Quella scorsa è stata l’estate più calda mai registrata nel nostro continente e il 2022 è stato il secondo anno più caldo da quando misuriamo le temperature. La salute dei cittadini dell’Europa meridionale non aveva mai dovuto reggere così tanti giorni di stress da calore, la perdita di ghiacciai sulle Alpi non è mai stata così elevata, è stato il secondo anno peggiore per la superficie forestale bruciata e la mancanza di acqua nei fiumi. Sono le informazioni chiave del rapporto European State of the Climate del Copernicus Climate Change Service presentato ieri. Nell’Unione europea non esiste una fonte più autorevole di questa per conoscere lo stato del clima dell’anno passato.

Vittima designata

L’emergenza climatica non è una livella, colpisce in modo diseguale le geografie e le comunità, ha una serie di vittime designate e il rapporto Copernicus ci ricorda una verità scientifica troppo spesso ignorata: l’Europa, e in particolare l’Europa meridionale, è una vittima designata del riscaldamento globale.

Le temperature medie globali sono aumentate di 1.1°C rispetto all’èra pre industriale, ma da noi sono già salite di 2.2°C, nessun continente si sta riscaldando velocemente quanto il nostro. Nel sud Europa ci sono stati giorni del 2022, a marzo, tra maggio e agosto, a ottobre e a dicembre in cui le temperature erano fino a 10°C più elevate delle medie.

Le giornate di stress da calore (un indice che misura anche umidità, vento, condizioni del contesto) sono aumentate del 30 per cento in Europa meridionale e – a seconda delle latitudini – d’estate ci si possono aspettare ormai da 70 a 100 giorni l’anno in cui questo stress è pericoloso per la salute umana.

Secondo l’analisi di World Weather Attribution, la traduzione concreta è stata la perdita di 20mila vite, persone che sono morte nell’estate 2022 e che avrebbero invece visto l’inverno successivo in un clima stabile. Se nell’estate 2021 la foto di copertina era stata Siracusa, con i suoi 48.8°C di agosto – temperatura più alta della storia europea – per il 2022 Copernicus ha scelto, come città simbolo, Londra che, per la prima volta nella sua storia, a luglio ha avuto una giornata da 40°C.

Siccità

Nel 2022 un terzo dell’Europa è stato in siccità, il 63 per cento dei fiumi era sotto i livelli di guardia (altro record), ma il dato preoccupante è a monte del ciclo: sulle Alpi sono spariti in una sola estate 5 chilometri cubi di ghiacciai e tra i 20 e i 50 giorni di neve. Il punto geografico di maggior sofferenza di tutto un continente in sofferenza sono le Alpi italiane, che hanno perso nel 2022 il 60 per cento della neve, con punte locali del 75 per cento.

In Europa sono anche bruciati 900mila ettari di foreste, seconda stagione degli incendi peggiore di sempre, con epicentri Francia, Spagna e Portogallo. Copernicus offre una fotografia del presente, non fa previsioni sul futuro, oggi non sappiamo che estensione avrà la siccità dell’estate 2023 – dipende dalle precipitazioni dei prossimi mesi – né quanto saranno opprimenti le ondate di calore.

È sempre la questione di distinguere il clima – con le sue scale trentennali – e le oscillazioni del meteo. Per usare le parole di Samantha Burgess, vicedirettrice di Copernicus, «immaginate le giornate come un mazzo di carte: le carte nere sono giornate fresche, le carte rosse quelle calde. Più aumentiamo la concentrazione di gas serra e più togliamo carte fresche dal mazzo, che invece si riempie di carte torride». A quel punto la probabilità di pescare una giornata di stress da calore molto forte (superiore a 38°C) o estremo (superiore a 45°C) non fa che aumentare.

Allarmante ma non sorprendente

European State of the Climate è una fotografia allarmante, ma non sorprendente. Questi dati amplificano la cronicizzazione del senso di emergenza sul clima che sperimentiamo in Europa: c’è da chiedersi che impatto avranno queste nuove informazioni precise, dettagliate, preoccupanti ma anche le stesse da tempo, in linea con quelle diffuse a marzo con la sintesi del rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici dell’Onu.

Come spiega Carlo Buontempo, direttore di Copernicus: «È stato un altro anno da record per gli incendi, le temperature, l’assenza di precipitazioni e la concentrazione di CO2. Da queste condizioni dipendono la nostra possibilità di prosperare come società e la nostra stessa vita». Sono parole di un alto rappresentante delle istituzioni scientifiche europee e non di un leader di Ultima generazione, rischiano di diventare un rumore di fondo, in questo momento è come se si fosse rotta la filiera tra conoscenza e società.

Come ragiona Giorgio Vacchiano, scienziato e co-fondatore del Climate Media Center, «dobbiamo a parlare di questa crisi come quella che è: un’emergenza sanitaria e alimentare». L’altro tema sollevato da Copernicus è l’adattamento, come mettere la nostra società in condizione di reggere la parte di cambiamento che non possiamo evitare.

«Dobbiamo superare la condizione di stupore ed educarci a percepire il clima come un discorso sistemico, non una collezione di problemi isolati. L’adattamento è l’unica cosa che possiamo affrontare su scala nazionale, il problema non è solo la siccità del 2023, ma quella del 2024, quelle degli anni ‘30 e ‘40, e in parallelo le crisi degli incendi che verranno, la tenuta alle inondazioni e così via. È tutto parte di un grande sforzo nazionale, che deve diventare priorità di questo paese». 

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