A lezione dalle città: così le metropoli battono le emissioni

Il 2025 non è stato l’anno di Donald Trump sul clima, come in tanti prevedevano e qualcuno sperava. Il processo di decisione multilaterale non è deragliato con l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi e anche nella Cop30 di Belém, seppur tra inevitabili lentezze e contraddizioni, si sono fatti passi avanti indispensabili a disegnare una traiettoria condivisa di riduzione delle emissioni di gas serra. A dieci anni dall’Accordo sull’impegno climatico il pianeta si trova, purtroppo, con una curva di andamento delle emissioni e delle temperature non in linea con gli obiettivi sottoscritti, ma con alcune novità significative. La prima è che quegli impegni risultano oggi di gran lunga più credibili, perché è in corso una rivoluzione industriale in rapida accelerazione nella direzione della elettrificazione dei consumi, dello sviluppo delle fonti rinnovabili, della mobilità a emissioni zero, di sistemi di accumulo sempre più efficienti e a basso prezzo. Trump vuole cancellare la base legale della lotta climatica: proposta l’abrogazione della norma che regola le emissioni Passaggio a Est Ma è la seconda novità quella che dovrebbe far riflettere, ossia il fatto che il baricentro di questo processo si è spostato a oriente, con la Cina a guidare l’innovazione industriale, ma tanti altri paesi che hanno compreso le opportunità che si possono aprire di riduzione della spesa energetica, sicurezza e sviluppo economico. Lo scontro in corso non è più da tempo sul clima, tra negazionisti e invece chi vuole essere in prima fila negli sforzi di riduzione delle emissioni, ma tra chi sta provando per ragioni di interesse ad accelerare un cambiamento di modello industriale ed energetico, e dall’altra chi – come Trump e gli stati che possiedono petrolio e gas – vuole rallentare e boicottare per opposti interessi questa prospettiva. In mezzo oggi troviamo l’Europa, che in teoria ha obiettivi tra i più ambiziosi ma in pratica si sta condannando a un ruolo sempre più marginale nello scacchiere internazionale. Il sogno delle città a zero emissioni: un esperimento che non deve fallire La Germania Ci sono due paesi che raccontano in sintesi le sfide in corso e le opportunità che si potrebbero aprire in questo nuovo scenario. Il primo è la Germania, che è stata a lungo una grande protagonista dei negoziati internazionali sul clima, con un forte ruolo di cooperazione internazionale grazie al suo sistema di agenzie statali, imprese, banche. Era la fase che ha visto un grande sviluppo delle rinnovabili nel paese – che nel 2024 hanno superato il 57 per cento della produzione di energia elettrica – e con progetti in diverse aree del mondo. Oggi siamo completamente in un'altra epoca. Il cancelliere Friedrich Merz ha rilasciato dichiarazioni da Belém che hanno fatto indignare il paese ospitante e sembra del tutto inadeguato a gestire la profonda crisi che sta vivendo il settore dell’automotive, in balia degli eventi rispetto a una concorrenza cinese che sforna auto elettriche a costi sempre più bassi e competitivi. Invece di governare questa fase, stringendo da un lato accordi industriali con le aziende di Pechino per fare in modo che si continuino a costruire qui auto e batterie, e dall’altro spingendo regole europee che premino il come e dove sono realizzati i componenti, con standard sociali e ambientali, l’unico tema al centro della discussione è il rinvio dello stop alla vendita delle auto a combustione nel 2035. Come se bastasse a fermare un treno in corsa da cui si rischia di essere travolti. Cop30, i paesi riusciranno a mantenere le promesse? Il parere dei nostri lettori Il Pakistan Poi c’è il Pakistan, che ha stupito tutto il mondo con un record di installazioni di solare fotovoltaico nel 2024 – per dare un’idea, più del doppio dell’Italia – e un trend analogo che continua nel 2025. La ragione è persino banale da spiegare: famiglie e piccole imprese hanno capito che è il modo più semplice per avere energia sicura e a basso costo. Il sistema energetico se ne è accorto perché i prelievi dalla rete elettrica si sono ridotti del 12 per cento e la diretta conseguenza è stata la cancellazione dell’acquisto di carichi via nave del costoso Gnl. Ma se il più grande problema che il pianeta ha di fronte è la lentezza dei processi di decarbonizzazione allora è alle città che bisogna guardare. Perché qui si concentrano larga parte della popolazione mondiale e i più gravi impatti di alluvioni, ondate di calore e, dunque, le soluzioni che funzionano qui hanno un valore più importante e moltiplicatore. Cop30, Bonelli: «L’Europa ha un’opportunità, ma sul clima Meloni fa la portavoce di Trump» Le città La buona notizia è che proprio nelle aree urbane troviamo oggi i risultati più incoraggianti e i piani più ambiziosi di riduzione delle emissioni. Nella Conferenza dei sindaci impegnati sul clima, organizzata a inizio novembre dal network C40 a Rio de Janeiro, è stato impressionante il racconto di città di tutto il mondo che stanno trovando risposta ai problemi di gestione della mobilità, dei rifiuti, di produzione di energia con soluzioni efficaci e che – da Dacca ad Addis Abeba fino a Delhi – aiutano oltre che il clima anche le persone e le amministrazioni locali a ridurre la spesa. A dimostrazione che le soluzioni oggi esistono e che la sfida è far conoscere queste esperienze, replicarle e supportarle in ogni parte del mondo con accordi di cooperazione. Ma proprio qui sta il problema, perché le città non hanno un ruolo nei negoziati sul clima e non esistono dei programmi diretti di finanziamento. E lo stesso vale a livello europeo, dove ogni paese si muove in ordine sparso e dunque si rischia di perdere il valore aggiunto che le aree urbane possono svolgere come poli di innovazione e come moltiplicatori di risultati. Soprattutto, non bisogna far passare l’idea, cara alle destre di tutto il mondo, che queste siano questioni locali, da lasciare ai sindaci. Quando invece nessun target sul clima può risultare credibile senza una forte cooperazione con le città. È esattamente la sfida che l’Italia ha di fronte in questa fase post Pnrr, quando si cominceranno a vedere i benefici dei tanti progetti realizzati, di linee di tram e stazioni aperte, di quartieri riqualificati e edifici a emissioni zero. Per dare continuità a questi interventi e, in parallelo, avviare quelli che invece non sono entrati nel Piano nazionale che riguardano la messa in sicurezza di quartieri, piazze, fiumi e l’adattamento agli impatti di un clima che è già cambiato. La sfida dell’adattamento, il successo della Cop30 dipende anche da questo