Ida è il più forte uragano ad aver colpito la Louisiana, lo stato americano devastato da Katrina nel 2005. Il problema però non è tanto che fosse un mostro di categoria 4 (su 5), ma quanto poco ci ha messo a passare da tempesta tropicale senza nome nel Golfo del Messico alla forza con la quale ha toccato terra a Fort Fourchon.

Di solito gli uragani rallentano prima della costa, Ida invece ha preso velocità. Ci vorranno giorni per un conteggio delle vittime, settimane per quello dei danni: nel tardo pomeriggio italiano di ieri il governatore della Louisiana, John Bel Edwards, ha detto di aspettarsi una crescita notevole del numero dei morti durante la giornata.

Un milione di persone è rimasto senza elettricità. Il 95 per cento della produzione di petrolio del golfo si è fermata. In un ospedale di New Orleans i medici sono stati costretti a pompare ossigeno a mano nei polmoni di pazienti intubati per il Covid-19.

Per una strana coincidenza, Ida è atterrata nello stesso giorno di Katrina, 16 anni fa. La buona notizia è che il sistema di argini da 14 miliardi di dollari costruito nel post Katrina per evitare gli allagamenti che nel 2005 uccisero più di 1.800 persone a New Orleans sembra aver retto: Ida è stato il suo test più duro finora.

Ma questo uragano è un campanello d’allarme, quasi l’illustrazione di quanto letto meno di un mese fa nel rapporto Ipcc sulla crisi climatica: il mare più caldo (da metà secolo la temperatura nel Golfo del Messico è aumentata di 1,6° C, nel tratto dove è passata Ida viene descritta d’estate come quella di una vasca da bagno) e atmosfera più umida (7 per cento di umidità per ogni grado di temperatura che aumenta) sono il carburante di questi fenomeni. Aree come il Golfo del Messico sono ormai piene di benzina.

Velocità aumentata

Da un punto di vista tecnico, la rapida intensificazione di un uragano è l’aumento nella velocità del vento di 35 miglia orarie (56 km/h) in 24 ore. È la soglia oltre la quale si deve davvero avere paura e prepararsi al peggio: Ida l’ha superata in sei ore, nelle 24 ore la sua velocità è aumentata di 65 miglia orarie (104 kmh), quasi il doppio della soglia del terrore: non era solo Godzilla, era un Godzilla che andava a tavoletta verso la costa.

Sabato sera gli abitanti della Louisiana sono andati a dormire con la minaccia di venti a 105 miglia orarie (168 km/h). Quando sono si sono svegliati domenica mattina la velocità toccava i 150 (241 km/h).

Questo tipo di escalation pone domande inquietanti sull’adattamento e sulla capacità di una città o di un stato di mettere in piedi un’evacuazione (senza parlare di un’evacuazione durante una pandemia).

Per farla in sicurezza servono 72 ore prima dell’arrivo sulla terraferma, per formarsi e poi toccare Fourt Fourchon Ida ce ne ha messe in tutto 74. In queste condizioni non c’è abbastanza tempo per chiudere le strade, fermare i servizi pubblici, mettere le persone al sicuro, l’uragano va più veloce dei tempi di reazione ai quali è abituato un paese come gli Stati Uniti, che pure nel sud e nell’est ha una certa familiarità con gli uragani.

Quello della velocità di Ida è un pattern: anche Michael (categoria 5, 2018, Florida) e Harvey (il diluvio sopra Houston del 2017) erano stati soggetti a rapida intensificazione.

La crisi climatica

Fenomeni come Ida rappresentano i peggior scenari possibili, cioè quello che succede quando si sommano condizioni note (il caldo e l’umidità) con la sfortuna, in questo caso l’assenza di venti che potessero smorzarne la corsa.

Non bisogna spiegare ogni fenomeno meteorologico estremo con la crisi climatica, ma la crisi climatica aumenta la probabilità che si verifichino le condizioni ideali per fenomeni estremi: come disse il climatologo Andrew Dessler in occasione delle eccezionali ondate di calore in Canada di giugno, è come tirare il dado, ma le facce del dado col numero 6, il valore più alto, stanno aumentando, e quindi aumentano le probabilità che esca il numero 6.

Se la rapida intensificazione diventa più frequente, nelle aree colpite cambia il rapporto tra la costa, la vita umana e gli uragani, per gli amministratori e le comunità è sempre più difficile prepararsi in tempo.

In una ricerca del 2017 pubblicata sul Bulletin of the American Meteorological Society, si calcola che in condizioni climatiche normali un’intensificazione da 70 miglia orarie in un giorno (alla Ida) sia un fenomeno da una volta ogni secolo, ma in condizioni climatiche alterate come quelle attuali può verificarsi da cinque a dieci volte entro la fine questo secolo.

Lo stesso studio ipotizzava la possibilità di un’escalation da 100 miglia orarie (160 km/h) in 24 ore, non è mai successo, prima era nell’orizzonte dell’impensabile, oggi non più. La stagione degli uragani intanto non è finita, di solito dura fino al termine di ottobre e ci sono già cinque tempeste tropicali senza nome nel Golfo del Messico, altri cinque dadi lanciati sperando che non esca il 6.

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