiente e la Fondazione con il sud hanno realizzato una comunità energetica dove l’energia solare viene distribuita tra le famiglie più povere di San Giovanni a Teduccio.

Il laboratorio ideale per applicare queste idee è il patrimonio di 760 mila alloggi di edilizia sociale distribuito in tutta Italia, dove puntare a realizzare riduzioni dei consumi ambiziose, verificate nei risultati e da condividere con progettisti, imprese e inquilini.

Sarebbe utile anche per parlare seriamente delle sfide che ha di fronte il settore delle costruzioni invece che rincorrere le richieste di allargamento del superbonus a ville e villette. Intanto non sprechiamo le opportunità che si aprono e una prima occasione è la revisione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevista a fine 2022.

A quella scadenza si dovrà arrivare con una strategia per affrontare in modo serio la povertà energetica con interventi a partire dalle periferie oggi più in difficoltà. Potrebbe essere un primo passo per dimostrare di aver compreso l’errore di aver chiuso gli occhi per troppi anni sulle crescenti disuguaglianze.

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